CICLISMO

Le Dolomiti ultimo giudice per un plotone già sulle ginocchia

Terza settimana di Giro d'Italia farcita di salite. Gruppo scosso da quindici giorni d'acqua, ma molti big del passato non ci stanno

22 maggio 2023
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Il bello inizierà soltanto martedì con la Sabbio Chiese - Monte Bondone, ma ai nastri di partenza dell’ultima, decisiva settimana, si presenta un plotone già sulle ginocchia. Quindici giorni di pioggia e freddo, cadute come se… piovesse e colpi di coda della pandemia hanno mandato a casa un terzo dei ciclisti partiti lo scorso 6 maggio dalla Costa dei Trabocchi. E negli ultimi giorni si sono sprecate discussioni e analisi sui limiti di sofferenza accettati da atleti che, per professione, hanno scelto di praticare uno sport sinonimo di sudore, lacrime e sangue. Molti protagonisti sono stati costretti o hanno deciso di loro sponte di abbandonare la carovana, chi è rimasto si sente invischiato in una sorta di girone dantesco… «Ho disputato 16 grandi giri, ma non ho mai trovato condizioni difficili come a questo Giro», ha commentato il francese Maxime Bouet.

E venerdì scorso il bubbone è scoppiato. Sotto la minaccia di uno sciopero, i ciclisti hanno preteso l’accorciamento della 13ª frazione, quella che da Borgofranco d’Ivrea avrebbe dovuto portare a Crans-Montana: niente Gran San Bernardo e tappa ridotta a poco più di 70 km (per altro con i migliori giunti tutti assieme, senza un minimo accenno di battaglia)… «Una buona decisione da parte di Rcs se si vuole arrivare a Roma con più di 50 corridori», ha commentato Geraint Thomas, vincitore del Tour de France 2018 e in maglia rosa a Crans-Montana.

Un accordo che, tuttavia, non ha fatto l’unanimità, soprattutto tra coloro i quali gareggiavano in anni in cui i tracciati venivano modificati soltanto ogni morte di papa. Il fatto poi che in territorio svizzero non sia caduta una sola goccia di pioggia e le temperature siano rimaste più che accettabili anche ai 2’174 metri del Col de Coeur, ha indispettito ancor di più gli ex ciclisti… «Si sta distruggendo il nostro sport», ha tuonato Marc Madiot, manager della Groupama ed ex vincitore della Roubaix.

Un grande assoluto del ciclismo francese sottoscrive… «Non posso che confermare le parole di Marc – precisa Bernard Hinault, per il quale l’insensibilità alle dita è il ricordo permanente della vittoria alla Liegi del 1980, portata a termine sotto una tempesta di neve da appena 21 dei 174 atleti al via –. Ho già avuto a che ridire con i corridori: se non vogliono praticare il ciclismo, che vadano a lavorare in fabbrica, lì saranno al riparo».

Sembra esserci un conto aperto tra la vecchia e la nuova generazione, tanto che nemmeno il Covid-19 riesce a mettere tutti d’accordo. Il ritiro di Remco Evenepoel ha indispettito molti… «Ha abbandonato la battaglia quando non era ancora iniziata», ha sentenziato Francesco Moser. Al quale ha risposto a breve giro di posta l'australiano Adam Hansen, eletto in marzo presidente della Cpa, l’associazione che difende i ciclisti: «La gente non si rende conto delle difficoltà con le quali i corridori sono confrontati. Quando un atleta decide di abbandonare una corsa importante come il Giro, lo fa quale ultima ratio dopo giorni di lotta contro la malattia o i postumi di una caduta».

Dalla parte dei ciclisti si è schierato pure il belga Philippe Gilbert, il quale ha definito «saggia» la decisione di accorciare la tappa di Crans-Montana. Una presa di posizione applaudita da Maxime Bouet, secondo il quale «necessitiamo di un pizzico di benevolenza da parte degli spettatori. Siamo stati molto criticati, ma questo è davvero un Giro folle».

Secondo il direttore di corsa Mauro Vegni, venuto incontro alle richieste degli atleti, «questo non è il peggior Giro che ho vissuto. Nel 1995 aveva piovuto dal primo all’ultimo giorno. Ma il modo di interpretare il ciclismo è cambiato».

D’altra parte, di tentativi di rivolta il ciclismo ne ha vissuti molti nel corso della sua ultra centennale storia. Dal “vous êtes des assassins” di Octave Lapize nel 1910 sull’Aubisque, alla “rivolta dei fratelli Pellissier’ al TdF del 1924, quando per denunciare le proibitive condizioni di corsa, Henri, il maggiore dei tre e vincitore della Grande Boucle precedente, aveva convocato i giornalisti e se n’era uscito con una frase passata alla storia: “i ciclisti non sono i forzati della strada”; dalla protesta del 1978, sempre al TdF, contro le massacranti doppie tappe (con Hinault in prima fila), allo sciopero del 1998 (per motivi molto meno nobili) contro le perquisizioni delle forze dell’ordine alla ricerca di sostanze dopanti dopo lo scoppio del caso Festina. E proprio prendendo a spunto quest'ultimo caso, Geraint Thomas ha risposto a chi sembra voler dire “noi, ai nostri tempi…”: «Negli anni Ottanta-Novanta sono successe molte cose che oggi non si fanno più. E di questo ne vado fiero. Perciò, possono dire ciò che vogliono, la cosa non mi tange».

Spazio alle grandi montagne

Il Giro riprende martedì il suo cammino e lo fa con un’ultima settimana nel corso della quale non mancheranno le salite mitiche. A iniziare dal Monte Bondone, proposto per la prima volta nel 1956 ed entrato subito nella leggenda per la vittoria del lussemburghese Charly Gaul, capace di recuperare 16’ a Pasquale Fornara in una vera bufera di neve che aveva costretto gli organizzatori, subito dopo l’arrivo, a tagliare con le forbici la maglia di Gaul, completamente congelata. Da un campione a un Cannibale, venerdì si affronteranno le Tre Cime di Lavaredo, rese mitiche dalla vittoria di Eddy Merckx nel 1968, il quale, sotto la pioggia ben presto diventata neve, aveva recuperato 9 minuti ai fuggitivi, assicurandosi la sua prima vittoria rosa. Il belga ha sempre definito quella cavalcata come la sua più grande impresa in montagna. A quota 2’304 metri, le Tre Cime saranno la Cime Coppi 2023 dopo la cancellazione del Gran San Bernardo: 7,2 km al 7,6% con gli ultimi 4 km al 12%. Il tutto, dopo aver già affrontato altri quattro Gpm, tra cui il mitico Passo Giau (9,9 km al 9,3%). E sabato le difficoltà si concluderanno con la cronometro Tarvisio - Monte Lussari, 18,6 km dei quali gli ultimi 7,3 in salita, con pendenze medie del 12,1% e massime del 22%. Terreno per dar battaglia ce ne sarà a iosa: ora sta ai big trovare la voglia di attaccare, quella clamorosamente venuta meno nella pur breve frazione di Crans-Montana…