EURO 2020

Un Regno poco Unito che per tre quarti tifa Italia

In Scozia, Galles e Irlanda del Nord c'è chi non intende sostenere l'Inghilterra nella finale di Wembley. Alla base vecchi rancori e ragioni politiche

(‘Con tutti, ma mai con l'Inghilterra)
9 luglio 2021
|

Regno mica tanto Unito, quello che domenica sera guarderà la finale di Euro 2020 tra Inghilterra e Italia. Vecchie ferite, disaccordi politici o supposta arroganza dei tifosi inglesi faranno sì che molti tifosi gallesi, scozzesi e nordirlandesi concederanno il loro incitamento agli Azzurri.

Mentre tutta l'Inghilterra è esplosa di gioia mercoledì dopo che la Nazionale dei Tre leoni ha raggiunto, per la prima volta dal 1966, la finale di un grande torneo, nelle nazioni vicine gli appassionati erano meno entusiasti. Spesso, dicono, “qui si tifa per chiunque, purché non sia l'Inghilterra”.

«Chiedere ai tifosi del Galles di sostenere l'Inghilterra è come chiedere ai tifosi dell'Everton di sostenere il Liverpool», ha fatto notare il giornalista sportivo Tom Williams su Twitter. Ha aggiunto che l'Inghilterra rappresenta «il grande rivale del Galles in termini sportivi. Sì, sono una bella squadra, con un manager simpatico, ma non puoi sostenere attivamente i tuoi rivali», ha dichiarato.

Secondo un sondaggio online condotto da Good Morning Britain, il 63% dei tifosi di Scozia, Galles e Irlanda del Nord sosterrebbe l'Italia. Le ragioni di questa antipatia sono simili da una nazione all'altra. «Il Galles ha sofferto secoli di oppressione da parte dell'Inghilterra, e il governo di Boris Johnson pensa a noi solo quando ha tempo – afferma la giornalista Laura Kemp nel quotidiano regionale Wales Online –. Per non parlare di quei “Neanderthal” che distruggono bar, piazze e giardini ovunque vanno», ha aggiunto parlando dei tifosi inglesi, della loro «arroganza» e «presunzione».

La replica inglese poggia sulla convinzione che i tifosi vengano giudicati soltanto sulla base di quanto fanno gli hoolingans, mentre ciò che viene percepito come arroganza è in realtà solo un modo di sostenere la loro squadra. Il cuore della critica è rappresentato da “Football's coming home”, l’inno di Euro 1996, che è spesso cantata dai tifosi inglesi. Come fanno notare i critici, si tratta di una frase presuntuosa, dati i ripetuti fallimenti dell'Inghilterra da quando ha vinto la Coppa del Mondo del 1966, fanno notare i critici.

«Il calcio sta tornando a casa? Così l'Inghilterra sarebbe proprietaria di questo sport? Non credo», ha scritto l'ex internazionale scozzese e leggenda del Liverpool Graeme Souness sul Times. «Quando mai il calcio è stato a casa? Quando mai avete vinto qualcosa?», ha affermato in tono canzonatorio il portiere danese Kasper Schmeichel prima della semifinale di mercoledì tra Inghilterra e Danimarca.

Ma la canzone del gruppo The Lightning Seeds è in realtà l'opposto delle solite canzoni da stadio, tant’è che arriva a deridere il cieco ottimismo dei tifosi inglesi. È una canzone «su un sogno che non si avvera mai, sulla gloria passata e sulle opportunità mancate», afferma il conduttore della Bbc Dan Walker su Twitter: è una canzone su «una speranza che, nonostante il dolore, non va mai via».

Mentre le quattro nazioni sono felici di sostenere la loro squadra comune quando gareggiano sotto l’Union Jack alle Olimpiadi, la loro partecipazione individuale ai tornei di calcio evidenzia le divisioni politiche e identitarie esacerbate dalla Brexit.

Per i tre più piccoli, l'Inghilterra, con i suoi 56 milioni di abitanti e la sede del potere centrale, incarna il conservatorismo, il dominio coloniale e secoli di oppressione. La vista del primo ministro Boris Johnson e del ministro degli Interni Priti Patel che indossano le magliette dell'Inghilterra «quando sostengono di rappresentare il governo britannico» fa rabbrividire il presentatore televisivo scozzese Stuart Cosgrove, convinto che «non lo avrebbero fatto se la Scozia fosse andata così lontano» nel torneo.

Nonostante questo, alcuni fan dicono di essere impressionati dalla squadra, che ha preso una posizione contro la discriminazione razziale o di genere, inginocchiandosi prima dell’inizio delle partite. E soprattutto dall'attaccante Marcus Rashford, che ha costretto il governo britannico a estendere i pasti scolastici gratuiti per gli alunni bisognosi durante la pandemia di Covid-19.

L'“imperialismo” inglese che «la gente ama odiare non ha nulla a che fare con la squadra inglese», concede Laura Kemp, salutando quei giocatori che «sfidano l'establishment proprio come quelli del Galles che sono stufi del privilegio dell'élite».