Agli Europei da poco iniziati in Germania, alcuni calciatori fanno parlare di sé non per le prodezze tecniche ma per le loro vicende personali
Il torneo è iniziato da poco, autentiche sorprese clamorose fin qui non se n’è viste, e dunque non sarà di aspetti squisitamente tecnici che ci occuperemo nella prima uscita di questa rubrica legata a Euro 2024. Parleremo invece di storie legate – più che al campo di gioco – in parte alla sfera intima di alcuni importanti calciatori, e in parte alla loro immagine pubblica.
La nota più lieta giunta dalla Germania in questi primi giorni di competizione è senz’altro quella relativa al danese Christian Eriksen, che domenica pomeriggio ha segnato la rete che ha permesso ai Vichinghi di portarsi in vantaggio contro la Slovenia. Cosa c’è di così importante, vi chiederete. Ebbene, stiamo parlando dello stesso giocatore che tre anni fa, nell’ambito di un altro Campionato continentale, fu vittima di un arresto cardiaco e rischiò di morire in campo, sotto gli occhi di chi sedeva sugli spalti e di chi seguiva il match in diretta televisiva.
Soccorso e curato con ottimo esito, all’allora 29enne Eriksen venne impiantato un pacemaker sottocutaneo che non solo gli salvò la vita, ma addirittura gli permise di tornare a giocare dopo un periodo di riabilitazione che il danese svolse anche in quel di Chiasso. E ora, come detto, è riuscito a esorcizzare anche l’ultimo dei suoi fantasmi.
La partita dell’altroieri – una sorta di ideale chiusura del cerchio – sarebbe stata ancor più memorabile se, nelle file slovene, a un certo punto dalla panchina si fosse alzato per entrare in campo Josip Ilicic, anch’egli portatore di una storia personale assai tribolata, ma apparentemente risoltasi nel migliore dei modi. Dotato come Eriksen di classe cristallina, il 36enne ex atalantino qualche anno fa cadde in una profonda depressione che addirittura lo costrinse ad abbandonare il pallone.
Ai tempi, giocava e viveva a Bergamo, proprio il luogo dove il coronavirus si abbatté con maggior violenza, seminando morte, e lui somatizzò disagio e dramma fino a perdere ogni energia fisica e mentale. Uscito pian piano dal tunnel, dopo un paio d’anni è tornato a giocare a Maribor, nella sua città, e lo ha fatto così bene da indurre il selezionatore sloveno Matjaz Kek a convocarlo per questi Campionati europei, e ora tutti speriamo di vederlo all’opera, magari già dopodomani nel derby balcanico contro la Serbia.
Piacevole – dopo le prime battute della kermesse tedesca – è stato anche avere conferma che i calciatori, sempre più spesso, varcano i confini della loro bolla dorata, prendono posizione e si sentono liberi di esprimere la propria opinione su quanto accade nel mondo, attorno a loro. Esemplare è il caso di Marcus Thuram e Kylian Mbappé, che si sono detti preoccupati per la piega politica che sta prendendo il loro Paese, vale a dire la Francia, alla luce dei risultati delle Europee e in vista delle prossime due tornate elettorali nazionali.
Parole che hanno suscitato le reazioni piccate di alcuni esponenti dei partiti di destra, timorosi che certe esternazioni di personaggi così famosi possano spostare gli equilibri alle urne. Ed è dopotutto abbastanza normale: ognuno, del resto, cerca di tirare acqua al proprio mulino. Meno comprensibile è invece che alcune censure alle esternazioni di Mbappé e Thuram giungano proprio da certi loro colleghi calciatori, secondo i quali coloro che tirano calci al pallone dovrebbero occuparsi soltanto del proprio lavoro, senza pensare troppo al resto, senza farsi insomma un’idea personale sul contesto in cui vivono. O al limite, se proprio un’idea vogliono farsela, che se la tengano ben stretta per sé.
È il caso, ad esempio, dei giocatori della Nazionale italiana che – interrogati sul tema in conferenza stampa – imboccati dai loro dirigenti hanno ribadito che parlare di politica non rientra fra i loro compiti. E lo stesso ha fatto anche il portiere spagnolo Unai Simon, secondo il quale – e si fatica a crederci – Mbappé avrebbe sbagliato a esprimere le sue idee perché «… noi calciatori abbiamo troppa influenza, e di certe cose ritengo che non dovremmo parlare». Secondo logica, dovrebbe essere proprio il contrario, ma è pur vero che, finché permane un minimo di libertà, tutti hanno il diritto di dire ciò che vogliono.