Grazie anche ai dieci gol di Leo l'Inter Miami ha conquistato la Leagues Cup, ma caldo e tasse basse attirano campioni ed eventi in tutte le discipline
Sette partite, dieci gol e il primo trofeo della storia del club in bacheca, la Leagues Cup, inedito torneo che riunisce compagini di Mls e della Liga messicana. È questo il notevole biglietto da visita di Lionel Messi nel calcio nordamericano con la maglia dell’Inter Miami. E pensare che la squadra, attualmente ultima in Mls, ha segnato 22 reti in 22 giornate di campionato, mentre dall’arrivo dell’argentino ne ha realizzate altrettante in dieci partite. Visto il livello più basso rispetto al calcio europeo, che la Pulce potesse fare sfracelli era tutto sommato prevedibile, ma un inizio così sfolgorante va probabilmente oltre le sue stesse previsioni. Come se dopo due anni a Parigi nei quali non è mai riuscito a esprimere appieno il suo potenziale, ora l’argentino volesse recuperare il tempo perso in Francia, conscio che a 36 anni non ha più ormai tanti anni da trascorrere sul rettangolo verde. Ed è vero che il livello del calcio nordamericano non è sicuramente eccelso, ma la volontà è indubbiamente anche quella di dimostrare di essere sempre ancora il migliore al mondo.
Già il suo debutto in maglia rosa è stato pressoché perfetto, come un suo dribbling, o come una delle sue punizioni dal limite dell’area. Insidiose per tanti campioni, visto il poco spazio per fare abbassare il pallone una volta superata la barriera, ma che per lui spesso sono come tirare un rigore dal limite dell’area piccola senza portiere. E proprio con un colpo del genere ha regalato ai suoi il successo contro i messicani del Cruz Azul al 94’, dopo essere subentrato al 54’ (assieme tra l’altro al compagno di mille battaglie Sergio Busquets, anche lui appena approdato oltre Atlantico, ai due si è poi aggiunto pure Jordi Alba) ed ereditando immediatamente la fascia di capitano. Una punizione dai 25 metri, che si è infilata nell’angolino alto dopo aver aggirato la barriera, sotto gli occhi di uno dei proprietari del club, un altro che di punizioni se ne intendeva parecchio, David Beckham.
Già nella seconda partita contro gli Atlanta United Messi è partito titolare ed è andato in rete dopo soli otto minuti, ripetendosi poi al ventiduesimo e fornendo un assist per il definitivo 4-0. Nei sedicesimi di finale contro l’Orlando City (partita che ha segnato il debutto del terzo ex Barcellona, Jordi Alba) si è poi ripetuto segnando una prima volta al 7’ e una seconda al 72’, approfittando anche dell’attenzione rivoltagli dalle difese avversarie per liberare dalle marcature i suoi compagni come Robert Taylor (un semisconosciuto anglo-finlandese, che dopo una carriera in squadre di secondo piano in Scandinavia in sette partite di Leagues Cup ha realizzato quattro gol e tre assist) e Josef Martinez, 30enne venezuelano con un trascorso anche con le maglie di Young Boys e Thun.
Altro giro, gli ottavi di finale contro Dallas, altra doppietta, con la prima rete da fuori area dopo 6’ e la seconda – dopo aver generato il gol del momentaneo 2-3 – all’85’ con un’altra punizione, stavolta da posizione più defilata, decisiva per agguantare la parità su un pirotecnico 4-4, per permettere alla compagine della Florida di portare la sfida ai rigori (che Messi abbia trasformato il suo sembra quasi superfluo da specificare) e di imporsi.
Nelle ampie vittorie ai quarti di finale (4-0 contro Charlotte) e in semifinale (4-1 contro i Philadelphia Union) l’argentino ha contribuito “soltanto” con una rete per volta. Contro la compagine della Carolina del Nord Messi si è ritrovato solo in mezzo a quattro difensori per iscrivere l’ultima rete del confronto (lasciando un netto sospetto che, visto il punteggio, sia stata data indicazione dall’alto di non ostruire troppo la principale fonte di entrate economiche del mondo del ‘soccer’), mentre contro i Pennsylvanian ha firmato il momentaneo 2-0 dalla distanza. Pure nella finale (vinta 10-9 ai rigori) contro Nashville, Messi ha lasciato il segno, realizzando l’unica rete nei tempi regolamentari dei suoi, l’1-0 al 23’ con un gran tiro a giro dal limite dell’area dopo aver saltato un difensore, mentre il possibile 2-1 al 70’ gli è stato negato solo dal palo.
Da Pelé e Beckenbauer a David Villa, Beckham e Ibrahimovic più recentemente sono numerosi i campioni che hanno scelto l’America per sparare le ultime cartucce della loro illustre carriera, ma indubbiamente nessuno di questi ha avuto l’impatto di Messi.
Tuttavia l’arrivo di Messi a Miami non ha giovato a tutti. Un addetto alle pulizie al servizio del club (attraverso una società esterna) è stato licenziato per aver “osato” chiedere un autografo a sua maestà, infrangendo così le linee guida imposte dalla società. Il portiere dei rosa Nick Marsman ha invece visto il suo contratto venire sciolto unilateralmente. Nessuna conferma è giunta in merito, ma il grosso sospetto è che la decisione sia correlata alle parole proferite a giugno dall’olandese, che vedeva di cattivo occhio l’arrivo di Leo in Florida, a causa dell’infrastruttura carente del club, che gioca in uno stadio provvisorio, senza particolari ostacoli per eventuali invasori di campo, così come è insicuro il percorso dal campo d’allenamento allo stadio.
Il messaggio è chiaro: chi osa frapporsi tra la società (con la lega alle sue spalle) e il suo maggiore investimento ne pagherà le conseguenze.
Chi invece si gode appieno lo spettacolo sono gli appassionati di sport di Miami (in particolare quelli particolarmente abbienti), che oltre alle giocate di Lionel Messi nel corso di questo 2023 hanno avuto, in particolare in tarda primavera, solo l’imbarazzo della scelta sugli eventi da seguire. Il 7 maggio gli amanti della Formula 1 hanno potuto assistere alla seconda edizione del Gran Premio di Miami, che potrebbe entrare a suo modo nella storia. Già, perché sul tracciato disegnato nel parcheggio dell’Hard Rock Stadium Max Verstappen ha inaugurato un filotto di vittorie consecutive, che lo vede attualmente a quota otto.
Se l’olandese dovesse vincere domenica sul circuito di casa di Zandvoort (e pronosticare il contrario è quantomeno azzardato), eguaglierebbe il record di Sebastian Vettel di nove successi filati.
Gli appassionati di basket si sono invece goduti il fantastico percorso dei Miami Heat di Erik Spoelstra e della star Jimmy Butler, che passando dai play-in, sono stati capaci di issarsi fino alla finale. Contro i Denver Nuggets è mancato, è vero, l’ultimo acuto, ma il percorso che ha visto cadere uno dopo l’altro (dopo aver perso la prima chance di qualificarsi contro gli Atlanta Hawks) Chicago Bulls, Milwaukee Bucks – la miglior squadra della lega in regular season –, New York Knicks e Boston Celtics, venendo rimontati dal 3-0 al 3-3 nella serie, è stato indubbiamente inaspettato e trionfale.
Un discorso simile si può poi fare nell’hockey per i Florida Panthers, capaci di raggiungere i playoff con il peggior bottino di punti (92) tra le sedici elette e fermati solo all’ultimo dai Vegas Golden Knights, dopo che sulla strada erano caduti i grandissimi favoriti dei Boston Bruins, poi i Toronto Maple Leafs e i Carolina Hurricanes. I ‘Cats’, trascinati da Matthew Tkachuk, hanno così preso in un certo senso il posto dell’altra franchigia della Florida, i Tampa Bay Lightning, capaci di arrivare alla finale per la Stanley Cup tre volte, vincendola due.
E non è andata male nemmeno ai Miami Dolphins, i padroni di casa dell’Hard Rock Stadium, capaci di qualificarsi per i playoff della National Football League, mentre in Major League Baseball i Miami Marlins stanno rincorrendo un posto nel postseason, contro tutte le previsioni di inizio stagione.
Le attrattive della Florida non sono dunque più soltanto le palme e l’assenza di tasse sul reddito delle persone fisiche (quest’ultimo un indubbio fattore anche nell’attirare campioni di diverse discipline), bensì anche un’offerta sportiva praticamente ineguagliabile a livello mondiale.