Oggi a Lugano l’occasione per apprendere i rudimenti del gioco col Maestro Internazionale Damir Levacic, grande nome del panorama continentale
Stasera alle 19.15, presso l’Hotel Pestalozzi a Lugano in Piazza Indipendenza, ci sarà una serata scacchistica particolare e aperta a tutti: imparare gratuitamente a giocare a scacchi in soli 24 minuti. A gestire la serata ci sarà il Maestro Internazionale Damir Levacic – classe ’59 – che da 45 anni opera a tutti i livelli (nel 2016 ha fondato la Levacic Chess Academy) per propagandare ciò che è uno sport in tutto e per tutto. Ne abbiamo dunque approfittato per aprire una pagina su questo gioco con una persona competente ed entusiasta che opera anche in altre sedi del Ticino – e a più livelli – perché gli scacchi sono fra gli amori della sua vita.
Quali sono le caratteristiche di questo sport?
È lo sport meno caro in assoluto, lo possono praticare tutti e a tutte le età, è universale, non è condizionato né dalla meteo né dallo status sociale e ti aiuta nello sviluppare la logica, la pianificazione, a riflettere prima di agire e ad anticipare quello che succederà o potrebbe succedere: cosa volere di più?
Come hai iniziato?
Ho cominciato a 15 anni e, posso dirlo, era forse troppo tardi. Me ne sono innamorato quando ci sono state le Olimpiadi degli scacchi a Nizza nel 1974. Una passione divorante, direi, che mi ha portato a essere vicecampione cadetti in Francia già nel 1976, poi vincitore a livello junior per due anni e in seguito campione universitario francese nel 1983.
Nel 1985 fondi il Club di scacchi a Cannes: un altro gradino verso l’alto, visto che la città diventa un fulcro degli scacchi francesi.
Vero: organizzammo l’incontro fra Mirallés e Spassky nel 1985 e poi il Mondiale giovanile nel 1997, la Coppa del Mondo Fide di giochi rapidi – vinta da Garry Kasparov nel 2001 – il Campionato europeo blitz 2006 e il Campionato del Mediterraneo nel 2007.
Nel frattempo, nel 1989, sei diventato maestro internazionale con 24003 punti Elo: un traguardo fondamentale. Come si arriva a quei livelli?
La passione, lo studio delle partite dei grandi – come quelle di Fischer nel mio caso – una grande dedizione, entrare nella testa degli avversari, avere la pazienza di salire un gradino dopo l’altro e poi, inutile negarlo, avere anche talento.
E con quali contributi?
Non ho avuto grandi maestri né maestri internazionali, ma mi sono trovato in un momento storico dove c’erano altri scacchisti di valore, anche miei amici, e grazie a questi continui confronti e allo studio delle partite, sono cresciuto bene. Gli stimoli a voler progredire sono una linfa fondamentale.
Fra le tue performance, un record mondiale nel 1999: 82 ore e 10 minuti giocati ininterrottamente...
Una sfida per i miei 40 anni, organizzata a Cannes con tanto di giudici, telecamere sempre in funzione, medici e infermieri a disposizione e 10 minuti di pausa ogni 8 ore. Per tre mesi mi sono preparato a quell’evento, curando soprattutto il respiro e l’alimentazione adeguata. Io ero seduto davanti a un tavolo e ho sfidato via via 255 avversari di ogni età e capacità, vincendo circa l’80% delle gare. Ed è stato molto difficile: tre giorni, 9 ore e 10 minuti sono veramente tanti e nutrirsi, fare i propri bisogni e gestire la stanchezza non è stata cosa da poco. Ho impiegato più di un mese a riprendermi, ma il club ha poi beneficiato dei 50’000 franchi francesi del premio.
Eri già maestro allenatore della Federazione francese dal 1995 e poi sei diventato formatore Fide (la Federazione internazionale degli scacchi) nel 2014. Nel 2009 hai ricevuto la medaglia d’argento dal Ministero della gioventù e dello sport per quanto fatto a favore dei giovani e della causa degli scacchi.
Questo riconoscimento è valso tutti gli sforzi fatti per arrivare dov’ero arrivato: un potenziamento della scuola scacchistica a Cannes, ma non solo. Poi gli orizzonti sono cambiati e ora faccio parte dell’Associazione internazionale di scacchi dei Paesi francofoni (Aidef). Con Cannes ho chiuso con dolore nel 2009, dopo varie vicissitudini dalle quali sono uscito vincente, ma tutto era oramai finito.
Ma come mai Lugano, come approdo?
Nel 1984 ho giocato all’Open di Lugano e nella prima partita ho avuto come avversario nientemeno che Boris Spassky, già naturalizzato francese. Ecco il perché di Lugano, mentre con Spassky sono poi diventato amico.
Cosa pensi degli scacchi in Ticino?
Mi piace l’interesse che suscita il gioco, ma vorrei che ci fosse un numero maggiore di giovani praticanti. Credo che anche a livello politico il gioco degli scacchi sia da sostenere, soprattutto coinvolgendo le scuole. Gli scacchi sono un valido supporto all’analisi delle cose, allo sviluppo della logica e del pensiero. Non bisogna dimenticare che oggi abbiamo un numero molto elevato di giocatori che giocano online contro i computer e queste persone sarebbero da recuperare per un gioco attivo e diretto: hanno calcolato che sono almeno 140 milioni i giocatori di scacchi a vari livelli, sulle varie piattaforme e nelle sfide con altri. Non manca dunque l’interesse, però bisognerebbe sviluppare più opportunità per lo sviluppo del gioco. Creare amore per questo gioco è un obiettivo mio da sempre. È per queste ragioni che sono sempre in viaggio fra il Ticino e la Francia per portare avanti questo sport.
In Ticino anche basket, non solo scacchi.
Sì, con l’amico Dénis Wicht siamo impegnati – con i Tigers ma non solo – per cercare di dare i maggiori sostegni possibili e nella ricerca di sponsor: le nostre società sportive hanno un importante valore sociale che non tutti capiscono fino in fondo, e quindi meritano aiuti mirati da parte di privati e del pubblico.
Tornando agli scacchi, lanciamo un po’ l’evento al Pestalozzi.
Certamente, sottolineo che l’incontro di mercoledì sera con chi vuole imparare in 24 minuti a giocare è il primo gradino di una scala che dovrebbe stimolare tutti a salirla. Mi auguro veramente che ci siano molte adesioni e che possano nascere nuovi protagonisti nel mondo scacchistico ticinese.