Calcio

'Questo non è più il piccolo Thun'

Matteo Tosetti e le ambizioni di una squadra che ha chiuso l’andata al terzo posto. E che questa sera, neve permettendo, arriverà a Lugano.

2 febbraio 2019
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Squadra avvisata, mezza salvata: dopo un inizio di stagione difficile, Matteo Tosetti ha chiuso il girone d’andata in progressione ed è pronto a ripartire a tutto gas per portare il suo Thun il più in alto possibile... «La scorsa estate avevo pagato lo scotto emotivo della nascita di mia figlia Noemi. Era un sogno diventato realtà, ma pure un periodo di grande stress, durante il quale non riuscivo a dormire a sufficienza. Un prezzo da pagare che avevo messo in conto e del quale avevo discusso anche con la società, la quale si era comportata, come sempre, in maniera signorile. Adesso la situazione è sensibilmente migliorata, la bimba dorme, io ho chiuso l’andata in crescendo e sono pronto per un ritorno da protagonista». Il Lugano, dunque, è avvisato: il Thun contro il quale inaugurerà il 2019 è un avversario ambizioso, autore di una prima parte di campionato che lo ha portato a -2 dal Basilea, a +9 sul Lugano e a +11 sulla riga... «Fino ad ora abbiamo disputato un campionato al di sopra delle aspettative. Fa piacere, perché è strano vedere il Thun così in alto, ma non si tratta di un risultato casuale. È frutto di un’importante continuità di lavoro, della fiducia riposta sia nello staff, sia nei giocatori, di un gruppo consolidato al quale durante il mercato estivo vengono apportati pochissimi cambiamenti, ciò che rende più agevole l’innesto dei nuovi arrivi». A Thun, insomma, le qualità di un calciatore trovano il tempo di fiorire, nessuno viene bocciato nel breve lasso di sei mesi... «È una filosofia che sposo in pieno. Quando sono arrivato a Thun ho faticato ad inserirmi, ma la società mi ha sempre sostenuto, cercando di capire perché la mia integrazione tardasse ad arrivare. E a poco a poco le cose sono migliorate. È stato il mio percorso, così come quello di altri miei compagni. Qui un calciatore trova tutto ciò di cui necessita: fiducia, pazienza, sostegno, tempo di gioco. Aspetti che in altri club non è scontato incontrare. Certo, la filosofia è in un certo modo forzata dalla necessità di porre grande attenzione all’aspetto finanziario, per cui non è pensabile spendere come se non ci fosse un domani. Ma è una politica che paga. Noi in estate-autunno abbiamo compiuto un passo nella giusta direzione, ma non sarà facile confermare quei risultati, proprio perché siamo andati oltre le aspettative. Adesso occorre cambiare mentalità: non dobbiamo più giocare soltanto per non perdere, come fossimo ancora il piccolo Thun, con l’unico obiettivo rappresentato dalla salvezza. Spero che nella testa dei giocatori faccia capolino maggiore convinzione. Possiamo andare a cercare qualcosa di importante: forse arriverà, forse no, ma ci possiamo pro­vare». Il terzo posto in classifica non ha indotto la società a voli pindarici... «Il nostro unico obiettivo è rappresentato dalla permanenza in Super League, risultato di fondamentale importanza per garantire la sopravvivenza del club. Noi giocatori lo vogliamo raggiungere il più presto possibile, per poi lasciarci sorprendere da quanto ci potrà offrire il finale di stagione. Ma tutto rimane molto aperto, non ci consideriamo salvi così come non ci riteniamo in Europa League. Siamo appena a metà del cammino, rimangono 18 partite e un percorso molto lungo da compiere. Tutto può ancora cambiare, a maggior ragione nel campionato svizzero, diviso di fatto in due tornei distinti a causa della lunga pausa invernale». Due parole, infine, sulla lunga e spesso stressante fase di preparazione invernale... «Come sempre l’abbiamo trascorsa in Svizzera. E come sempre lo staff ha inserito tre giorni di “team building”, stavolta a Grindelwald. Ne abbiamo approfittato per consolidare ciò che di buono è stato fatto e cementare l’intesa all’interno del gruppo». Mercato invernale... «Per ora non si è mossa foglia. La finestra rimarrà aperta fino a metà febbraio, per cui non posso assicurare che non vi saranno movimenti. È però sicuro che a Lugano ci presenteremo al completo». Squadra avvisata...

Dieci anni fa in Nigeria...

24 ottobre - 15 novembre: il prossimo autunno saranno trascorsi 10 anni da quelle tre settimane del 2009 che regalarono alla Svizzera il titolo mondiale U17. E in Nigeria, Matteo Tosetti c’era! «Se dovessi fare mente locale, ripensare a tutte le emozioni di quei giorni e dei mesi successivi, alle avventure, alle stagioni non sempre positive, mi verrebbe da dire che sotto i ponti di acqua ne è passata tanta. Sono cresciuto e maturato parecchio, come giocatore e come uomo. Sono trascorsi 10 anni e ciò mi fa capire come non me ne restino tantissimi da calciatore... Sono ricordi indelebili, penso spesso a quell’avventura, a volte mi tornano in mano le fotografie di quei giorni... È qualcosa di speciale, che rimarrà sempre nei nostri cuori». A quel Mondiale Tosetti aveva giocato poco (18’ nella semifinale vinta 4-0 contro la Colombia). Eppure, pochi suoi compagni (Xhaka, Rodriguez e Seferovic su tutti) possono affermare di avere avuto una carriera più brillante... «All’epoca non ero pronto fisicamente. Ho avuto bisogno più tempo, forse in quel momento tutto era andato troppo veloce. Non avevo le spalle larghe a sufficienza e l’ho pagato. Il percorso per tornare in Super League, dopo la gavetta, è stato abbastanza complicato, ma ho sempre creduto in me stesso, sicuro che un giorno mi sarei preso la rivincita». L’aver giocato poco ha forse tolto un pizzico di pressione... «Forse è stato un vantaggio, perché a ben guardare in molti di quella squadra hanno già smesso di giocare. Io ho preso quel successo come punto di partenza e non d’arrivo. Magari c’è chi ha speculato sul fatto che bastasse un Mondiale per trovare una grande squadra: ma eravamo giovani e le aspettative nei nostri confronti molto alte. C’è chi ha fatto scelte giuste, chi ha fatto scelte più azzardate e le ha pagate. Fa parte del gioco». Il rossocrociato rimane indelebile nella mente di Tosetti: quello del 2009, ma anche quello futuro... «Penserò alla Nazionale fino all’ultimo giorno della carriera. È un sogno e farò di tutto affinché si realizzi. Gli anni passano, ma almeno un’amichevole con quella maglia continuo a sognarla...»