Roby Rolfo torna sull’esito del Motomondiale 2024, archiviato domenica con Martin incoronato nella MotoGp. Le Sprint? ‘Un valore aggiunto’
Ventitré anni dopo Valentino Rossi, ecco Jorge Martin. Il primo pilota da lunga pezza a vincere il Mondiale di MotoGp con una moto di un team indipendente. Un’impresa nell’impresa, quella del 26enne di Madrid, che domenica a Barcellona ha completato l’opera chiudendo al terzo posto l’ultima prova della stagione 2024. A Francesco Bagnaia non è dunque riuscito il sorpasso in extremis per andare a prendersi il terzo titolo iridato consecutivo. Vincere l’ultima gara stagionale (e la Sprint della vigilia) non è bastato al torinese, come non gli sono bastati gli undici successi nelle venti gare in calendario (contro le tre vittorie dello spagnolo): a conti fatti, per una manciata di punti (10), il titolo è dunque passato di mano. «Sono molto contento per Jorge: questa corona se l’è davvero meritata», premette Roby Rolfo, che il mondo del Motomondiale lo conosce bene, avendolo frequentato (e con successo) per parecchi anni, e che ancor oggi segue (e commenta) tutto ciò che succede a bordo paddock. «La mia soddisfazione per la vittoria finale di Martin, ad ogni buon conto, va oltre quelli che possono essere discorsi tra tifoserie, soffermandosi cioè sul significato sportivo di quanto realizzato dallo spagnolo. Se nelle passate stagioni, e ancor di più nel 2023, aveva denotato diverse lacune, soprattutto nella gestione di una gara in solitaria da cima a fondo mantenendo sempre alta la concentrazione, quest’anno ha compiuto un grande passo avanti sotto tale aspetto, e la differenza si è vista. Per un pilota caratterialmente ‘caldo’ non è facile tenere a bada l’istinto. Martin, che sul piano tecnico ho sempre ritenuto essere più veloce rispetto a Bagnaia (più freddo e calcolatore, nonché pulito nella guida), ha però dimostrato di poterci riuscire, e l’ha appunto fatto anche nell’ultimissima e decisiva gara, meritandosi dunque il titolo». Ratificato, come detto, sul circuito di Barcellona, sfondo dell’ultima uscita stagionale… «È già da qualche anno che nella MotoGp si battaglia fino alle ultime gare. Quest’anno la competizione è stata ancora più avvincente, con un Mondiale aperto praticamente fino all’ultimo giro, e per questo mi è piaciuto parecchio. E non c’è pubblicità migliore per uno sport, specie nella sua classe regina, che nei primi anni è stato confrontato con tutta una serie di difficoltà. Non da ultimo con l’enorme divario tra i piloti di team ufficiali e quelli privati, con la conseguenza che i giochi per il titolo venivano praticamente già chiusi con larghissimo anticipo, togliendo molta della spettacolarità al finale di stagione. Con gli anni questo divario si è assottigliato, favorendo appunto il fascino della competizione».
A cambiare le carte in tavola, però, è stata anche la novità portata nel 2023, con l’introduzione delle gare Sprint del sabato, preziose per... arrotondare il proprio bottino in campionato (un successo nella prova veloce è pagata con 12 punti, quella della gara vera e propria, invece, con 25). Una formula che, ad ogni buon conto, non fa l’unanimità tra piloti e appassionati delle due-ruote motorizzate: croce e delizia… «Personalmente trovo che la Sprint porti un valore aggiunto alla MotoGp. Per i piloti, specie per quelli che non hanno un interesse immediato nella corsa al titolo, rappresenta un’ulteriore ‘vetrina in cui ritagliarsi un po’ di gloria e magari migliorare sensibilmente la loro classifica. D’altro canto è pur vero che quando la stagione entra nel vivo, un’ulteriore gara significa un rischio in più per i piloti che si giocano il titolo. Magari qualcosa si potrebbe migliorare: considerato che dal punto di vista dei rischi che i piloti si assumono non si discosta di granché da una gara domenicale, forse potrebbe essere più premiante in termini di punti per i primi classificati… Martin ha costruito il suo successo con la grande regolarità mostrata sull’arco di tutto il Mondiale, mettendo però prezioso fieno in cascina nelle Sprint, dove fin da subito si è dimostrato un pilota più tagliato per il giro veloce. Bagnaia, per contro, in stagione non aveva nascosto il suo scetticismo circa queste prove ‘extra’. Ma non è qui che si è decisa la corsa al casco iridato (anche perché entrambi ne hanno vinte 7 a testa, ndr): in generale, sull’arco di tutta la stagione, l’italiano ha addizionato troppi errori, diversi non direttamente imputabili a lui, ma che alla resa dei conti hanno avuto il loro peso. Non a caso quest’anno per la prima volta l’ho anche visto perdere un po’ le staffe».
Nella Moto2, a trionfare è invece stato il nipponico Ai Ogura, che con 274 punti ha preceduto di 40 lunghezze lo spagnolo Canet. Un successo che non sorprende più di tanto Rolfo: «Già quando correva col Team Asia, con la Kalex, Ogura aveva mostrato ottime doti. Fin dal suo esordio in questa classe avevo visto in lui un potenziale da titolo: un po’ come Bagnaia, Ai quando serve riesce anche a essere regolare e, appunto, calcolatore. Nel 2023, nella prima parte di stagione è stato frenato dagli infortuni: non fosse stato per quelli, forse il titolo l’avrebbe festeggiato già allora. Da un anno all’altro ha cambiato team e moto, optando per la Boscoscuro: una bella scommessa che Ogura ha vinto. Come una scommessa è stata la sua scelta di optare per le gomme slick nella gara in Giappone, sul bagnato: è stato uno dei pochissimi a farlo, ma alla resa dei conti la sua è stata una scelta pagante, visto che aveva chiuso quella gara al secondo posto».
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Ai Ogura in azione
Che dire infine del titolo del colombiano David Alonso nella Moto3? «Sul suo conto c’è poco da dire, se non che con 14 successi ha dominato la categoria. Malgrado all’anagrafe abbia solo 18 anni, ha già la stoffa del pilota maturo. È di gran lunga il pilota che mi ha stupito di più in questa categoria, e che se saprà mantenere i piedi saldi a terra potrà fare bene in tutte le categorie».
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David Alonso, una stagione quasi sempre davanti