Lo sloveno grande favorito per la corsa rosa al via domani da Venaria Reale. I principali specialisti delle corse a tappe hanno disertato l'Italia
Uno contro tutti. Negli anni Novanta era il titolo di un format del Maurizio Costanzo Show e prima ancora, negli anni Sessanta, il titolo di un film con le migliori gag di Charlot. Ma in questo 2024 “Uno contro tutti” è il sottotitolo della 107ª edizione del Giro d'Italia. L’“uno” è ovviamente Tadej Pogacar, “tutti” sono gli altri 175 membri di un plotone che partirà sabato da Venaria Reale per una prima frazione con arrivo a Torino. Lo sloveno della Uae è il grande favorito per la conquista della maglia rosa sul traguardo finale di Roma, il prossimo 26 maggio. Sarebbe il primo passo di un progetto più ampio e ambizioso, quello di una doppietta Giro d’Italia-Tour de France che sull’albo d’oro delle due più importanti corse a tappe manca da ben 26 anni, quando nel 1998 l’aveva conseguita Marco Pantani. Altra epoca, e soprattutto altro ciclismo quello attuale: forse non del tutto limpido, ma uscito dalla sbornia di eritropoietina e affini che aveva contraddistinto gli anni Novanta e i primi del Duemila. E allo scalatore di Cesenatico sarà dedicata la seconda tappa, quella che domenica si concluderà al Santuario di Oropa, ricordo del trionfo di Pantani nel 1999, quando in maglia rosa superò 49 avversari, recuperando un ritardo di oltre 40” per una caduta di catena a inizio salita e andò a vincere tra l’entusiasmo dei tifosi. Quattro giorni più tardi sarebbe stato fermato a Madonna di Campiglio per ematocrito sballato. Forse, sarebbe meglio lasciare che Pantani riposasse in pace, il ciclismo di quegli anni difficilmente può essere portato ad esempio da celebrare.
Ma torniamo all’edizione 2024 e al tentativo di Pogacar di conquistare sia il Giro, sia il Tour. Lo sloveno, pur senza saperlo, ha scelto l’anno ideale per tentare la doppietta. Gli avvenimenti di inizio stagione, infatti, hanno tolto dalla strada dello sloveno alcuni dei suoi principali avversari. Al Giro, ad esempio, non ci sarà Wout van Aert, caduto all’Attraverso le Fiandre. Il principale avversario di Pogacar nelle corse a tappe, Jonas Vingegaard, il Giro non lo aveva in programma, ma dopo quanto successo al Paesi Baschi, il danese non è nemmeno sicuro di poter prendere il via del Tour de France. E non ci saranno nemmeno Landa, i gemelli Yates, Carapaz, Hindley, Roglic, Bernal... E allora chi proverà a mettere i bastoni tra le ruote al capofila della Uae Emirates? In primo luogo il britannico Geraint Thomas, secondo un anno fa alle spalle di Primoz Roglic, poi l’australiano Ben O’Connor e, se proprio vogliamo, mettiamoci pure il colombiano Esteban Chaves (secondo nel 2016), il francese Romain Bardet e il belga Cian Uijtdebroecks. Onestamente, un po’ poco per sperare di avere la meglio nei confronti di un Pogacar che in stagione ha fatto il bello e il cattivo tempo. Lo sloveno si è infatti imposto nelle Strade Bianche, nel Giro di Catalogna e nella Liegi-Bastogne-Liegi. Tuttavia, il diretto interessato non vuole mettere il carro davanti ai buoi, non soltanto per quanto riguarda la doppietta – impresa riuscita a gente come Coppi, Merckx, Hinault e Indurain, ma fallita da campioni quali Contador e Froome –, ma pure per il Giro. Anche perché ci sono grandi del passato, ad esempio Vincenzo Nibali, che lo mettono in guardia dai trabocchetti che incontrerà sparsi lungo i 6’892 km dei due giri… «La doppietta è un’impresa difficile per chiunque. Occorre saper dosare gli sforzi e questa non è la principale caratteristica di un Pogacar che vuole vincere sempre e comunque. Bisogna essere perfetti per 21 giorni di fila, 20 non sono sufficienti. Una cattiva giornata può cambiare tutto. E non dimentichiamoci che il Giro è sovente confrontato con condizioni meteo difficili», ricorda il vincitore del Tour de France 2014 e della corsa rosa 2013 e 2016.
Ad ogni modo, tutti sono convinti che a Roma sarà Pogacar a vestirsi di rosa. Anzi, in molti ritengono che lo sloveno saprà imitare il Gianni Bugno del 1990 e l’Eddy Merckx del 1973 per rimanere in vetta alla classifica dalla prima all’ultima tappa. Nel mese di marzo ha ammesso, per la prima volta, di aspirare a diventare il più grande di tutti i tempi. Tuttavia, per raggiungere Eddy Merckx, nonostante le sue 70 vittorie ad appena 25 anni, di strada da pedalare ne rimane molta. Il belga, infatti, dalla sua vanta 11 grandi giri e 19 Monumenti, mentre lo sloveno è fermo a 2 e 6.
Quello ai nastri di partenza sarà un Giro d’Italia meno montagnoso rispetto agli ultimi anni. Saranno 42’900 i metri da superare contro, ad esempio, i 51’300 del 2023. Le salite, comunque, non mancheranno, ma oltre alle due cronometro di Perugia (7ª tappa) e Desenzano del Garda (14ª, 71,8 km complessivi contro il cronometro), sarà l’ultima settimana a decidere le sorti della corsa. Nella 15ª frazione ci sarà da superare il passo di Foscagno (14,6 km al 6,5%) e il Mortirolo (12,6 km al 7,6%) prima dell’arrivo a Livigno (4,7 km al 7,6%). Si replicherà nella 16ª tappa con arrivo a Santa Cristina di Valgardena, con lo Stelvio nei primi chilometri (19,6 km al 7,5%-15%). Il giorno seguente, nella frazione del passo Brocon, il menu prevede il passo Sella (5,5 km al 6,8%), il passo Rolle (19,8 km al 4,8%), il primo passaggio sul passo Brocon (15,4 km al 5,6%), prima della salita finale da un altro versante (11,9 km al 6,5%). Il giro si deciderà nella 20ª tappa con due passaggi sul Monte Grappa (18,1 km all’8,1%-14%) prima dell’arrivo a Bassano del Grappa.
Due soli gli elvetici al via: Fabian Lienhard con la Groupama e Robin Froidevaux con la Tudor.