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‘Nessuna squadra in A, ma puntiamo sulla formazione’

Il Basket Club 79 Arbedo ha chiuso la stagione del suo 45esimo anniversario su note altisonanti. Athos Ottini: ‘La ricetta è il clima familiare’

13 luglio 2024
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Due Coppe Ticino, un campionato, le ‘finals’ di Conference Est U14 (sinonimo di 1/4 nazionali) nonché l’ultimo atto delle Final Four U16 sempre fra i confini elvetici. Una stagione da incorniciare per il Basket Club 79 Arbedo, fondato 45 anni fa dalla passione di alcuni giovani della regione. La competizione non è comunque «nodale: la componente ricreativa e la formazione sono il nostro fulcro», afferma il presidente Athos Ottini. Dal parquet alla quotidianità. Le competenze acquisite in ambito sportivo «possono essere traslate in altri contesti, educativi o sociali». Non può dunque stupire il cospicuo settore giovanile, ben 200 tesserati da suddividere in dodici squadre. «Una cifra in graduale aumento e, di conseguenza, la base rimane abbastanza solida». A fedele dimostrazione che ancora oggi la pallacanestro riesce a entusiasmare il Canton Ticino, e non soltanto in campo maschile. «Non bisogna infatti dimenticare l’apporto delle bambine; conclusa la trafila da noi, chi desidera si trasferisce a Bellinzona secondo un decennale accordo tacito». La ricetta del BC79 è l’ambiente familiare. «Chi dismette i panni di giocatore, spesso, s’impegna in altre funzioni. Da membro di comitato a ufficiale, sino a ricoprire il ruolo di allenatore. E, ciò, costituisce l’identità della società... Il sottoscritto non ci sarà in eterno, dunque il testimone dovrà essere rilevato da qualcun altro così da mantenere viva questa realtà» e la sua filosofia.

Una filosofia sposata dal responsabile tecnico Antonio Visciglia, formatosi a Cantù. Il curriculum parla da solo e, grazie alla sua esperienza, «è stato possibile trovare costanza di risultati. L’intento è di focalizzare maggiormente l’attenzione sui fondamentali, e ciò si traduce in una crescita del singolo in termini cestistici e soprattutto umani. Non dimentichiamo nessuno, anzi, cerchiamo di ‘ricavare’ il miglior giocatore possibile da ogni ragazzo – cardine del progetto. Questa è la nostra prerogativa. I trofei sono importanti, beninteso. A tutta la società preme comunque l’evoluzione del movimento ticinese». Non a caso alcuni prospetti sopracenerini oggi militano nel massimo campionato rossocrociato e/o in Nazionale. Ad esempio il maggiore dei fratelli Mladjan, Dusan. Nato e cresciuto fra il campetto delle Semine (rione di Bellinzona) e quello delle scuole medie di Castione, il fromboliere di origine serba è infatti stato accolto più di 25 anni or sono da Athos, definito una persona squisita, e dall’ex presidente Patrizio Maggetti. «Ho avuto l’onore di giocare in questo club, che ritengo sano e familiare. Il clima è cordiale, amichevole. Non trascura inoltre l’aspetto scolastico. Il BC79 è senz’altro fra i migliori centri formativi cantonali, forse addirittura nazionali». Un’attestazione di stima importante. L’attaccamento fra la famiglia Mladjan e il sodalizio è ancora ben saldo: come il fratellino, Marko, anche i figli del 37enne stanno seguendo le sue orme difendendo questi colori. «Non ricorda nessuno, ma qui ho conquistato il titolo di Seconda Lega. I reclutatori dei Tigers mi hanno così notato e, all’età di 15 anni e mezzo, ho esordito fra i grandi. Arbedo mi ha offerto la possibilità d’iniziare la mia carriera professionistica e ne sono molto fiero».

Da trampolino di lancio

Un inizio simile a quello di Simone Togni. Non ancora diciottenne, quest’anno ha esordito fra i professionisti grazie a... Massagno. «Ho approfittato dell’occasione cercando di ‘carpire’ qualche trucchetto all’appena citato Dusan e Yuri Solcà, su cui mi sono focalizzato così da costruire il mio gioco». Il passaggio, il tiro e il palleggio «sono comunque aspetti che ho affinato tra le fila dell’Arbedo: attacco, sì, ma preferisco essere altruista». Un’umiltà che traspare altresì parlando di nazionale, sogno considerato irraggiungibile a breve termine. Come accennato subito in entrata, il club sopracenerino funge da rampa di lancio; permette a chi maggiormente attrezzato di farsi strada nei differenti campionati nazionali, continentali o internazionali. È stato ad esempio il caso di Ivan Tanackovic, ora in pianta stabile nella Spinelli Massagno e anche lui formatosi nei biancoverdi. «Il settore giovanile del BC79 non è affatto da sottovalutare – rincara Simone –. Qui, infatti, non esiste la pressione. L’assillo soffocante del risultato. Non bisogna tuttavia mai rinunciare ai propri sogni. La pallacanestro deve rimanere un piacere, ma, impegnandosi a fondo e ascoltando il parere dello staff tecnico, si registreranno miglioramenti cestistici nonché umani». Una serie di principi che, da poco, ha iniziato a trasmettere alle giovani leve in qualità di allenatore in seconda. «Nel corso di questi ultimi anni sono maturato parecchio, ad esempio, ho imparato a essere più responsabile. E, perciò, mi piacerebbe abbracciare nuove sfide intraprendendo un’esperienza fuori dai confini rossocrociati».

Giovani, ma già nell’orbita della Nazionale

Un’esperienza già intrapresa da Julija Matic nel college sportivo di Belgrado, città «che desideravo conoscere. Qui è possibile affinare le proprie capacità senza dimenticare l’aspetto formativo, perciò ho preso la palla al balzo trasferendomi» in terra balcanica. Cacciata la malinconia da mamma, papà, fratello e sorelle, a cui è molto legata, la cestista è riuscita sin da subito a integrarsi. «E, grazie alle competenze acquisite nella sezione femminile della Stella Rossa, la mia pallacanestro è migliorata. Concluso il terzo anno, l’idea ora è di ultimare le superiori». Una giocatrice interessante già entrata nel giro della nazionale U20. Questo fine settimana è tornata dunque a risplendere in rossocrociato in occasione dell’Europeo (divisione B) di categoria di Sofia. Lei che ha iniziato a saggiare il parquet di Arbedo da piccolina così da emulare il fratello Geo, oggi capitano di quel Koledz laureatosi campione del torneo internazionale Basketimeout di Bellinzona. Il club sopracenerino «occupa un posto speciale nel mio cuore, rimane il preferito di tutta la mia famiglia. E, infatti, tuttora una delle mie sorelline difende questi colori». La speranza di Julija è di raggiungere il professionismo. Una carriera è fatta sì di pressioni, che, confida, non ama eccessivamente, ma pure di soddisfazioni. Com’è ultimamente capitato a Matteo Mussi, da ormai tre anni nell’organico dei biancoverdi. Il motivo? Ha ricevuto una chiamata dalla selezione U14. «Un’emozione incredibile! Credevo di averne le qualità, ma qualche insicurezza era affiorata in occasione del penultimo turno di campionato. Un match disputato sottotono, in cui non ho espresso tutto il mio potenziale». Da poco quattordicenne, eppure già dedito alla causa. Il successo, d’altronde, non ammette sbavature. «È stato indubbiamente arricchente indossare la canotta rossocrociata». Un’esperienza che si ripeterà questo mese, dal 22 al 26 luglio, durante il camp estivo in programma in quel di Macolin.

Un legame per tutta la vita

Simone, Julija e Matteo sono esempi da seguire, come dimostrano i giocatori della U12 allenata da Giacomo Ottini e Alessandro Zichella. «Quest’anno è stato un susseguirsi di esperienze fantastiche: abbiamo letteralmente dominato il campionato, salvo ‘desistere’ in finale. Un risultato eccezionale, ancor più eccezionale considerando il fatto che la stragrande maggioranza della squadra debuttava in questa categoria». Non è comunque finita qui, perché le attività extra non sono mancate. Anzi. Da tornei di respiro internazionale fino a collaborazioni transfrontaliere, segnatamente Olimpia Milano (che, puntualizza soddisfatto, hanno sconfitto) e Cermenate. «Non a caso due nostri ragazzi hanno catturato l’interesse di alcuni reclutatori dei meneghini, scendendo addirittura in campo a fianco dei biancorossi. Ci siamo finalmente affermati e contraddistinti anche fuori dai confini elvetici. Non avremo una compagine nella massima serie, ma il nostro impegno non è da meno». Un’esperienza impensabile fino a qualche anno or sono, possibile soltanto grazie alla lungimiranza di Athos e soci. «Dall’ammirare l’Olimpia in televisione, siamo passati a duellarci alla pari e persino essere selezionati da loro. È impegnativo! Non abbiamo infatti weekend liberi da settembre a metà giugno, però queste soddisfazioni ripagano di qualsiasi fatica. La felicità di ogni singolo ragazzo appaga più di una serata in discoteca». Una scelta, quella d’impegnarsi a titolo volontario, oggi decisamente poco usuale. Alessandro, e come lui altri giovani della zona, sono parte integrante del BC79 Arbedo. Un perno, un’ossatura ben salda. «La pallacanestro è amore, passione, qualcosa da trasmettere alle nuove generazioni. Non solo parlando di fondamentali, di tecnica e tattica». Da ex giocatore abbonato ai cinque falli, confida scherzosamente, ora cerca di spiegare disciplina e fair play. «L’atteggiamento e, soprattutto, il concetto di squadra contano più di qualsiasi strategia. Nell’orbita sportiva regna l’agonismo. C’è sempre qualcuno che spicca o che, magari, non apprezza le nostre decisioni». Quel compagno di mille peripezie rimarrà comunque nodale. «Le amicizie che nascono in campo, e posso confermare per esperienza, durano tutta una vita. Non mancano screzi, eppure le persone a me più care – esclusi gradi di parentela – sono legate proprio a un campetto e una palla ornata da spicchi». Il motto 1, 2, 3 Arbedo... 1, 2, 3 famiglia ben si addice dunque.