Scendendo in campo domenica a Zurigo il capitano raggiungerà il ragguardevole traguardo di partite con la maglia bianconera, che indossa da quasi 9 anni
300. Come Sparta, anche il Lugano ha il suo eroe e si chiama Jonathan Sabbatini, che scendendo in campo domenica a Zurigo raggiungerà il ragguardevole traguardo delle 300 partite disputate con la maglia bianconera, entrando ancora di più nella storia di un club di cui difende i colori ormai da 8 anni, 8 mesi e 3 giorni.
«La mia passione è il calcio, per cui per me Lugano è il calcio – afferma con fierezza il 33enne uruguaiano –. Quando mossi i primi passi nel calcio professionistico, speravo di arrivare a disputare trecento partite, ma di certo non nella stessa squadra. Esordii in prima squadra a 16 anni in Uruguay e mi dissi che avrei fatto una carriera top, ma non è stato affatto semplice, perché poi sono arrivato in Italia a Frosinone, dove sono stato due mesi senza praticamente giocare, se non con la Primavera. Da lì sono andato a Lanciano ma per disputare non più di sette partite, prima del passaggio a Chieti, perché ero pronto anche a ripartire dalle leghe inferiori per provare finalmente a ritagliarmi il mio spazio. Poi fortunatamente nel 2012 è arrivata la chiamata del Lugano, che mi ha letteralmente cambiato la vita. In pratica sono passato dalla A, B, C e D per poi risalire e arrivare fino in Europa League. Se ci ripenso mi dico cavolo, non è stato facile, ma ne è valsa la pena, sono grato di aver potuto vivere tutte queste emozioni, per cui il traguardo che sto per raggiungere non può che riempirmi di orgoglio. Qui ho vissuto i momenti più belli della mia carriera, abbiamo raggiunto obiettivi davvero importanti e per certi versi inimmaginabili e spero di poter vivere ancora molte emozioni con questa maglia».
Ma il capitano si ricorda ancora il suo esordio in bianconero, avvenuto il 15 settembre 2012 sul campo dell’Olten nel primo turno di Coppa Svizzera? «Certo, vincemmo 4-0 e ricordo che già in settimana l’allenatore Davide Morandi aveva cercato di spiegarmi che la Coppa è una competizione diversa dal campionato e che c’è un ambiente particolare. E infatti in campo ritrovai quella descrizione, ero anche un po’ nervoso tanto che mi mangiai qualche gol, mentre ero arrivato a Lugano come uno che segnava abbastanza. Poi per fortuna andò meglio, una decina di giorni dopo esordii in campionato firmando un assist (1-1 a Bienne) e a maggio arrivò anche il primo gol (successo 1-0 a Vaduz, ndr)».
Di gol e assist con la sua nuova maglia ne sono poi arrivati 37 su entrambi i fronti, assieme a molte emozioni… «Qualificarsi e poi giocare in Europa League è stato qualcosa di molto intenso, in particolare mi viene ancora la pelle d’oca ripensando alla sensazione provata all’esordio a Beer Sheva quando risuonò l’inno della competizione, io e i miei compagni non capivamo più niente. Come dico sempre però l’emozione bella è sicuramente stata la vittoria della Challenge League e la conseguente promozione del 2015, perché la società aveva alle spalle un fallimento ed erano diversi anni che provava invano a risalire. In quel momento sentii davvero qualcosa di speciale attorno all’Fc Lugano e capii davvero cosa rappresentava per la sua gente».
Gente (e città) che sono ormai parte integrante della vita di Sabbatini… «Se sono ancora qui è perché io e la mia famiglia ci troviamo davvero bene, tanto che volevo pure aprire una scuola calcio ma la pandemia si è messa in mezzo. È però un progetto che è sempre lì nel cassetto, come molti altri tra cui ad esempio il corso per diventare allenatore o scout. In questo senso spero che il Lugano mi darà la possibilità di rimanere legato al club anche una volta chiusa la carriera agonistica. In caso contrario, troverò altre strade, ma l’intenzione è rimanere qui a lungo».
In una società che dal suo arrivo nel 2012 è «cambiata moltissimo, per far capire posso raccontare il giorno della firma del contratto: quando arrivai negli uffici del club erano presenti solo Emanuela (Fuoco, ndr) che si occupa della contabilità, il direttore sportivo di allora Francesco Grillo e il presidente Angelo Renzetti, mentre oggi in quello stesso ufficio ci lavorano decisamente più persone. Stesso discorso per lo staff tecnico, passato da 3-4 elementi a più di dieci. Ma in generale la società è cresciuta in tutti gli ambiti e lo sta ancora facendo, penso ad esempio alla costruzione del nuovo stadio che farebbe compiere un ulteriore salto di qualità al club. Spero, anzi credo che si farà e spero di riuscirci a giocare prima di chiudere la carriera».
Il che vuol dire rinnovare un contratto in scadenza nel 2022… «A volte scherziamo con i dirigenti e butto là che io sono pronto a rinnovare, ma sono anche consapevole che il calcio si vive nel presente, quello che c’è stato è stato bello ma oggi sono io a dover dimostrare di essere ancora in forma e a convincere che c’è ancora tanto Sabbatini da dare a questa maglia».
Un eventuale rinnovo potrebbe anche permettere al centrocampista che possiede pure il passaporto italiano di compiere un ulteriore passo nella storia dell’Fcl, ossia raggiungere René Morf a quota 342 presenze in bianconero in vetta alla speciale classifica… «Metto sempre al primo posto gli obiettivi della squadra rispetto a quelli personali, ma non nascondo che sarebbe un bel traguardo e che raggiungerlo rappresenta un ulteriore stimolo per me. Rimanere nella storia di un club, a maggior ragione nel calcio di oggi in cui i giocatori cambiano spesso squadra, sarebbe il massimo. Anche perché significherebbe raggiungere un grandissimo giocatore del Lugano come Morf. Per farlo già nella prossima stagione però dovrei giocare tutte le partite di campionato e dovremmo andare lontano anche in una Coppa. Lo spero, ma sarà difficile, per cui cercherò di rimanere in forma e di ottenere un rinnovo del contratto. E conoscendo il presidente, so che se lavorerò bene andrà in questo modo».
A proposito di Angelo Renzetti, quando Sabbatini sbarcò a Cornaredo nell’agosto 2012, l’imprenditore locarnese era già il numero uno della società e lo è rimasto fino a oggi, anche se la cessione sembrerebbe essere più vicina che mai – due cordate avrebbero sottoposto al “Près” delle offerte concrete e con una ci sarebbe persino un accordo di massima –. Ma il capitano riesce a immaginare un Lugano senza Renzetti? «Sinceramente no, il près ha fatto davvero tantissimo per questa società e per noi giocatori, per me in primis. Con lui ho un ottimo rapporto, siamo sempre in contatto e ogni volta che ne abbiamo l’occasione parliamo. Negli ultimi anni abbiamo sentito spesso dire che stava per vendere ma non è mai capitato, per cui finché non lo vedo non ci credo. E se dovesse accadere ammetto che, pur comprendendo che a volte oltre che al cuore bisogna anche badare ad altro, mi dispiacerebbe molto, ma allo stesso tempo sono sicuro che farebbe in modo di lasciare la società in buone mani e magari a qualcuno che potrebbe farle fare un ulteriore salto di qualità».
Tra le figure che hanno segnato più di altre l’avventura luganese di Sabbatini c’è anche un suo compagno di squadra con il quale, secondo il sito transfermarkt.com (dal quale abbiamo anche estrapolato i altri dati elencati in precedenza), ha condiviso il campo in 172 occasioni, più che con chiunque altro nella sua carriera: Mattia Bottani... «Pensa te, quando andiamo in trasferta condividiamo anche la camera e avrei una marea di aneddoti da raccontare, ma forse è meglio di no. Scherzi a parte, Mattia oltre a essere molto in gamba, è una persona aperta, sempre sorridente e pronta a scherzare, con la quale mi sono trovato a meraviglia sin dal primo giorno, tanto che si è rapidamente creato uno splendido rapporto. E questo si vede anche in campo, perché quando giochiamo assieme ci troviamo con naturalezza e ci intendiamo senza parlarci. Quando invece non c’è si sente subito, per me è il giocatore più importante della squadra e il fatto che sia proprio di Lugano è un valore aggiunto. Abbiamo anche scherzato sul fatto che un giorno potrebbe raggiungermi per numero di presenze in bianconero (il 29enne numero 10 è a quota 235, ndr), ma gli ho già detto che gliela farei pagare cara».