Si è spento nel weekend il percussionista degli Abba che amava così tanto la velocità da guadagnarsi un volante nell’epoca migliore del Circus
Ci sono gli Abba, un batterista jazz svedese e una vettura di Formula 1: sembrerebbe l’incipit di una barzelletta, ma riassume perfettamente la parabola di Karl Borgudd. Conosciuto come Slim, da tempo malato di Alzheimer, Borgudd è morto lo scorso venerdì a 76 anni. Se si parla di Formula 1 e Svezia, si pensa subito a Ronnie Peterson e Gunnar Nilsson, ma Slim, ultimo pilota svedese in ordine di debutto a collezionare punti in F1 prima dell’avvento di Marcus Ericsson, ha portato avanti a lungo le due passioni e, nonostante una carriera meno ricca di vittorie, ha una storia unica.
Karl cresce sull’isola di Öland, è appassionato di musica e corse, ama il jazz e ha carattere mite (era considerato un gentleman nel Circus). Suona prima nei Lea Riders e, durante una trasferta negli Usa, accompagna alla batteria Memphis Slim: da lì diventa per tutti Slim. Tornato in Svezia, collabora con diversi gruppi tra cui gli Hootenanny Singers, dove milita tale Björn Ulvaeus, con cui Slim stringe amicizia.
Ma le corse sono nel destino di Slim che, durante un tour in Gran Bretagna, conosce Chris Barber, altro personaggio da antologia: jazzista, padre putativo dello skiffle e, soprattutto, appassionato di corse e amico di Colin Chapman e Ken Tyrrell. Tornato in patria, Slim fonda i Made in Sweden, una band jazz-rock, e inizia a correre con una Lotus 22 comprata da Barber. Intanto l’amico Björn e Benny Andersson, un altro giovane musicista, vanno in testa alle classifiche svedesi con "She’s my Kind of Girl", composta per la colonna sonora di uno dei primi soft-porno scandinavi. Ma Slim non si può lamentare: le cose gli vanno anche meglio, la sua band diventa un cult in Scandinavia, vince dei Grammy nazionali e soprattutto inizia a correre e a vincere nei campionati Turismo e Formula Ford scandinavi.
Per un po’ le due carriere vanno in parallelo. Poco dopo, però, Björn e Benny, con le future consorti Agnetha e Ann-Frida, danno vita al fenomeno Abba. Diventati simbolo della Svezia nel mondo, gli Abba vengono omaggiati in Tv da una trasmissione che, ironia della sorte, s’intitola "Made in Sweden (for Export)".
Il loro impatto è devastante e la scena musicale svedese si adegua, mandando in crisi formazioni come quella di Slim che, lasciata la band, diventa turnista (con gli Abba suonerà la batteria nei loro album) e, soprattutto, pilota. Corre con risultati altalenanti in Formula 3 e nel 1981, a 34 anni suonati, riesce a debuttare in F1 rimpiazzando l’olandese Lammers sull’Ats, scuderia che ricordiamo più per il nostro Marc Surer e per il debutto di Rosberg e Berger che per i risultati ottenuti. Sono gli ultimi anni di una F1 più rischiosa ma più umana e sanguigna: c’erano ancora la Ligier e la Fittipaldi, la Toleman e l’Osella.
Ecco, proprio l’Osella ci ricorda quante cose sono cambiate, tranne una: l’eterno problema degli sponsor. Come fa un esordiente 34enne ad attirarne di più, specie con una vettura che è quella che è? È qui che interviene, caso unico nella storia dell’F1, una delle pop band tra le più amate di sempre: l’amico Björn, col benestare degli altri tre, permette a Slim di usare il celebre logo degli Abba con la B rovesciata sulla livrea gialla dell’Ats.
Gli sponsor arrivano, Slim può continuare a correre e finalmente raccogliere il suo unico punto in F1 grazie al 6° posto al Gp di Gran Bretagna. Non si ripeterà più a quei livelli, ma le gare successive, in cui spesso è costretto al ritiro, convincono la Tyrrell a dargli un volante a fianco di Michele Alboreto.
Ma Slim non si ambienta, la scuderia lo boicotta e, spremuti i soldi degli sponsor, gli danno il menavia dopo solo 4 gare. Finisce qui la sua avventura in F1, ma non la carriera di pilota, che prosegue con buoni risultati nel Turismo, nei prototipi, in F3000 e perfino nei Trucks, trascorrendo gli ultimi anni dopo il ritiro a Coventry, fino alla malattia e alla morte.
Allora riposa in pace, Slim, nato Karl Edward Tommy Borgudd: avresti potuto mettere una K, una E, una T o una B (o una S) nell’acronimo svedese più famoso di sempre insieme ad Ikea. Ma per me, appassionato schizoide, rimani una delle tante splendide meteore di una F1 che faceva sognare grazie a un tripudio di nomi, colori, vetture che andavano e venivano anche solo nel giro di una stagione. Una fabbrica dei sogni dove Wolf (con una sola F) corrispondeva alla vettura con una delle più belle livree di sempre e non (Mamma mia!) a un team principal che piagnucola via radio col direttore di gara chiedendogli di non fare entrare la safety car.
Una Formula 1 che, lo si voglia ammettere o meno, un po’ ci manca.