CALCIO

Luis Enrique, allenatore sul campo e nella testa

Il tecnico asturiano del Psg, impegnato martedì contro il Borussia Dortmund nelle semifinali di Champions, punta molto sulla preparazione psicologica

6 maggio 2024
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Penultimo atto della stagione 2023-24 di Champions League. Tra martedì e mercoledì andranno in scena gli incontri di ritorno delle semifinali, con il Psg costretto a rimontare, al Parco dei Principi, lo 0-1 subito a Dortmund e il Real che parte con i favori del pronostico dopo il 2-2 dell’Allianz Arena di Monaco.

Contro un Borussia Dortmund autore di un percorso per il quale nessuno lo considerava attrezzato, il Psg farà affidamento, oltre che sui suoi numerosi pezzi da novanta, anche sulla preparazione mentale, i cui esiti positivi si erano visti in occasione della sfida vinta a Barcellona nei quarti di finale. Quando Luis Enrique la scorsa estate aveva accettato l’incarico, ben sapeva di prendere in mano una squadra afflitta dalle delusioni di una Champions League che le si era sempre negata. Alcuni dei fallimenti parigini sono addirittura entrati nella storia, come la “remuntada” del 2017 a opera del Barça (4-0, 1-6) o le eliminazioni contro il Manchester United nel 2019 (2-0, 1-3) e il Real Madrid nel 2022 (1-0, 1-3). Luis Enrique ha provato a cambiare questa tendenza negativa legata alla coppa europea per antonomasia: «Quando una squadra o un club sono ossessionati da qualcosa, non è mai un buon segno. Bisogna avere speranze e ambizioni, ma l'ossessione non funziona mai, in nessun ambito della vita», aveva tra l’altro sentenziato.

Il metodo Luis Enrique sembrerebbe aver portato i frutti desiderati. Una volta tanto, la “remuntada” l’hanno messa a segno i parigini, recuperando contro il Barcellona, grazie a un portentoso 4-1 in Catalogna, la sconfitta subita al Parco dei Principi (3-2). Sulla carta il compito che li attende contro il Borussia non raggiunge le stesse vette di difficoltà, tuttavia tutti sanno che il compito potrebbe diventare improbo se non si riuscisse a bucare immediatamente la porta difesa dall’elvetico Gregor Kobel.

Luis Enrique è arrivato al club con lo psicologo Joaquin Valdes come assistente, con il quale ha vinto la Champions a Barcellona nel 2015. «Il compito di uno psicologo dello sport è quello di ottimizzare le prestazioni. Il lavoro fisico deve essere accompagnato da un lavoro sulla mente», ha dichiarato Valdés al canale Twitch di Luis Enrique durante la Coppa del mondo 2022 in Qatar. A dimostrazione della sua importanza vitale, lo psicologo è regolarmente presente alle conferenze stampa, in disparte e con lo sguardo rivolto ai giornalisti, come se volesse misurare il contesto in cui l'allenatore e i giocatori devono operare.

Luis Enrique delinea la mentalità che sta inculcando alla squadra: «Nella vita non tutto può essere perfetto e bisogna essere preparati alle difficoltà. Nel corso della stagione abbiamo avuto dei momenti di debolezza, ma siamo riusciti a ribaltare la situazione. Quando arrivano le partite importanti, è fondamentale controllare le emozioni e non lasciarsi frustrare da una decisione arbitrale o da un momento negativo».

L'inculcare un atteggiamento da guerriero non è un modo di fare del tutto privo di una certa dose di darwinismo, dato che Luis Enrique, pronto a proteggere i suoi giocatori in pubblico, è da sempre fautore di un turnover feroce. La posizione di ogni giocatore è costantemente a rischio – compresa quella di Kylian Mbappé – e solo all’ultimo minuto i giocatori sanno se scenderanno o no in campo. L'idea è che tutti si “sentano coinvolti”, dal titolare alla riserva. Tuttavia, in Champions League, dove i suoi test hanno talvolta fallito, l'allenatore ha deciso di essere più prevedibile, schierando spesso quella che sembra una squadra standard.

L'ultimo aspetto del suo kit di preparazione mentale è rivolto alla ricerca di un accordo con i tifosi. «Abbiamo bisogno di loro nei momenti difficili. Il nostro unico obiettivo è di renderli orgogliosi di noi», afferma un felicissimo Luis Enrique. E se «mercoledì a Dortmund c'erano 3’000 tifosi parigini, martedì al Parco dei Principi ce ne saranno più di 45’000».

Kobel e la partita più importante della carriera

Ma se vorranno volare a Londra per la finale in programma il 1° giugno, Mbappé e compagni dovranno superare almeno due volte Gregor Kobel, dopo essere rimasti a secco nei primi 90’ della doppia sfida. L’estremo difensore elvetico, dal canto suo, è conscio dell’importanza della posta in palio… «Non ho mai disputato il ritorno di una semifinale di Champions League. Quindi ha ottimi motivi per essere la partita più importante della mia carriera. Dovremo essere concentrati. Non come nella fase a gironi, quando proprio a Parigi avevamo disputato la nostra peggior partita di Champions League (sconfitta 2-0, ndr). Dobbiamo comportarci come una squadra, ognuno deve aiutare il compagno. Il Psg possiede così tanta qualità che può essere incredibilmente pericoloso. Oltre a una prestazione di alto livello da parte nostra, probabilmente avremo bisogno anche di un po’ di fortuna».

Nonostante ciò, il Borussia, e lo ha dimostrato sia contro l’Atletico, sia nell’andata contro gli stessi parigini, possiede qualità a sufficienza per raggiungere la finale… «Nelle competizioni europee siamo in grado di ottenere un risultato importante in ogni partita. La nostra qualità è evidente, anche contro squadre che sulla carta sono più forti. In Champions League siamo migliorati di partita in partita. La squadra è molto equilibrata dal punto di vista offensivo e difensivo. Anche il mix di età rappresenta un fattore importante. E in Champions abbiamo difeso molto, molto bene, con cinque “clean sheets”. Ci siamo assolutamente meritati di essere qui a giocarci l’accesso alla finale».

Gregor Kobel era arrivato in Germania dieci anni fa e si è progressivamente imposto all’attenzione generale, tanto da cogliere nella passata stagione il titolo di miglior portiere di Bundesliga… «Non si può rivendicare un ruolo in una squadra di calcio. Si cresce in essa. Mi piace far parte di questo gruppo e affrontare gli obiettivi insieme. Ed è vero, cerco di guardare avanti e di continuare a crescere, l'autocritica sincera e costruttiva non è mai stata e non sarà mai negativa. Per me è un onore essere ritenuto il numero uno in Bundesliga. Da bambino ho sempre guardato alla Germania, la grande nazione del calcio, la Bundesliga. Tutti prendevano la Germania quale esempio. Che ora io sia percepito in questo modo è, ovviamente, già una sensazione molto bella, ma il fatto che vi siano altre persone che la pensano allo stesso modo mi rende ancor più felice...».

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