Parola di Federico Buffa, che nel suo nuovo libro – presentato lunedì prossimo a Lugano – narra la straordinaria storia del gioco nel Paese sudamericano
A quattro giorni dalla presentazione a Lugano del suo ultimo libro ‘La milonga del Fútbol’, abbiamo chiesto al celebre narratore e performer Federico Buffa di raccontarci, a grandi linee, cosa può trovare il lettore fra le pagine del volume fresco di stampa e pubblicato da Rizzoli.
«Innanzitutto tengo a precisare che si tratta di un libro scritto a quattro mani, firmato con me da Fabrizio Gabrielli, che aveva già dato ampie prove di essere un eccellente scrittore di cose argentine. Lui ha fra l’altro scritto due libri su Messi, uno più bello dell’altro. L’idea che ci ha uniti è stata quella di viaggiare lungo il Novecento argentino, un vero saliscendi in cui è successo di tutto, attraverso tre calciatori. Il primo è Renato Cesarini, nato in Italia ma trasferitosi laggiù coi genitori quando aveva soltanto un anno. Dopo una grande carriera trascorsa anche alla Juventus, divenne allenatore e, nella pampa, scoprì Omar Sivori, il secondo campione di cui parliamo. E lo stesso Sivori – autentico fuoriclasse - è l’uomo che dovrà consolare Diego Maradona, l’ultimo del terzetto, dalla delusione di essere stato escluso dalla rosa della Nazionale argentina che giocò e vinse, in casa, il Mondiale del 1978. Tutti loro avevano origini italiane, e tutti e tre scrissero la storia del calcio anche italiano, oltre che argentino. Il libro può permettersi di spaziare lungo questi cento anni in modo anche divulgativo, mentre l’omonimo spettacolo teatrale che sto portando in giro ormai da oltre un anno, costretto nei suoi 140 minuti di scena, ha ovviamente tutto un altro taglio».
Ogni Paese interpreta e declina il calcio un po’ a proprio modo, è normale, ma ciò che questo sport rappresenta in Argentina è innegabilmente fuori dall’ordinario, o no?
«Questo è indiscutibile: gli argentini, a ragione, dicono che… ‘gli inglesi hanno inventato il gioco, ma noi abbiamo inventato l’amore per il gioco, che è ancora più importante’. Gli inglesi in effetti arrivano presto in Argentina, non riescono a colonizzarla, ma di fatto il calcio laggiù è giunto prestissimo, molto prima che in Italia: la prima partita giocata nel Paese risale addirittura al 1867, benché sia stata giocata esclusivamente da inglesi. Gli argentini inizieranno a essere dominanti all’inizio del Novecento, grazie a un modo tutto nuovo – e molto spettacolare - di controllare la palla. Erano atleti virtuosi e subito, laggiù, vennero considerati alla stregua di artisti, cosa che in Europa non è mai successa, o è accaduto soltanto di recente. E gli artisti stessi, in Argentina, iniziano presto a occuparsi di pallone. Carlos Gardel, ad esempio, in un tango degli anni Venti, cita tre calciatori: uno di questi è Luisito Monti, che dopo la prima finale della storia dei Mondiali – a Montevideo nel 1930 - sarà ingaggiato dalla Juventus, con cui vincerà 5 scudetti di fila insieme ad altri due oriundi argentini, il già citato Cesarini e Mumo Orsi. Il fatto che già nel 1928, in un tango, vengano nominati tre calciatori è molto indicativo di ciò che significhi il calcio in Argentina. Inoltre, nello slang argentino ricorrono moltissime espressioni che riguardano il calcio. Ad esempio ‘gambetear con la pobreza’, cioè dribblare la povertà: una fusione spaventosa fra calcio, tango e vita argentina nella prima parte del Novecento, che sono poi anche gli anni migliori, economicamente parlando, per tutto il Paese. L’altra sera a teatro, dopo lo spettacolo, uno spettatore argentino mi ha detto che vorrebbe far sentire ai suoi connazionali le cose belle che io dico di loro, perché in generale gli argentini sono invece molto autocritici e malinconici, anche se a volte, va detto, sanno essere più sciovinisti dei francesi. Seguire l’evoluzione del Novecento argentino, insomma, significa seguire una traiettoria davvero di prim’ordine dal punto di vista narrativo».
La presentazione al pubblico del volume – organizzata da laRegione - avverrà lunedì 4 novembre a Lugano alle ore 19 presso lo Studio 2 della Rsi. A dialogare con Federico Buffa e Fabrizio Gabrielli saranno Stefano Ferrando, Daniel Ritzer e Stefano Marelli. Prenotazione consigliata su rsi.ch/eventi