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L’anno in cui i Citizens si misero la maglia del Milan

Per omaggiare lo squadrone di Rivera e Rocco, il Manchester City adottò il rossonero, ma non fu l’unico club a vestire una casacca diversa dal solito

In sintesi:
  • Nella storia del calcio non sono poche le squadre che hanno vestito, per scelta o per necessità, la maglia di un altro club
  • Il Manchester City, di tanto in tanto, ripropone come seconda o terza casacca quella del Milan, che prese “in prestito” alla fine degli anni Sessanta
16 maggio 2023
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Delle otto squadre qualificatesi per i quarti di finale della Champions League di quest’anno, il Manchester City sarà forse la più ricca, ma di certo è quella – insieme al Napoli – che vanta a livello europeo il palmarès più scarno. Se i partenopei possono fregiarsi infatti di una sola Coppa Uefa vinta nel lontano 1989, nella bacheca dei Citizens a far bella mostra di sé è soltanto una Coppa delle Coppe alzata ancor più indietro nel tempo, nel 1970.

Del resto, quella diretta oggi da Pep Guardiola è davvero la seconda squadra di Manchester, la più sfigata, o almeno lo è stata molto a lungo. Soltanto una ventina d’anni fa – tanto per capirci – il club faceva la spola fra la prima, la seconda e addirittura la terza serie inglese.

È infatti solo da una decina d’anni che questo club occupa un posto importante in patria: basti pensare che, degli otto campionati inglesi conquistati, ben sei sono giunti dopo il 2012, cioè quando nelle casse della società – grazie al passaggio di proprietà all’Abu Dhabi United Group del principe emiratino Mansur bin Zayd Al Nahyan – si sono riversate risorse economiche pressoché infinite.

Fantastiliardi di disneyana memoria che però, almeno finora, hanno come detto fruttato soltanto titoli all’interno dei confini nazionali, mentre a livello continentale il bilancio è ancora inesorabilmente deficitario.

Non solo sky blue

Quando il City vinse il suo primo campionato inglese, nel 1937, le Coppe europee nemmeno esistevano – sarebbero nate soltanto nel 1956 – e l’avventura in Coppa dei campioni nel 1968-69, seguita al secondo titolo nazionale, si fermò già al primo turno.

Al termine di quella stagione, a portarsi a casa la Coppa dalle grandi orecchie fu il Milan di Rocco, una squadra talmente forte da indurre i dirigenti del Manchester City ad adottare – per l’anno successivo – una divisa da gioco che ricalcasse pedissequamente colori e motivi della maglia dei campioni d’Europa.

Il tradizionale azzurrino – il soprannome dei Citizens è infatti Sky Blues – fu dunque sostituito da strisce verticali rossonere.

E l’annata seguente fu talmente fortunata – arrivarono infatti la già citata Coppa delle Coppe e una Coppa di Lega – che a Manchester si decise di decretare il rosso e il nero come colori portafortuna: non avrebbero ovviamente sostituito il celeste storico, ma nei decenni successivi tornarono più volte a essere usati per la seconda o la terza maglia del club del Lancashire.

The Garibaldis

Non era quella la prima volta che una squadra inglese si ispirasse all’Italia per la scelta dei colori di gioco.

Fondato nel 1862, il Nottingham Forest – l’unico club del continente ad aver vinto più Coppe dei campioni (2) che campionati nazionali (1) – scelse di vestire camicie rosse in omaggio a Giuseppe Garibaldi e ai suoi volontari, molto popolari Oltremanica a quei tempi, anche perché la Corona inglese aveva lautamente sovvenzionato l’impresa dei Mille, soprattutto in chiave anti-francese. E ancora oggi, tifosi e giocatori del Forest sono comunemente detti The Garibaldis.

Ma non è finita: il celebre club argentino dell’Independiente adottò il rosso come colore sociale ispirandosi proprio al Nottingham Forest, che a sua volta prese spunto come detto dall’Eroe dei due mondi, che al mercato mio padre comprò…

Ultimo celebre caso di commistione anglo-italiana: la Juventus, fondata nel 1897 con colore sociale rosa, alla vigilia delle finali del campionato 1905 si accorge di avere maglie troppo smunte e lise per presentarsi a un appuntamento tanto importante, e così chiede al suo fornitore in Inghilterra di mandargliene una muta nuova. Il problema è che i tempi sono troppo ristretti: non si riesce a produrle.

Se volete – dicono i britannici – abbiamo pronta una muta di maglie a strisce bianconere destinata al Notts Country (il quinto club più antico del mondo): loro le hanno bisogno soltanto fra un paio di mesi… Ok, rispondono a Torino, speditecele. E siccome quelle maglie portarono fortuna – vinse infatti zebrata il suo primo scudetto – la Juve diventò per sempre bianconera.

Come se l’avesse scritto Soriano

Ma torniamo al tema principale, cioè quello relativo alle squadre come il Manchester City che, per svariati motivi, si sono ritrovate volontariamente o meno a scendere in campo vestendo la maglia di un altro club. Il fenomeno è assai più frequente di quanto si creda, e addirittura ha avuto luogo ben due volte nell’ambito della Coppa del mondo, vale a dire il torneo più importante in assoluto.

Il primo caso è talmente surreale che – non si fosse verificato per davvero – avrebbe benissimo potuto scaturire dalla penna di un romanziere geniale come Osvaldo Soriano. E forse non è un caso se avvenne proprio in Argentina, nel corso del chiacchieratissimo Mundial del 1978.

Nell’ultimo turno della prima fase, Francia e Ungheria – entrambe già eliminate – si affrontano a Mar del Plata in un match ormai senza alcun valore. I dirigenti francesi, per guadagnare tempo, hanno già rispedito in patria un container pieno di materiale, fra cui tutte le maglie blu.

Del resto, la Fifa nei mesi precedenti aveva deciso che a giocare con la maglia di riserva quell’ultima partita fossero appunto i Galletti. Una circolare posteriore, però, aveva corretto il tiro: a scendere in campo in divisa bianca sarebbero stati i magiari: informazione che, malauguratamente, a Parigi era sfuggita. E così, naturalmente, magiari e francesi – una volta sfilate le tute usate durante il riscaldamento – si ritrovarono entrambi di bianco vestiti e sprovvisti di casacche di riserva.

Il problema fu risolto mandando alcuni inservienti a setacciare i dintorni dello stadio in cerca di una squadra qualsiasi che fosse disposta a mettere a disposizione le proprie maglie da gioco. E fu così che il Club Atletico Kimberley – squadra dopolavoristica di pescatori iscritta alla quinta serie argentina – ebbe l’onore di vedere le sue maglie a strisce biancoverdi sfoggiate nientemeno che sul palcoscenico più prestigioso al mondo.

Il secondo caso si verificò invece per scelta: la nazionale del Costarica, qualificatasi per la prima volta al Mundial nel 1990, seppe dopo il sorteggio che avrebbe esordito contro il Brasile a Torino. E così, per omaggiare una delle squadre di casa, decise di scendere in campo con una maglia a strisce verticali bianconere, identica a quella della Juventus. Si dice che Bora Milutinovic abbia optato per il bianconero e non per il granata del Toro per un semplice motivo: la maglia zebrata è anche quella del Partizan Belgrado, il club più amato dal tecnico giramondo.

Con le insegne del nemico

Disattenzione dei magazzinieri o eccessiva fiscalità degli arbitri – che ritenevano troppo simili le divise dei contendenti – obbligavano ad esempio nel 2008 l’Olympique Marsiglia a vestire la seconda maglia dell’Auxerre, così come capitò al Milan nel 1979 di indossare in Umbria la divisa di riserva del Perugia di Paolo Rossi.

Idem per il Chelsea di Vialli e Zola, che una volta si fece prestare la maglia dal Coventry. Carnevalesca invece è la mise con cui il Catania disputò un derby siciliano: il Messina non voleva prestare le maglie di riserva agli odiati avversari, e così gli etnei furono costretti a farsi passare alcune maglie dai loro tifosi attraverso la rete che separava il campo dagli spalti. Il risultato fu imbarazzante: le casacche erano ovviamente di sei-sette annate diverse, e quindi colori, strisce e sponsor componevano un patchwork piuttosto vergognoso.

Gaffe addirittura doppia fu quella commessa dalla Federazione italiana: siamo nel 1994 e a Caltanissetta si gioca Italia-Croazia U21: non solo viene esposta a metà campo e sugli spalti la bandiera serba invece di quella croata, ma addirittura ci si accorge che gli Azzurri padroni di casa si sono portati dietro soltanto una muta di maglie bianche, identiche a quelle degli avversari. Problema risolto facendo vestire a Cannavaro, Inzaghi, Vieri e compagni la maglia rossa del Nissa, la squadra locale. Per la gigantesca brutta figura, invece, non ci fu antidoto.

Eterna amistad

Legata invece a motivi molto seri è la relazione stabilitasi nei decenni fra il River Plate e il Torino. Nel 1949, i Millonarios bonaerensi furono fra i primi club a correre in aiuto della società granata, che nel tristemente celebre schianto aereo di Superga aveva perso in pratica tutti i giocatori e gran parte dei dirigenti.

Gli argentini decisero di intraprendere una tournée in Europa e di devolvere il ricavato proprio al Torino, affinché potesse rimettersi in piedi. Ne nacque un gemellaggio che ancora oggi gode di ottima salute, tanto che – periodicamente – entrambi i club vestono come seconda maglia proprio la casacca della squadra amica: sul colletto o all’interno dei numeri stampati sulla schiena campeggia la scritta ‘Eterna amistad - Eterna amicizia’.