Nella Mls solo dal 2020, la squadra di Lionel Messi – malgrado la recente e prematura eliminazione dai playoff – è ormai divenuta un punto di riferimento
È iniziato tutto davanti a un bicchiere di vino a cena. David Beckham ha guardato Jorge Mas Santos e gli ha esposto la propria idea: portare Messi negli Stati Uniti. Era l’inizio dell’estate del 2013. Un paio di mesi prima, l’inglese aveva disputato la sua ultima Champions League, uscendo ai quarti di finale con la maglia del Paris Saint-Germain, proprio contro Messi e il suo Barcellona.
Jorge Mas, a differenza del fratello José, con il quale condivideva il posto di comando della MasTec, multinazionale operante nel settore della costruzione di infrastrutture e grandi opere, amava pensare in grande e non frenò l’entusiasmo dello Spice Boy. Anzi, il giorno dopo gli fece inviare sul cellulare un mock-up di Messi con una maglietta col logo del club che si stavano apprestando a fondare.
Cinque anni dopo, il Club Internacional de Fútbol Miami fu ammesso dalla Ussf (United States Soccer Federation) quale venticinquesima franchigia partecipante alla Major League Soccer, il massimo campionato americano. Dieci anni dopo, il club ha annunciato l’ingaggio di Lionel Messi. Dodici mesi più tardi, l’Inter Miami ha conquistato il Supporters’ Shield, trofeo assegnato al club che ha totalizzato più punti nella regular season delle due Conference (Eastern e Western) americane, stabilendo il nuovo record di punti stagionali (74) della Mls e qualificandosi per il Mondiale per Club del 2025.
«Beckham ha cambiato la storia del calcio negli Stati Uniti non una, ma due volte». Parole di Don Garber, commissario della Mls dal 1999. La prima volta è avvenuta nel luglio 2007, quando il campione britannico si è trasferito dal Real Madrid al Los Angeles Galaxy. La seconda invece nel maggio 2013, il giorno dopo aver detto addio al calcio giocato in un poco rilevante Paris Saint-Germain - Brest, quando è salito su un aereo diretto negli States.
I due momenti sono correlati, come Garber ben sapeva. Perché nel contratto che legava Beckham ai Galaxy per uno stipendio annuo che si aggirava attorno ai 32 milioni di dollari era presente una clausola che permetteva all’ex Manchester United di fondare a fine carriera un nuovo club negli Stati Uniti a costi contenuti: 25 milioni di dollari. La Mls e lo stesso Garber avrebbero pensato al resto, dal luogo più adatto a ospitare una nuova franchigia fino al reperimento di risorse e partner per concretizzare il tutto.
Si trattava del classico perfect match: il calcio Usa aveva trovato la sua icona, il calciatore capace di trascendere il mero aspetto sportivo per diventare un catalizzatore e un apripista per il successivo arrivo di altri grandi campioni (da Henry a Nesta, da Kakà a Villa, da Drogba a Pirlo e Ibrahimovic) sul suolo americano.
Beckham, per contro, si ritrovava in mano un assegno da 25 milioni e la garanzia del dopo carriera che aveva sempre desiderato. I fratelli Jorge e José Mas erano figli di un imprenditore edile cubano, scappato dall’isola e fortemente anticastrista. Nel 1992, assieme al padre, avevano contribuito a ricostruire parte della città di Miami devastata dal passaggio dell’uragano Andrew. La loro casa e le loro passioni erano lì. Tra queste, però, il calcio non c’era. I loro cuori palpitavano per il baseball, tanto da indurli a tentare di rilevare, senza successo, il club locale della Mlb, i Miami Marlins, fallito nel 2018. Amavano anche il football americano, ma i Miami Dolphins rimanevano un sogno impossibile. Garber li ha indirizzati verso il calcio e verso Beckham, e l’affinità è stata immediata. Soprattutto per quanto riguardava il culto del lavoro.
Beckham ha spiegato così la sua scelta di non prendersi nemmeno un giorno di vacanza dopo aver giocato la sua ultima partita professionistica. «Mi piace lavorare, essere occupato. Sono cresciuto in una famiglia della classe operaia nell’East London. Mio padre e mia madre lavoravano fino alla morte. Papà lavorava ancora anche quando aveva 71, 72 anni. Circa otto o nove anni prima di ritirarmi dal calcio, sapevo già di aver bisogno di un piano. Mentre stavamo lavorando al mio contratto con gli LA Galaxy e mettendo in atto questa opzione, sapevo che quel club della Mls un giorno sarebbe stato il mio futuro, la mia nuova attività».
Jorge Mas conosceva Messi e quando l’inglese gli fece il suo nome, esultò. «Le sue parole nascevano dalla stessa filosofia che cerco di trasmettere ai miei figli: ascolta, credi e sogna, credi, sogna e lavora – e continua a farlo».
Saremo pronti in due anni, aveva pianificato Beckham. Ce ne sono invece voluti sette per vedere in campo l’Inter Miami, tra numerosi problemi tecnici, legali, burocratici e logistici. La questione stadio, ad esempio. Impossibile trovare spazio a Miami, e dopo numerosi tentativi andati a vuoto è stato deciso di volgere lo sguardo a nord verso la città costiera di Fort Lauderdale per rilevare la gestione del fatiscente Lockhart Stadium, un tempo casa di campioni quali George Best, Gerd Müller, Bernd Hölzenbein, Téofilo Cubillas, Gordon Banks e Jan van Beveren, tutti messi sotto contratto dai Fort Lauderdale Strikers ai tempi della Nasl.
Si trattava però di un passato ormai remoto, terminato nel 1983 con il collasso economico della lega calcistica americana. Per due volte gli Strikers avevano provato a riformarsi, ma in entrambe le occasioni – l’ultima nel 2016 – era finita male, e le condizioni del loro impianto raccontavano la storia meglio di chiunque.
A Miami erano messi anche peggio, dal momento che la squadra cittadina, i Miami Fusion, erano durati appena cinque stagioni, dal 1997 al 2002, prima di chiudere schiacciati dai debiti. Giocavano anche loro a Fort Lauderdale, a 45 minuti di auto dal centro di Miami, ma a soli 10 chilometri dalle Everglades, e la loro avventura era costata 250 milioni di dollari.
Uno dei motivi del crac, secondo gli analisti, riguardava l’elevata percentuale di residenti non autoctoni in Florida, quindi poco propensi a identificarsi con le realtà locali. A livello statistico, il calcio è in fondo alle preferenze della fascia di popolazione più anziana così come tra la popolazione di origine cubana, che rappresenta la stragrande maggioranza degli immigrati nello stato.
L’accordo per il Lockhart Stadium, oggi rinominato Chase Stadium per la partnership con la multinazionale JP Morgan Chase, è stato ufficializzato nel luglio 2019, quando la Commissione della città di Fort Lauderdale ha approvato all’unanimità un contratto di affitto di cinquant’anni con l’Inter Miami, che è diventata responsabile per la costruzione, la gestione e la manutenzione dei nuovi impianti, mentre la proprietà del sito è rimasta alla città.
Il Club Internacional de Fútbol Miami, nome omaggio alla comunità ispanica che rappresenta il settanta per cento della popolazione residente, ha debuttato nella Mls il primo marzo 2020. Ha perso 1-0 contro l’Fc Los Angeles, ma sia Beckham che i fratelli Mas avevano gli occhi lucidi. «Era la cosa più difficile che avevo mai fatto», ha commentato l’inglese. «Tra problematiche di ogni tipo, a un certo punto erano arrivati da me alcuni membri della Mls chiedendomi se volessi rivendere il club perché la situazione si era fatta troppo complicata».
Una volta messa in campo la squadra, toccava costruirla a livello sportivo, e negli Stati Uniti non funziona come nei grandi campionati europei, dove si può spendere in abbondanza per poi affidarsi a trucchi e artifizi contabili per aggirare le blande regole del fair play finanziario della Uefa.
L’operazione Messi era già iniziata prima del match di esordio dell’Inter Miami con un viaggio segreto a Barcellona per incontrare il padre del campione. Nessuna tempistica prevista, solo la volontà di imbastire una trattativa da coltivare nel corso del tempo e mantenere viva nonostante le difficoltà.
La prima riguardava il rendimento non esaltante della squadra, che aveva toccato il fondo nella stagione 2023, chiusa sì con la vittoria della Mls Cup ma anche con il ventisettesimo posto (su 29 franchigie) nel ranking complessivo. La navigazione nei bassifondi della Mls non rappresentava certo il biglietto da visita migliore per convincere una stella ad accettare la proposta, e poco – anzi, nulla – valeva la Mls Cup vinta nello stesso anno. In più, c’era la concorrenza dei petrodollari dell’Arabia Saudita, torneo ad oggi imbattibile a livello di offerta economica.
Il resto è storia recente, dal già citato record di punti totalizzati nella regular season, ai 5 assist realizzati da Messi in un singolo incontro (primato assoluto in Mls), fino alle 79 reti segnate in campionato dall’Inter Miami, secondo miglior risultato di sempre dopo le 85 di Los Angeles Galaxy e Fc Los Angeles rispettivamente nel 1998 e nel 2019. Quanto all’argentino, in stagione ha totalizzato 20 gol e 10 assist in 1’486 minuti spalmati lungo 19 partite, che significa una media di 1,5 a gara nella combinazione reti-assist.
«Messi è Messi non solo per ciò che fa», ha raccontato Beckham in un’intervista all’ex compagno di squadra Rio Ferdinand, «ma anche per l’esempio che offre». Il suo primo giorno di allenamento Leo è arrivato alle 6.50, quando la squadra era attesa per le 10. Era da solo, è andato direttamente in palestra, ha fatto il riscaldamento. «È il tipo di giocatore che resta dopo l’allenamento per insegnare qualcosa ai giovani, e non fa mai sentire inferiore nessuno. Per questo riesce a rendere migliori tutti coloro che giocano con lui».
A breve l’Inter Miami lascerà Fort Lauderdale per accasarsi al Miami Freedom Park, impianto da 25mila posti in fase di costruzione. Dopo aver dominato la regular season, però, la sua avventura nei playoff è durata pochissimo: benché partisse come squadra favorita alla conquista del titolo, è stata infatti eliminata già al primo turno da Atlanta. Scioccante, certo, ma la parabola della franchigia è comunque di successo, considerando che è stata costruita in pochissimi anni e partendo da un assegno e da una promessa.