Sull'arte dell'invecchiare bene anche amandosi alla follia: Cristiano Ronaldo, lasciaci una buona immagine di te (cit.)
Bastano pochi palloni e ti accorgi che il tempo non è mai passato, che lui è sempre quello di una volta. E proprio come una volta si guarda in continuazione nei maxischermi dello stadio, innamorato di sé come al primo incontro, come gli intervistati alla tv che proprio non ce la fanno a non specchiarsi nei monitor, o i malati di selfie così malati che dello smartphone non fissano mai l’obiettivo ma il display, e quando ‘esce’ la foto, gli occhi guardano sempre in basso o di lato. Il giochino di gambe fine a sé stesso che con gli anni è diventato démodé, la finta di quelle che se non stai attento ti scarti da solo, poi la spintarella del difensore avversario chiama in lui il volo plastico di chi viene falciato da un autoarticolato: rotola un paio di volte sul proprio asse, si afferra una caviglia, l’arbitro non ci casca e allora lui mette il muso, batte i piedini per terra e con lo sconforto del perseguitato politico cerca complicità tra il pubblico. Ma una bordata di fischi gli accarezza i capelli ingellati e s’impossessa di lui fino al gol della vittoria (non suo), sul quale il campione si consegna alla storia esultando in faccia al portiere avversario, quando per consegnarsi alla storia sarebbe bastato il record di Europei giocati. Ecco, se poi in Arabia ti gridano “Messi Messi” è inutile che ti porti le mani nelle parti basse; meglio sarebbe un percorso di analisi che ti conduca ad ammettere che a un certo punto della carriera, evidentemente, da qualche parte, hai sbagliato qualcosa.
Vede dottore, quando in tv c’è Cristiano Ronaldo che si rotola per terra senza un valido motivo calcistico mi sale la rabbia e devo prendere le pastiglie. Poi, quando mi sono calmato, mi chiedo: perché alcuni calciatori invecchiano così male? Anzi, lo chiedo a lei dottore: perché alcuni calciatori invecchiano così male? Perché quando sono giovani ti gonfiano il cuore e da adulti chiederesti i danni alla Uefa? È solo che “gli uomini son bimbi andati a male”, come dice la canzone? Da bambino il mio eroe era Roberto Bettega dottore, lei nemmeno s’immagina quanto piansi quando in una delle sue ultime partite in Serie A fu espulso per una ridicola questione di centimetri, la distanza della barriera dal pallone, quello che quando stai per andare in pensione dal calcio e il pubblico è pronto per la standing ovation dovrebbe essere l’ultimo dei tuoi pensieri. Però Bettega un motivo per invecchiare male poteva pure avercelo. Quattro anni dopo aver segnato ai Campioni del Mondo di Argentina 78 tutti lo aspettavano a Spagna 82 in quel suo ruolo di calciatore universale, prerogativa di pochi, non fosse che l’anno prima Bobby Gol, così lo chiamavano, era andato a sbattere contro Jacky Munaron, portiere dell’Anderlecht, frantumandosi il ginocchio sinistro e addio Mondiale. Ci si metta pure la tubercolosi a inizio carriera e i capelli grigi a vent’anni che, mi perdoni la matematica, Penna Bianca, così lo chiamavano anche, negli anni Settanta pareva ne avesse quaranta e negli Ottanta sessanta.
Ecco dottore, guardo Cristiano Ronaldo e penso a Novak Djokovic, che offeso dalle righe prese dall’avversario ma felice di sé quando le righe le prende lui, a ogni partita sta buttando via mezzo chilo della non troppa simpatia conquistatasi in carriera. Premesso che uno si può ritirare quando crede, anche a 46 anni come Pierobon del Cittadella, premesso che Cristiano Ronaldo, il suo acronimo e quel broncio da “il pallone l’ho portato io, potete anche tornare a casa” ci delizieranno per tutto il resto degli Europei di Germania, premesso che nemmeno tutti i personal trainer e i chirurghi estetici di questo mondo ci renderanno belli come lui, le dico come la penso sui campioni che invecchiano, anzi, glielo dico con le parole degli Elio e le Storie Tese, dei tizi che, tra l’altro, “con questa cosa della pubblicità” non è che stiano invecchiando benissimo. È una canzoncina di tanti anni fa, si chiama ‘Sunset Boulevard’, è un invito ai calciatori (estendibile ad altri sportivi e forse all’umanità intera) a chiudere, possibilmente, in gloria: “Appendi le scarpe al chiodo, appendile! Perché il viale del tramonto si percorre a piedi nudi. Appendile, campione, e lasciaci una buona immagine di te”.