Lo zurighese, attivo nella lotta a favore del clima, potrebbe succedere dopo 25 anni a Laurent Dufaux, ultimo svizzero a vincere il Romandia
Il ciclismo svizzero aspetta dal 1998 di tornare sul trono del Tour de Romandie. L’ultima volta, un quarto di secolo fa, sul Quai du Mont-Blanc di Ginevra era stato incoronato Laurent Dufaux, con una maglia verde che nel 2002 l’allora patron Marc Biver aveva trasformato in gialla, per poi tornare, in via eccezionale, del colore originale per l’edizione 2022, quella del 75°. Quest’anno, in un TdR che scatta oggi da Port-Valais con un prologo di 6,8 km, potrebbe essere l’occasione giusta, soprattutto grazie a Gino Mäder, secondo un anno fa ed elemento adatto alle corse a tappe, anche a quelle di tre settimane (quinto e miglior giovane alla Vuelta a España 2021)... «Voglio ripetere la prestazione offerta nel 2022 e domenica tireremo le somme», afferma il 26.enne della Bahrain, reduce da una Freccia vallone chiusa al 34° posto a meno di mezzo minuto da Pogacar. Un risultato non eclatante, ma che il diretto interessato non considera un fallimento… «L’arrivo sul Mur de Huy non era cerchiato in rosso sul mio calendario stagionale. Mi sono presentato al via soltanto perché alla squadra mancava un corridore».
Al di là della prestazione alla Freccia, lo zurighese appare in ottime condizioni di forma. Lo conferma il quinto posto nella classifica generale della Parigi-Nizza, in una gara nella quale i primi due posti sono stati monopolizzati da Tadej Pogacar e Jonas Vingegaard, i vincitori delle ultime tre edizioni del Tour de France. Mäder si è preparato per il Tour de Romandie con due settimane di stage in altura a Tenerife. Una metodologia d’allenamento che il corpo dell’elvetico sembra gradire: nel 2021 per la prima volta si era allenato in altura e aveva poi messo la firma, sotto la pioggia battente, su una tappa di montagna del Giro d’Italia con arrivo a San Giacomo, sopra Ascoli-Piceno.
Oltre alla forma fisica, anche il profilo del percorso e il fatto che i principali cannibali delle corse a tappe hanno deciso di preparare altrove i prossimi appuntamenti (il Giro per Evenepoel e Roglic, il Tour de France per Vingegaard e Pogacar, per altro infortunato), parlano a favore di un exploit del rossocrociato, il quale, tra l’altro, sa gestire molto bene le basse temperature, proprio quelle che il TdR potrebbe incontrare sabato nella tappa regina di Thyon 2000. Quando ha studiato per la prima volta il tracciato del 2023, Mäder ha subito capito che ci sarebbe stato spazio per far bene… «Il prologo è tecnicamente facile per quanto riguarda la conduzione del mezzo tecnico, inoltre la cronometro del quarto giorno non sarà pianeggiante». È un Tour, secondo il capitano della Bahrain, tagliato su misura per corridori “all rounder”, capaci di difendersi (e qualcosa di più) su tutti i terreni. In vista del Giro, molti nomi importanti hanno deciso di percorrere altre strade (Evenepoel ha fatto le prove generali alla Liegi, mentre Roglic prosegue l’allenamento in altura), per cui la vittoria è a disposizione di chi vorrà rischiare qualcosa in più degli avversari… «Il Romandia è quasi troppo vicino al Giro, ciò che scoraggia alcuni atleti. Ma per me, in quanto svizzero, è una questione di cuore».
Gino Mäder è nato nella Svizzera orientale, è cresciuto in Argovia e ora vive a Zurigo: «È sufficiente scrivere che sono svizzero, o ancora meglio, cittadino del mondo». E del mondo, l’atleta svizzero si interessa, eccome. Mäder ha orizzonti che vanno ben al di là del manubrio, ama parlare di questioni delle quali molti tacciono per non scottarsi. E quando si tratta di lotta contro il riscaldamento globale, preferisce agire e non soltanto discutere. Nel 2021, ad esempio, ha raccolto fondi con la campagna “Race for a cause”: nelle gare alle quali ha partecipato, ha donato un franco per ogni avversario giunto al traguardo dopo di lui. A fine stagione ha raggranellato, anche con l’apporto di varie sponsorizzazioni, 15’000 franchi, donati all’organizzazione “Justdiggit”. Nel 2022, anno meno fortunato per i risultati, a causa soprattutto dell’infezione da Covid, la somma è rimasta a quattro cifre. Per la stagione in corso, Mäder intende proseguire nel suo impegno sociale, magari cambiando modalità… «Cerco qualcosa che sia meno legato ai risultati, ad esempio qualcosa di interattivo. Sono aperto a suggerimenti vari».
Mäder punta a sfruttare la sua posizione di atleta d’élite, nonostante un’impronta ecologica importante dovuta alla sua professione. Molti potrebbero considerarlo una contraddizione, ma lui preferisce vederla da un altro punto di vista… «Lo sport di alto livello rappresenta una gigantesca piattaforma per la diffusione di idee e iniziative. C’è ancora molta strada da percorrere prima di potersi definire ecologicamente sostenibili. Nessuno di noi sta facendo abbastanza, me compreso», conclude uno dei principali favoriti per la vittoria del Tour de Romandie, che in corsa sarà accompagnato da alcune vetture a idrogeno.
Mancano i dominatori di questo inizio stagione, ma al TdR non fanno difetto i nomi importanti. A iniziare da quello di Egan Bernal, 2° nel 2018, vincitore del TdF nel 2019 e del Giro nel 2021. Il colombiano è reduce dallo spaventoso incidente stradale di un anno fa e punta a ritrovare il colpo di pedale giusto per tornare a essere protagonista assoluto. E poi ci saranno Thibaut Pinot, Rui Costa, Rohan Dennis (crollato nella crono finale nel 2022), Simon Geschke (3° un anno fa), Juan Ayuso (miglior giovane del TdR 2022), Tobias Foss, Simon Yates, Romain Bardet, Damiano Caruso, Michael Woods, Chris Froome, Steven Kruijswijk, Sergio Higuita, Rafal Majka e gli sprinter Patrick Bevin, Fernando Gaviria, Mark Cavendish ed Ethan Hayter. Nutrito pure il fronte elvetico. Oltre al già citato Mäder, spiccano i nomi di Sébastien Reichenbach, Yannis Voisard, Joël Suter, Tom Bohli e Johan Jacobs. Due le squadre svizzere al via: la Tudor di Cancellara e una selezione di Swiss Cycling.
Per quanto concerne il percorso, i chilometri da percorrere saranno 690, per un dislivello di 12’900 metri, con due arrivi a 1000 metri, uno a 2000 e una cronometro che scollinerà a 1100 metri. Dopo il prologo pianeggiante di Le Bouveret, la prima tappa sarà vallonata, ma probabilmente preda degli sprinter. Giovedì, partenza dalla Francia (Morteau) e arrivo a La Chaux-de-Fonds, profilo accidentato e favorevole agli attaccanti. Venerdì, la prima selezione, con la cronometro di Châtel-Saint-Denis che prevede l’ascesa a Les Paccot, prima di ritornare nella cittadina friborghese. La tappa regina sarà quella di sabato tra Sion e Thyon 2000. Tre le salite di prima categoria da affrontare: Anzère (14,5 km al 7% di media e punte all’11%), Suen (13,6 km al 6,8% e 10% di massima) e l’ascesa conclusiva verso Thyon 2000 (20,8 km, 7,6% con punte dell11%). Il pubblico potrà raggiungere l’arrivo della tappa con la telecabina da Veysonnaz (5 fr. andata e ritorno). Domenica, chiuderà la Boucle romanda uno sprint sul Quai du Mont-Blanc di Ginevra.