Rinviata Lugano - Young Boys. Michele Campana: 'Se il Governo vuole che lo sport prosegua deve garantirci le condizioni quadro'
Lugano - Young Boys di domenica 1º novembre è rinviata a data da destinarsi. L'attesa decisione della Swiss Football League, dopo i due casi di positività e le sei quarantene tra i bianconeri, è giunta ieri nel primo pomeriggio, ma che i campioni svizzeri non sarebbero scesi a Cornaredo era diventato chiaro subito dopo i risultati dei test, con Osingwe positivo al fianco di Bottani, e Oss, Sabbatini, Baumann, Odgaard, De Queiroz e Jovanovic costretti all'isolamento... «Nel complesso, ci è ancora andata bene – commenta Maurizio Jacobacci –, perché al di là di Bottani e Osigwe tutti gli altri possono continuare ad allenarsi, per quanto all'interno di una bolla, quindi in modo separato. Di questo dobbiamo ringraziare il medico cantonale Giorgio Merlani, perché altre realtà della Super League, penso ad esempio al Vaduz, sono messe molto peggio, con il confinamento dell'intera squadra».
Il Lugano, dunque, dovrebbe tornare in campo sabato prossimo a Losanna. Il condizionale, però, è d'obbligo, alla luce dei sempre più numerosi casi di positività riscontrati nello sport. Una situazione che non può non preoccupare il direttore generale bianconero Michele Campana... «Rispettiamo le decisioni delle autorità sanitarie, per quanto il club si sia attenuto rigorosamente a quanto riportato nel concetto di protezione a suo tempo approvato. È però chiaro che a queste condizioni ben difficilmente si potrà andare avanti a lungo. Il Governo spinge affinché si prosegua la competizione perché non vuole metterci al beneficio del lavoro ridotto e punta giustamente a evitare un altro lockdown totale, ma per andare avanti occorrono le condizioni quadro. Stiamo camminando sulle sabbie mobili, ogni volta che un giocatore ha un raffreddore restiamo sul chi vive per due giorni, se qualcuno risulta positivo perdiamo tre o quattro giorni di lavoro: l'incertezza è davvero troppa. Quando in un weekend ci ritroviamo ad avere una sola partita di Super League (Sion e Vaduz erano già in quarantena, mentre oltre a Lugano - Yb è stata rinviata anche Servette - Zurigo per la positività di otto ginevrini, ndr) occorre davvero porsi delle domande».
C'è un peccato originale in tutta questa situazione... «Ed è rappresentato dalla mancanza di un protocollo che tuteli il prosieguo del campionato e che tratti in maniera differente alcuni sportivi professionisti, in particolare quelli di calcio e hockey. È assolutamente prioritario giungere a una soluzione condivisa da tutti i medici cantonali, in modo da poter attuare, in caso di positività, la cosiddetta quarantena light, con la quale vengono isolati soltanto i casi positivi, mentre tutti gli altri possono proseguire a svolgere la loro attività. Anche perché nessuno sa quanto forte e quanto lunga sarà questa seconda ondata. Da parte nostra c'è la ferma volontà di portare a termine tutte e 36 le partite, di rispettare i contratti con gli sponsor, con le televisioni e anche di accettare l'assenza del pubblico, ma per poter andare avanti dobbiamo ricevere una contropartita. E l'unica certezza è rappresentata da un protocollo chiaro».
Protocollo che, a dire il vero, sembrava essere stato trovato già prima dell'inizio del campionato... «Il problema è che la Lega ha fatto i conti senza l'oste. L'inghippo è legato al federalismo e alla legge sulle pandemie. Nelle situazioni particolari, le competenze spettano ai cantoni e l'Ufficio federale della sanità pubblica non può imporre ai medici cantonali una visione unicova. La fregatura, però, è che quando si arriva alla situazione straordinaria, come era stato il caso in primavera, si è già in una condizione di lockdown, con tutte le attività ferme, calcio compreso. Manca una via di mezzo e credo che se questa via non è stata trovata, significa che chi sta ai vertici non ha svolto bene i suoi compiti».
Sta alla Swiss Football League, insomma, prendersi carico del contesto... «Capisco che sia molto difficile trovare delle soluzioni, in caso contrario il problema sarebbe già stato risolto. La pandemia è in continua evoluzione e forse in estate ci eravamo illusi troppo presto che il peggio fosse alle spalle. Dal profilo etico, come da quello finanziario, sarebbe impensabile costringere i giocatori a vivere nella bolla di un hotel, oppure sottoporli a continui test come viene fatto in altre realtà: l'unica strada percorribile è quella di trovare un accordo per una quarantena light, con le buone o con le... cattive».
Vale a dire? «Bisogna spingere chi siede nelle posizioni di vertice ad approvare un protocollo soft per gli sportivi professionisti. Nei prossimi giorni qualcosa dovrà per forza accadere, i club discuteranno tra di loro per capire verso quale direzione muoversi. Probabilmente è giunto il momento di fare pressione sul Consiglio federale, sperando in un'unione di intenti – fino ad ora realizzatasi – tra il mondo del calcio e quello dell'hockey: volete che l'attività continui, non ci concedere aiuti diretti, ci permettete di contrarre debiti (un aiuto sì, ma solo fino a un certo punto), cercate evitare un lockdown, ma allora dovete venirci incontro e trovare una soluzione ad hoc. In caso contrario ci ritroveremo ogni settimana con una partita su cinque in calendario, con un danno enorme che andrebbe ad aggravare ancor di più una situazione finanziaria già precaria. Stiamo camminando su un filo e ci rendiamo conto, alla luce dei tassi di infezione e di una percentuale di positività vicina al 30%, che il contagio di giocatori diventa praticamente inevitabile, nonostante la rigida attuazione dei protocolli di sicurezza. Siamo a un bivio: o lo sport prosegue, oppure si ferma. Ma se deve proseguire, occorre accettare che i professionisti di determinati campionati non vengano trattati come un normale cittadino».
La Lega di hockey ha fatto sapere che fino a dicembre l'attività andrà avanti. La Swiss Football League non ha per ora preso posizione... «Si tratta di due sport che vivono in un contesto differente. L'hockey è poco influenzato da calendari e federazioni internazionali e quest'anno è pure stata annullata la Champions League, per cui le decisioni possono essere prese in maniera autonoma. Il calcio, invece, è confrontato con un calendario internazionale molto fitto, con un mercato che apre e chiude in date precise, con una Uefa impegnata a cercare di coordinare il tutto affinché non vi siano federazioni che decidano di interrompere da un giorno all'altro i loro campionati, causando un danno a tutto il sistema calcio. Si tratta di situazioni chiaramente diverse».
L'ultima parola al tecnico maurizio Jacobacci... «È importante che il campionato prosegua. Non dobbiamo lasciarci terrorizzare dal virus, nonostante tutte le brutte notizie che ci stanno piovendo addosso. Lo sport svolge anche una funzione terapeutica per tutti coloro che amano questa o quella disciplina. Un blocco delle attività rischierebbe di portarli verso la depressione».