Davide Bacciarini lascia la porta del Verbano dopo la salvezza da protagonista e ora sarà attivo come dirigente: ‘Avrei firmato per concludere così’.
Costretto a disputare i playout di Lnb contro l’Altendorf, il Verbano non ha tremato e si è salvato con autorità vincendo la serie per 3-1: «Già in stagione avevamo vinto entrambi gli scontri diretti, era dunque un avversario che ci andava a genio – commenta il portiere biancoblù Davide Bacciarini –. Abbiamo avuto qualche difficoltà a entrare in materia e abbiamo perso gara 1 di una sola rete, in trasferta, ma siamo rimasti convinti delle nostre possibilità, abbiamo fatto gruppo e nelle tre partite successive abbiamo mostrato la solidità che ci contraddistingue».
Nelle ultime due partite soprattutto è stata subita una sola rete, è questo l’aspetto decisivo: «In particolare in queste partite il successo arriva con una difesa ordinata, composta e che non commette errori. Nelle ultime due partite tutto ciò è stato fatto in maniera egregia, subire un solo gol in 120’ in uno sport come l’unihockey è davvero tanta roba».
Il bilancio complessivo della stagione dunque cosa dice? «L’obiettivo minimo di mantenere il posto in Lega nazionale è stato raggiunto e dà una certa soddisfazione, sebbene si sperasse di raggiungerlo più comodamente, attraverso i playoff. È chiaro che il campionato di Lnb si livella di anno in anno, con otto posti per i playoff e dodici squadre che vi ambiscono, per cui ogni tanto i dettagli fanno sì che ci si ritrova a dover lottare per la salvezza attraverso i playout».
Con la conclusione della stagione è terminata anche la carriera tra i pali di Bacciarini, che abbandona così l’attività da protagonista: «Se mi avessero detto, trent’anni fa quando ho iniziato a giocare, che avrei concluso la carriera con una vittoria in casa per finire la serie e subendo un gol in due partite avrei messo volentieri la firma. È una cosa inaspettata che mi dà una gioia immensa».
Sono tanti gli anni trascorsi accovacciato a difesa della propria porta, sicuramente sufficienti per aver potuto osservare un’evoluzione nel gioco dell’unihockey: «Il gioco è diventato molto più veloce, grazie anche al miglioramento dei materiali, ma soprattutto è cambiato l’approccio. Quando io ero giovane l’unihockey per noi ragazzi era un hobby, adesso invece vedo ragazzi del 2005 o del 2006 che lo hanno scelto come sport, al posto per esempio del calcio e dell’hockey, il che porta tutto a un livello più alto, a partire dalla preparazione fisica e trovo ciò molto bello».
Quali sono i ricordi più particolari della tua carriera? «Sono innumerevoli, piacevoli o meno. Mi ricordo con particolare piacere l’anno della promozione in Prima Lega e l’abbraccio con l’allenatore dopo che avevamo avuto una stagione un po’ problematica tra noi due, ma quando la squadra ha bisogno ci si stringe assieme. Poi le preparazioni estive dure, quando soffri ma sei contento, perché sai che poi arriva la parte bella. Sicuramente vincere le ultime due partite è qualcosa che mi ricorderò per anni, poi i vari playoff, ma anche la salvezza ai rigori in Prima Lega e potremmo andare avanti per ore. Probabilmente però i ricordi più belli sono legati alle persone con le quali ho giocato. L’anno in Lega Nazionale A a Coira è forse un ricordo più negativo, avendo giocato poco. Ma con i compagni è sempre andato tutto bene, è stata una bella opportunità quella di giocare in A, la parte negativa è unicamente legata al minutaggio, per cui un vero brutto ricordo non ce l’ho».
Adesso spazio ai giovani, anche in porta: «Da sempre abbiamo portato tanti giovani in prima squadra, sia per necessità, sia per bravura, anche perché, come detto, al giorno d’oggi arrivano più preparati e hanno più possibilità di prendere il posto dei ‘vecchietti’. Per cui lascio tranquillo».
Tornando alla stagione appena conclusa, questa può però essere catalogata come storta, visto che è solo la seconda dall’ascesa in B in cui i gordolesi non hanno raggiunto i playoff: «Sicuramente il fatto di aver potuto partecipare ai playoff per diversi anni e crescere fino a raggiungere il quarto posto mette più tranquillità. Quest’anno poi abbiamo voluto cambiare un po’ il modo di giocare senza concentrarsi solo su difesa e contropiede, ma provando a tenere di più la pallina e questo chiaramente crea molte più possibilità di commettere errori. Infatti spesso abbiamo perso per dei piccoli dettagli, frutto anche di questo cambiamento».
L’Altendorf non ha poi avuto chance nello spareggio contro il Davos-Klosters, impostosi in tre partite. C’è sollievo per aver evitato di dover giocarsi la salvezza contro i grigionesi? «Ogni serie ha la sua storia, chiaramente un playout giocato contro una squadra di lega inferiore mette in campo due realtà completamente diverse: una squadra che ha perso quasi tutto l’anno e l’altra che tendenzialmente ha vinto tanto, per cui sono serie molto delicate. Il Davos ha fatto un solo anno in Prima Lega, ha giocato tanti anni in B e ha un livello. Questo insieme di fattori ha fatto scaturire una serie netta. E non dobbiamo nasconderci, il fatto di non dover giocare questo genere di serie ci ha fatto tirare un sospiro di sollievo, perché sono sempre un’incognita».
È stato allora utile avere qualche giornata per mettersi il cuore in pace prima della fine della regular season e iniziare già a pensare ai playout: «Forse a livello mentale sì, rimanere fuori dalle otto all’ultima giornata, magari per la differenza reti o per pochi punti, può essere un duro colpo. Ma se vuoi la salvezza devi saper gestire l’una e l’altra variante, per cui per un giocatore non fa una grande differenza».
Adesso è però ora di pensare al prossimo campionato, per il quale non mancheranno le novità: «Questa stagione abbiamo imparato tanto perdendo e penso che l’anno prossimo ne vedremo i frutti. A livello societario ci siamo riorganizzati e io coordinerò tutto il settore dell’unihockey. Inoltre ci sarà un nuovo allenatore, visto che Jarmo Eskelinen, dopo sette anni, ha deciso di tornare in Finlandia».