Manuel Akanji ha conquistato uno storico triplete: per chiudere in bellezza una stagione da incorniciare mancano però ancora Andorra e Romania
Premier, FA Cup e, dulcis in fundo, Champions. Nessuno è riuscito ad arrestare la marcia del City in questa stagione, la prima (e che prima) di Manuel Akanji sulla battigia più azzurra di Manchester. Il 27enne in quel di Istanbul ha coronato un’annata semplicemente da incorniciare, alzando la Coppa dalle Grandi Orecchie. E pensare che solo un anno fa la carriera del nazionale rossocrociato era confrontata a un crocevia: rifiutatosi di prolungare il contratto in scadenza, e messo fuori rosa dal Borussia Dortmund, l’ex Basilea ha trovato una nuova collocazione a pochi giorni dalla chiusura del mercato estivo. A settembre Akanji si è assicurato la fiducia di Pep Guardiola: accostato regolarmente a Ruben Dias, John Stones e Kyle Walker (o Nathan Aké), ha così assunto il ruolo di caposaldo della difesa. Non è infatti solo il frutto di una fortuita coincidenza essere il difensore più impiegato dai Citizens. Il 27enne ha però ripagato in più occasioni la fiducia accordata. Un episodio, forse, torna frequentemente alla memoria. Nel ritorno della semifinale della massima competizione europea Haaland e compagni hanno domato i campioni uscenti del Real Madrid con un perentorio 4-0 e uno dei protagonisti di quella indimenticabile serata è stato Akanji. Il centrale si è ritagliato un posto nella storia con l’inzuccata che a una ventina di minuti dalla conclusione ha trafitto una terza volta Thibaut Courtois. Una bollatura, la prima con la maglia del City nonché in Champions, storica giacché lo zurighese è diventato il primo giocatore rossocrociato a segnare in una semifinale della massima competizione europea. In precedenza, nel 1977, ci era riuscito Peter Risi dello Zurigo (al cospetto del Liverpool). Ma, quest’impresa, era stata realizzata in quella che all’epoca si chiamava ancora Coppa dei Campioni.
La sua prestazione in finale, forse condizionata dall’emozione, non è stata impeccabile, ma i Citizens sono comunque riusciti a completare uno storico ‘treble’ al cospetto di quell’Inter a cui Akanji era stato accostato quest’estate come una delle possibili alternative a Milan Skriniar. Una trattativa finita nel nulla di fatto. A dimostrazione di quanto il calcio sia fulmineo e imprevedibile il 27enne, sabato, è risultato fatale ai nerazzurri partecipando attivamente all’azione che ha deciso la finale. Il centrale ha messo in pratica i suggerimenti di Guardiola e sfruttato la prima occasione per affondare il colpo, imbeccando alla perfezione Bernando Silva – bravo poi a scaricare sull’accorrente Rodri. Una rete che ha fatto dimenticare l’incomprensione venutasi a creare su un retropassaggio fra il rossocrociato ed Ederson qualche istante prima. «È stata una sensazione incredibile, un sogno da bambino che si è realizzato – ha spiegato mercoledì pomeriggio nella sala conferenze dell’hotel Belvedere di Locarno –. La pressione sulle nostre spalle era immensa: prima del match ho immaginato tutti i possibili scenari, ma una volta allo stadio ero felice. Non è stata la nostra miglior prestazione, tuttavia contava solo la vittoria». L’errore di lettura su Lautaro Martinez non ha aiutato, «nonostante un problema fisico (per la prima volta nella mia carriera ho accusato i crampi), ho potuto continuare e rimediare a questa svista. Fra un mese, comunque, nessuno ricorderà come abbiamo giocato». Akanji è così diventato il quarto elvetico, quinto se contiamo anche Ivan Rakitic, a sollevare la Champions dopo Stéphane Chapuisat, Ciriaco Sforza e Xherdan Shaqiri; solamente il terzo a ricoprire un ruolo di primattore ed essere impiegato in finale.
Le immagine più indimenticabili di quella serata sono tuttavia Guardiola inginocchiato a bordo campo e Jack Grealish (che, assicura, è tornato a camminare) intento a scolarsi litri di birra. La ricetta del successo è «che non abbiamo lasciato punti per strada a Mondiale concluso, rientrando così sull’Arsenal. Alcune partite sono state dominate in altre, invece, siamo stati bravi a non concedere molto e conquistare la posta piena. La forza della squadra è poi stata la qualità dei singoli». A sinistra, sulla corsia opposta o centrale. Akanji è stato schierato in tutti i ruoli in difesa. «Sì, ma bisogna adattarsi alla situazione: sapevo non sarebbe stato facile integrarsi in una squadra composta da giocatori di classe mondiale. La concorrenza a Manchester è micidiale e, dunque, ho cercato di migliorare ogni giorno; sapevo di avere le capacità per ricavarmi il mio spazio... Una volta entrato nel sistema, tutto è stato più facile». Da spartiacque è stata la presenza in panchina di Guardiola, definito come il miglior allenatore della sua carriera. «Un gran motivatore, trova sempre l’ago nel pagliaio anche al termine di una buona prestazione».
Il nazionale rossocrociato ha impressionato addetti ai lavori, e non, chiudendo una prima stagione nel campionato britannico sensazionale: vittorioso in 24 delle sue 29 apparizioni in Premier (83%), con lui in campo il City ha racimolato una media di 2.5 punti a partita. Nei nove incontri in cui non è stato convocato ne ha per contro vinte solo quattro. Akanji ha dimostrato una precisione sopraffina, completando il 93,3% di passaggi, sinonimo di migliore media dei 262 giocatori che ne hanno ultimato almeno 500 in stagione. Dalla prima (17 settembre) alla sua ultima (21 maggio) presenza solo Lewis Dunk e il compagno di squadra Rodri hanno effettuato più passaggi. Il difensore del Brighton precede il 27enne anche nella classifica delle palle recuperate. Per noi, questa, non è tuttavia una novità giacché in Nazionale primeggia ormai da parecchio dinanzi alla saracinesca Yann Sommer. Una stagione come detto da incorniciare, ma Akanji spera di migliorare ancora. Dalla conquista del triplete sono trascorse poche ore, eppure si dice pronto ad aiutare la ciurma di Murat Yakin, raggiunta martedì sera rigorosamente in treno. «Le squadre (Andorra e Romania, ndr) non sono forse le più blasonate, ma non importa: sono match essenziali in ottica qualificazione alla prossima edizione degli Europei e io sono a servizio del coach. Il calendario è molto serrato, perciò durante tutto l’anno non siamo riusciti a celebrare la conquista di un trofeo, che sia FA Cup o campionato. Beh, chiaro, sabato non ho dormito e la parata in città è stata qualcosa di speciale. Delle immagini che non dimenticherò, ma ormai è storia del passato. Il presente si chiama Nazionale. Non è facile, sicuramente queste sfide non hanno il medesimo sapore delle ultime, però siamo professionisti e sappiamo che poi ci sarà il tempo di festeggiare e di fare vacanza. Il clima sicuramente aiuta a entrare nello spirito giusto». Akanji è stato accolto in allenamento da una maglietta commemorativa (con le tre coppe) consegnata da Pier Tami e uno scroscio di applausi dei compagni di squadra. «L’intenzione è di vincere entrambe le partite, poi vedremo... Non ho ancora perso l’entusiasmo di giocare a calcio». In ogni caso molti tifosi del Dortmund, incapace all'ultima giornata di mettere in bacheca il Meisterschale, staranno sicuramente sfregando i propri occhi dinanzi all’incredibile progressione di Akanji (che venerdì sera al cospetto di Andorra potrebbe collezionare la sua 50esima presenza in rossocrociato) nel corso dell’ultima stagione. «È peccato vedere sfumare il titolo in casa, con quell’atmosfera fantastica, ma non è sempre facile sul momento. È una questione di centimetri».