Anche se i Tigers rendono la vita dura all’Olympic Friborgo, giocando una partita più che buona
È un weekend nero per le tre formazioni ticinesi di Lega Nazionale A. Sabato, il Riva è stato schiantato dall’Hélios (46-77) e la Spinelli ha perso a Monthey (85-80), mentre ieri i Tigers nulla hanno potuto contro la capolista Olympic, partita chiusa sull’82-93.
Cominciamo dalle signore, che nella partita più moscia di tutta la stagione hanno lasciato alle vallesane l’opportunità di maltrattarle. È vero che le ospiti avevano tre straniere anziché due, è vero che la Nelson era su un pianeta tutto suo, in un viavai dal campo alla panchina più l’estraneità in campo, ed è vero che la Smalls era solo alla seconda gara, però questo non giustifica un atteggiamento in campo per nulla determinato e aggressivo, che è sempre stata un’arma importante delle momò. Le cifre fanno da corollario a quanto appena detto: le straniere del Riva han totalizzato 29 punti, 9+20, con 4/11 la Nelson e 7/20 la Smalls, mentre le due americane dell’Hélios sono arrivate a 37 punti (6/13 la Kane e 6/10 la Turner), più i 12 della serba Radulovic. E le svizzere? Le rivensi han messo 17 punti, le ospiti 28. Se aggiungiamo l’1/10 da 3 per il Riva e il 9/24 per le vallesane, ecco spiegato il divario, aggiungendoci il 37-46 ai rimbalzi e il 18-16 quanto a palle perse. Il Riva ha tenuto per 5 minuti (9-7), poi ha cominciato ad affondare con uno 0-8 in 3 minuti. Un divario che dai 7 punti alla prima pausa è salito a 19 a metà gara (20-39), fino ai 37 punti sul 37 a 74. Una sconfitta che deve far ragionare tutti sui motivi di tanta abulicità, per far sì che il Riva torni a essere la squadra gagliarda delle scorse stagioni.
La Spinelli, dal canto suo, è uscita sconfitta anche da Monthey con un quarto tempo da incubo. Infatti al 5’, con la tripla di Martino, la Sam era sul 60-68, ma a 57” dalla sirena il Monthey guidava sul 79-71, con un parziale di 19-3 che non trova riscontri logici se non in una completa anarchia in campo, con errori a non finire e una difesa senza carattere: la ricucitura fino a 81-77 con le triple di Solcà e Humphrey non ha portato che ai logici falli, che il Monthey ha capitalizzato sino alla fine, con 34 punti subiti in 10 minuti. Eppure la gara era cominciata sui binari dell’equilibrio, arrivata al 10’ sul 19-14. Ancor più equilibrato il secondo quarto, a favore dei vallesani per 19-18. Poi nel terzo quarto i massagnesi hanno rifatto superficie, trovando la parità dopo 2 minuti a quota 40, con 3-8 di parziale. Quindi un ulteriore 5-0 (40-45) e poi a braccetto sino alla tripla di Martino allo scadere (51-58), prima del finale già descritto, dopo i primi cinque minuti in perfetto controllo delle… distanze. Una sconfitta che brucia, perché relega la Sam al settimo posto, fuori dagli spareggi per la Coppa della Lega.
I Tigers, infine, al netto delle scelte di Petit, senza Dell’Acqua, Kovac e Martin e con Bramah al posto di Offurum, facendo continue rotazioni con 10 giocatori, hanno giocato una partita più che buona, ma purtroppo, ancora una volta, la pochezza di Maring, malgrado i 13 punti e gli 8 rimbalzi (ben 4 palle perse e uno stupido fallo tecnico) ha limitato la forza bianconera sotto canestro. Però, Jurkovitz e compagni hanno giocato un buon basket per 40 minuti, senza mai demordere, neanche sotto di 20 punti, e pur con Ballard in panca per una decina di minuti e altri cinque senza Hopkins. Per Maring, 28 minuti di nulla o quasi. La partita ha visto l’equilibrio spezzarsi subito dopo il 5-0 iniziale, con uno 0-11 per gli ospiti al 5’ (chiusura di tempo sul 22-27). Nel secondo quarto, dal -13 i Tigers sono risaliti sino a -4 (37-41 al 7’), prima di chiudere sul 44-49. L’entrata di terzo quarto è stata micidiale, e grazie a 3 palle perse e pasticci vari l’Olympic ha piazzato un 4-17 (48-65 al 5’), per un parziale nel quarto di 14-27, con ben 7 palle perse, per il 58-76. Nell’ultimo quarto un ulteriore recupero fin sul 71-83 al 4’, poi Petit ha rimesso il quintetto base per chiudere sull’82-93 una bella gara, con il Lugano che non ha mai smesso di crederci, mostrando buone cose col passare del tempo.