Vladimir Petkovic ha affrontato quattro grandi tornei internazionali in sette anni di gestione. Rimarrà per sempre l'‘uomo di Bucarest’
Con la partenza di Petkovic, la Svizzera perde l’allenatore più vincente della sua storia. Nei sette anni trascorsi sulla panchina rossocrociata, il tecnico di Sarajevo, ma trapiantato in Ticino dal 1993, ha diretto la squadra 78 volte, totalizzando 42 vittorie, 14 pareggi e 22 sconfitte (164-95 il computo delle reti), per una media di 1,79 punti a partita. A titolo di paragone, il suo predecessore Ottmar Hitzfeld aveva ottenuto una media di 1,77 punti in 61 partite, Köbi Kuhn di 1,51 in 70 confronti e Roy Hodgson di 1,78, ma in sole 38 panchine.
Quattro gli eventi marcanti della gestione Petkovic: due campionati europei, un Mondiale e la partecipazione alla final four della prima edizione di Nations League.
La prima esperienza risale agli Europei in Francia, chiusi con il solito amaro in bocca per il mancato accesso ai quarti di finale. Eppure, la fase a gruppi non era andata male, con la vittoria per 1-0 (rete di Schär) contro l’Albania, in una partita piena di insidie emotive per la presenza in squadra di numerosi ragazzi di origine kosovara, e i pareggi contro Romania (1-1, Mehmedi) e Francia (0-0). Negli ottavi, contro la Polonia non era bastato nemmeno l'eurogol di Shaqiri con una semi rovesciata dal limite a sfatare il tabù dei quarti di finale. Ai rigori l’errore di Xhaka aveva condannato gli elvetici.
Stessa storia, ma con ancora maggior rammarico, due anni dopo in Russia. Pareggio con il favoritissimo Brasile (1-1, Zuber) e vittoria nel tesissimo confronto con la Serbia, sfociato nel gesto dell'aquila albanese da parte di Xhaka e Shaqiri in occasione delle due reti (2-1). Altro pareggio nella terza partita, contro la Costarica (2-2, Dzemaili, Drmic), mezzo passo falso che non aveva però inficiato la qualificazione agli ottavi di finale. Ed è stato quello, con ogni probabilità, il momento più difficile dell’intera gestione di Valdimir Petkovic. Perché tutta la nazione, al cospetto di una Svezia alla portata, si attendeva l’agognato quarto di finale. E invece, un gol di Forsberg aveva regalato alla Svizzera l’ennesima delusione e con essa le prime voci critiche sulla gestione del tecnico e sulla necessità di una sua rimozione.
E invece, appena quattro mesi più tardi, la Nazionale aveva colto un’incredibile vittoria contro il Belgio (5-2 dopo lo 0-2 iniziale: Rodriguez, tripletta di Seferovic, Elvedi). Un successo che aveva permesso a Petkovic e alla Nati di andarsi a giocare, per la prima volta nella storia del calcio svizzero, la semifinale di un torneo internazionale. Nella final four il sorteggio aveva riservato il Portogallo padrone di casa che si era imposto 3-1 (Rodriguez). Nella finale di consolazione, vittoria dell’Inghilterra 6-5 ai rigori.
L’ultimo grande appuntamento è storia di poche settimane fa, ma la sua genesi va ricercata addirittura nel marzo 2019, quando si era aperta la fase di qualificazione a Euro 2020. Un girone affrontato dalla Svizzera con il fiato un po’ corto (un paio di pareggi e una sconfitta in Danimarca), ma che alla fine aveva comunque regalato il ticket a una fase finale scivolata di un anno a causa del pandemia. Un pareggio poco convincente con il Galles (1-1, Embolo), una figuraccia contro l’Italia (3-0) e le polemiche sul coiffeur all'interno della bolla, apparivano come presagi funesti. Ma Petkovic ha saputo toccare le corde giuste e da quel momento tutto è cambiato: buona partita contro la Turchia (3-1, Seferovic e due volte Shaqiri) e, soprattutto, grandissima prestazione contro la favorita Francia, battuta ai rigori dopo aver rimontato nel finale un immeritato svantaggio di due reti (1-3). Finalmente, i quarti di finale, attesi dal 1954! E poco c’è mancato che arrivasse pure la semifinale, al termine di un’altra splendida prestazione contro la Spagna (sconfitta ai rigori dopo l’1-1 al 120’: Shaqiri). Sembrava dovesse essere il trampolino per i Mondiali in Qatar, è invece stato l’ultimo acuto della gestione di Valdimir Petkovic.