L'olandese ha conquistato il terzo successo consecutivo a Imola, respingendo l'attacco del britannico, che riaccende il Mondiale. Non ingrana la Sauber
A prima vista nulla è cambiato. Max Verstappen ha vinto a Imola e, con un po’ di fortuna, avrebbe vinto anche a Miami, estendendo ancora di più il suo dominio dittatoriale. A uno sguardo più attento, nulla è più come prima, perché sul circuito del Santerno è nata una nuova Formula 1. Red Bull, McLaren e Ferrari: tre scuderie, sei vetture chiuse nell’arco di un decimo di secondo, sia nella prestazione pura in qualifica che sul passo gara. Addio ai distacchi da mezzo giro inflitti da Red Bull su piste tecniche e complesse come questa. Nel modo più inaspettato possibile, anche la partita per i due campionati può dirsi aperta. Verstappen ha quarantotto punti di vantaggio su Charles Leclerc, sessanta su Lando Norris, non un gran bottino con diciassette gare ancora da correre e un vantaggio tecnico che si è ridotto all’osso.
Sei vetture, forse addirittura cinque. Sergio Perez è di nuovo sul crinale scosceso che l’anno scorso lo ha portato a una stagione disastrosa. Il pilota messicano è la spia più veritiera dello stato di salute della Red Bull, perché Verstappen fa storia a sé. In qualifica, mentre il compagno di squadra non riusciva a entrare nei migliori dieci, l’olandese si è issato in pole position. La sua monoposto però non lo seguiva come al solito, e ha dovuto sfruttare la scia della Haas di Nico Hulkenberg per avere qualche chilometro orario in più. Con i serbatoi pieni, Verstappen ha tenuto a bada i concorrenti in gara, ma i problemi di bilanciamento sono puntualmente tornati a fine gara. È una Red Bull costretta a compromessi, quindi, sulle strategie di raffreddamento di motore e freni prima, e sull’assetto adesso.
La McLaren è sugli altari. Poco più di un anno fa, l’amministratore delegato Zak Brown dichiarava il progetto di macchina fallimentare e metteva mano all’intero staff tecnico. Andrea Stella, non appena è stato nominato team principal, ha riorganizzato il modo di lavorare dei suoi uomini: non ci sarebbe stato più un unico direttore tecnico, ma ciascuna area avrebbe avuto un proprio responsabile. Le decisioni di sviluppo non afferivano più a un unico uomo, ma diventavano collegiali. E così la McLaren risaliva la griglia, dall’ultimo posto del GP di Bahrain 2023 fino alla vittoria di Norris a Miami. Stella, davanti ai taccuini, ha spiegato che ora i suoi uomini sanno quali numeri guardare, tra simulatore e galleria del vento, per assicurarsi che la prestazione sia subito disponibile in pista. Le auto a effetto suolo, per loro, non sono più un segreto.
La flessibilità operativa avuta da Stella in McLaren, Fred Vasseur non può neanche sognarsela. Ferrari è un gigante dai piedi di argilla, le pedine vanno mosse lentamente e con cura per non distruggere certi equilibri. Se non ha cambiato uomini, Vasseur ha quantomeno portato una nuova mentalità a Maranello. Il capo dei motoristi Enrico Gualtieri ha detto che Vasseur spinge tutti a prendersi un rischio, non è più tempo in Ferrari per essere conservativi. I piloti si sono detti soddisfatti, anche se il corposo pacchetto di aggiornamenti previsto per inaugurare lo sbarco in Europa della F1 non ha dato i vantaggi promessi, almeno non tutti. Le Rosse hanno recuperato qualcosa in trazione, in uscita di curva, ma manca ancora la prestazione al rettilineo. Lo ha detto anche Leclerc nelle interviste post-gara, McLaren e Red Bull gestiscono differentemente la parte ibrida del motore e ne ottengono un vantaggio in termini di velocità di punta. C’è da lavorare.
Di miglioramenti in pista se ne vedono pochi in casa Sauber. Per quanto il patron Andreas Seidl provi a infondere coraggio nei suoi uomini, tutto il materiale portato in pista finora non ha funzionato. Certo, la C44 è un secondo più veloce della vecchia C43, ma le altre scuderie non sono state di certo a guardare. Racing Bulls ha rifatto la meccanica e si ritrova a lottare per i punti con continuità. Ad Alpine è bastato un dimagrimento della macchina, appena è scesa sotto il peso limite consentito ha ritrovato la prestazione. Presto accadrà lo stesso alla Williams, le cui monoposto, secondo le indiscrezioni di stampa, hanno quindici chili da recuperare, un’enormità. L’acquisto del pacchetto di maggioranza di Sauber da parte di Audi avrebbe dovuto portare entusiasmo, c’è invece un’aria da fine impero: Guanyu Zhou è in trattative con Haas; Valtteri Bottas ha ottenuto udienza in Williams. La nuova scuderia Audi dietro le quinte prende forma, ma intanto la Sauber si sfalda sotto le luci dei riflettori.
Imola ha inaugurato la stagione dei circuiti europei, dei tracciati storici pensati dagli uomini anziché dal disegno di un computer, e ricavati scavando le colline con le vanghe e con le ruspe. A differenza dei percorsi cittadini che tanto piacciono al management della Formula 1, le piste storiche offrono saliscendi continui, curve completamente differenti l’una dall’altra, sconnessioni dell’asfalto e sedi stradali ridotte. Per il pilota e per il mezzo meccanico rappresentano una sfida unica. Sarà un’altalena continua di emozioni, differenti domenica dopo domenica: Monte Carlo da sempre fa storia a sé; Barcellona e le curve veloci mettono alla prova l’aerodinamica; Spielberg, tra le montagne, richiede trazione ed efficienza aerodinamica; l’Hungaroring è un circuito da alto carico, come pochi rimasti in calendario. Se Imola mantiene le promesse fatte, la nuova Formula 1 darà spettacolo per tutta l’estate.