ATLETICA

Mani pesanti e parole leggere

Fabio Truaisch ai Mondiali di Budapest quale fisioterapista in casa Nike: ‘Occorre saper interagire con gli atleti, non solo lavorare sui loro muscoli’’

5 settembre 2023
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Dalle nevi di Wengen e Kitzbühel allo Stadio nazionale di atletica di Budapest, il passo può sembrare lungo. Non lo è per Fabio Truaisch, fisioterapista di Malvaglia da anni attivo per Swiss-Ski, che si sta ritagliando un suo spazio anche in quella che è la disciplina regina delle Olimpiadi. Dopo i Mondiali 2022 a Eugene (Stati Uniti), Truaisch è stato richiamato dalla Nike per far parte del team di fisioterapisti incaricati di prendersi cura dei muscoli milionari degli atleti facenti capo al marchio dell’Oregon. «Ho lavorato da mercoledì a domenica, vale a dire nella seconda metà della settimana iridata. E devo dire di essermi divertito, anche più della prima volta. Nonostante 15 anni di attività con Swiss-Ski, a Eugene avevo affrontato per la prima volta il mondo dell’atletica. Era tutto nuovo e mi sono dovuto adattare a una routine alla quale non ero abituato, tanto che alla fine la manifestazione me l’ero goduta soltanto in minima parte. Questa volta, per contro, ero già rodato, sapevo a cosa andavo incontro e mi sono divertito ancora di più».

Per la Nike, un anno fa era stato tutto più semplice, giocava letteralmente in casa, mentre a Budapest ha dovuto allestire tutto partendo da zero… «Noi eravamo alloggiati a metà strada tra la Nike Hospitality e lo stadio. E, come al solito, il marchio dell’Oregon ha fatto le cose in grande, trasportando una montagna di materiale direttamente dagli Stati Uniti. Ha installato il suo campo base in una fabbrica dismessa, allestendola tutta in modalità Nike. Era come trovarsi in un angolo di Stati Uniti. L’hospitality era divisa in due settori ben distinti: il primo destinato alla mensa per gli atleti, ai loro manager, ai festeggiamenti in caso di medaglie, il secondo riservato a fisioterapisti, medici e atleti. Inoltre, siccome l’hospitality chiudeva alle 16, avevamo a disposizione un appartamento nel quale potevamo lavorare con gli atleti impegnati nelle competizioni serali. Tutto è stato organizzato nei minimi dettagli, per dare la possibilità all’atleta di essere il più rilassato possibile e, di conseguenza, di offrire la migliore prestazione possibile. E lo dice uno abituato a lavorare con Swiss-Ski, una federazione dagli standard già molto elevati».

Il lavoro di un fisioterapista nel mondo dello sport di alto livello, non si limita alla manipolazione di muscoli, tendini e articolazioni, ma richiede pure grande sensibilità a livello umano per poter interagire con ragazzi dalle sembianze di superuomini, ma che spesso superuomini non sono… «Per quanto riguarda l’aspetto fisico, a un appuntamento come i Mondiali l’atleta arriva al top della sua potenza sportiva, con una preparazione molto dettagliata e un corpo messo sotto grande pressione. Tuttavia – e può apparire paradossale – proprio per questi motivi il suo fisico è fragile, soggetto a eventi traumatico-lesivi per nulla rari in questo genere di manifestazioni. Oltre a tutto ciò, vi è l’aspetto mentale. Uno dei primi insegnamenti ricevuti a Swiss-Ski recita “fai attenzione a ciò che dici, perché una volta detto non lo puoi più ritirare”. A volte può bastare una parola sbagliata da parte nostra per minare la fiducia che un atleta nutre nel suo corpo, con importanti conseguenze sulla prestazione sportiva. Occorre capire cosa dire, come dirlo e quando dirlo. Nel pre-gara di norma si tende a essere rassicuranti».

Ogni disciplina sportiva ha le sue peculiarità, quelle dello sci non necessariamente sono simili a quelle dell’atletica… «Nell’atletica ci si focalizza molto di più sulla biomeccanica, sul movimento di tutte le articolazioni del corpo, perché il malfunzionamento di una caviglia può causare un problema a una spalla e viceversa. Ad esempio, a Eugene nella zona del warm up avevamo avuto una lunga discussione con Marie-Josée Ta Lou sull’opportunità di disputare i 200 metri, in quanto menomata da una capsulite alla spalla. Alla fine aveva deciso di rinunciare, non per la spalla in quanto tale, ma piuttosto per evitare che la mobilità limitata dell’articolazione le procurasse un infortunio muscolare alla coscia. L’attenzione a questi aspetti, nell’atletica è portata all’estremo».

Lavorare in un team internazionale garantisce l’opportunità di nuovi contatti personali e professionali… «Così come gli atleti arrivano al massimo del loro potenziale, allo stesso modo tutto quanto gira attorno a una manifestazione come il Mondiale propone il meglio dei singoli ambiti professionali, dalla tecnologia a idee e metodologie innovative a livello medico. Ho avuto la possibilità di confrontarmi con nuovi ragionamenti clinici, con nuove terapie. In Ungheria ho fatto parte del team di Simone Collio, ex centometrista italiano e ora fisioterapista di punta nel circuito dell’atletica. Godevo di ampia libertà decisionale, ma nei casi in cui si rendeva necessario un consulto, l’ultima parola spettava a Simone. Questo mi ha permesso di avere un interscambio molto arricchente dal profilo professionale. Tra l'altro, nell’atletica si lavora molto con Wintecare, un apparecchio che favorisce la rigenerazione dei tessuti e del quale gli atleti fanno sempre più richiesta. Personalmente, sono sempre stato scettico sull’uso di macchinari, in quanto ritengo che un fisioterapista debba lavorare soprattutto con le sue mani. Tuttavia, utilizzo Wintecare da due anni e ne constato i benefici sui pazienti. Nel concreto, nello sci ha migliorato la vita di Marc Rochat, soggetto a mal di schiena, il quale si è qualificato per i Mondiali e ha preso parte alle finali di Coppa del mondo».

A proposito di sci, l’inverno si sta pian piano avvicinando… «E io sono pronto a tornare in pista, da metà novembre con le prime gare di Coppa del mondo». Aspettando un’altra estate e, chissà, una possibile chiamata per le Olimpiadi di Parigi… «Chissà?...».