Dopo quattro anni da responsabile Massimo Immersi lascia l’Associazione cantonale per passare all’Asf e occuparsi in particolare della nazionale U15
Nove anni, di cui gli ultimi quattro da "capitano". È il tempo passato da Massimo Immersi nel Team Ticino, prima come allenatore (in particolare della U15) e poi, dal 2018, da direttore e responsabile tecnico dell’Associazione nata nel 2006 e che si occupa della formazione nel calcio d’élite ticinese, dagli U15 agli U21, gestendo anche le selezioni Footeco (dai 10 ai 14 anni) di Mendrisiotto e Locarnese, nonché tre squadre femminili d’élite (U17, U15 e U14). Un ruolo che il 42enne di Locarno lascerà a fine giugno, per passare alla "casa madre" dell’Asf (Associazione svizzera di calcio), dove si occuperà in sostanza della prima nazionale giovanile rossocrociata, la U15 (e del processo di selezione dei giovani calciatori che vi giocheranno).
«È stata indubbiamente una decisione importante ma per la quale i tempi erano maturi – ci confessa l’ex giocatore di Bellinzona, Lugano, Locarno e Chiasso –. Sono ormai nove anni che faccio parte dell’Associazione e in particolare gli ultimi quattro vissuti da responsabile sono stati decisamente intensi, a tal punto che ne valgono praticamente dodici. Dal 2018 sono infatti cambiati ben quattro presidenti e tre comitati a causa di un contesto politico diciamo piuttosto acceso. Ricordo che quando ho preso l’incarico le acque erano decisamente agitate e sul Team Ticino c’era tanta attenzione mediatica (nello specifico l’Fc Lugano, sostenuto dall’Fc Chiasso, reclamava maggiore potere all’interno del partenariato, ndr), tanto che una persona molto vicina mi ha detto: "Guarda che un buon marinaio lo si vede quando il mare è in tempesta". Non è stato un inizio semplice, le questioni extra calcistiche hanno preso tanto tempo ed energie, ma poi fortunatamente a livello di comitato e di lotte interne le acque si sono calmate. A quel punto però è iniziata la pandemia, che seppur per altri motivi e con altre problematiche ha reso difficoltoso il lavoro. In tutto questo però va detto che siamo sempre riusciti a portare avanti progetti interessanti e a ottenere buoni risultati, penso ad esempio alla promozione della U21 (tornata in Prima Lega lo scorso giugno, ndr) e alla finale di Coppa Svizzera raggiunta dalla U18 (poi persa con il Servette, sempre nel 2021, ndr), ma anche l’acquisizione delle squadre Footeco del Mendrisiotto e del Locarnese, l’entrata nella nostra famiglia del calcio femminile e pure la creazione di un nostro magazine. Il tutto all’interno di momenti decisamente fuori dall’ordinario e che hanno richiesto una sorta di doppio lavoro, complicato ma decisamente appassionante e del quale dobbiamo andare fieri. Parlo al plurale perché da solo non sarei riuscito a fare nulla di tutto ciò, per cui devo ringraziare tutti i validi collaboratori con i quali ho lavorato in questi anni, sono stato fortunato».
Ma com’è evoluto il Team Ticino nei quattro anni in cui "Imme" lo ha diretto? «Come detto è sicuramente cambiato tanto a livello di governance, visto che alla presidenza si sono avvicendati nell’ordine Augusto Chicherio, Fabio Regazzi ad interim, Angelo Renzetti e ora Michele Campana, mentre nei 12 anni precedenti c’era sempre stato Chicherio alla guida. Non è invece mutata molto la filosofia a livello di formazione, per la quale ho cercato di seguire la strada tracciata dal mio predecessore, Vincent Cavin. Una via nella quale credevo e credo molto e che ritengo sia l’unica percorribile nel nostro cantone, ossia quella di unire le forze e di farlo seguendo determinati ideali che vanno oltre all’aspetto sportivo, come ad esempio quello scolastico e in generale l’attenzione ai ragazzi e alle ragazze a 360 gradi».
Una lavoro proseguito quindi con una certa continuità ma tutt’altro che concluso, in particolare sotto un preciso aspetto… «La collaborazione tra i vari club deve ancora migliorare. Ci sono già dei progetti per affinare quella che è la gestione del talento della nostra regione ma è importante che ci sia il più possibile una condivisione d’intenti, ad esempio per quel che riguarda il delicato passaggio dei giocatori dalla U18 alla tappa successiva della propria carriera. Altrimenti si rischia di non creare il famoso "piano-carriera" ideale per i nostri giovani. In questo momento all’interno del Team si è instaurato un buon clima e bisogna sfruttarlo per favorire proprio questo processo. A livello d’intenti ci siamo, ora sarebbe il caso di mettere nero su bianco un accordo interno che tutti gli altri partenariati svizzeri hanno già».
Quanto al suo futuro, Immersi spiega come «in pratica sarò il responsabile del processo di creazione della Svizzera U15, ossia la prima vera selezione rossocrociata. Un processo che inizia già, a ranghi allargati (le celle di selezione, ndr), con gli under 14 e che seguendo determinati criteri – tenendo conto ad esempio del "bio-banding", che permette di suddividere i giocatori in base all’età biologica anziché cronologica, preservando chi ha uno sviluppo tardivo – porta alla formazione del gruppo della nazionale U15, di cui in definitiva sarò anche l’allenatore. Un’opportunità davvero unica e stimolante che ho deciso di cogliere, anche perché dopo aver giocato sempre a Sud delle Alpi e aver lavorato a livello cantonale nel Team Ticino, a 42 anni era arrivata l’ora di superare il Gottardo per una nuova esperienza».
La partenza di Immersi, che continuerà a ricoprire il proprio incarico sino al termine della corrente stagione (fine giugno) collaborando attivamente alla pianificazione della prossima, non rappresenta un fulmine a ciel sereno per il Team Ticino, come ci spiega il presidente Michele Campana.
«Circa tre settimane fa in maniera molto corretta il direttore delle Nazionali svizzere Pier Tami ci ha contattato per informarci che Massimo sarebbe stato uno dei candidati – ci spiega il direttore operativo di quell’Fc Lugano che nel comitato del Team detiene la maggioranza con quattro membri (contro 2 per l’Acb e uno a testa per Fc Chiasso e Ftc) –. Ne abbiamo preso atto e anche parlandone con lui abbiamo da subito detto che non avremmo mai potuto bloccarlo, perché poter lavorare per la Federazione svizzera è il massimo nel panorama calcistico nazionale, per cui siamo contenti che abbia potuto cogliere questa occasione e anche un po’ orgogliosi perché se l’è guadagnata attraverso il lavoro svolto in Ticino».
Un onore che comporta però l’onere di trovare un degno successore di Immersi, la cui partenza potrebbe anche portare il Team Ticino a mutare in un certo senso pelle… «Appena siamo stati informati del suo addio ci siamo subito attivati come comitato e ci siamo interrogati su come poter sfruttare la situazione per fare dei passi avanti. Che non vuol dire che non era possibile effettuarli con Massimo, ma non lo era con una sola persona che come lui avrebbe dovuto fare il direttore, il responsabile tecnico, il talent manager e via dicendo. A tal proposito siamo in contatto con la Federazione svizzera di calcio perché vogliamo capire quale potrebbe essere il passo intermedio per avvicinarci allo scalino superiore nel lavoro con i giovani. In Svizzera la formazione d’élite si fa infatti su due livelli: i partenariati (come il nostro) e i Centri di performance, che potrebbe essere l’obiettivo da raggiungere nel giro di tre o quattro anni. Quello che vogliamo capire ora è appunto come compiere il passo intermedio, che potrebbe essere, con la benedizione dell’Asf, l’introduzione di figure professionali quali ad esempio il talent manager, il responsabile della formazione e altre, oltre a quella di responsabile tecnico. Il tutto con lo scopo di far crescere qualcosa che già funziona ma che come tutto è migliorabile».
Un riconoscimento quello di "Centro di performance Asf/Sfl" di cui sono tra l’altro già in possesso otto dei dieci club di Super League e che viene assegnato adempiendo determinati criteri in ambiti quali "sviluppo dei giocatori", "calcio", "formazione scolastica e professionale" e "selezione", oltre alla condizione di avere impiegati al cento per cento otto tecnici in posizioni specifiche… «Un po’ mi vergogno ad ammetterlo, ma in Super League come Fc Lugano siamo gli unici assieme al Sion a non poter contare su tale label. È però anche una questione di numeri e di bacino, tanto che ci siamo rivolti alla Federazione proprio per capire se sarebbe fattibile ottenerlo in Ticino. Oltre al vantaggio di avere più persone a capo del dipartimento tecnico e di una professionalizzazione del ruolo di determinati allenatori, il label di Centro di performance ci permetterebbe anche di ricevere maggiori contributi finanziari dall’Asf e di conseguenza alzare ulteriormente il livello della formazione d’élite in Ticino. Nella speranza di perlomeno avvicinarci alle migliori accademie calcistiche della Svizzera tedesca, che non potremo probabilmente mai raggiungere anche per una questione di mancanza di strutture – non dimentichiamo che come Team Ticino siamo ospiti di un centro olimpico come il Cst di Tenero, anche se di olimpico abbiamo ben poco –, ma questo non significa che non possiamo alzare un po’ l’asticella delle nostre ambizioni».