Alla vigilia della riunione pugilistica in cartellone domani sera ad Ascona, conosciamo alcuni dei giovani atleti che saliranno sul ring
Il modo più efficace per liberare i detrattori del pugilato dai pregiudizi di cui sono ostaggio da un secolo e mezzo è fare un salto alla palestra del Boxe Club Ascona. Bastano infatti pochi minuti a bordo-ring per accorgersi che i ragazzi che lì si allenano sono quanto di più lontano possa esistere dagli stereotipi che albergano attorno alla Nobile arte: facce pulite, estrema educazione e impeccabile uso di congiuntivo e condizionale.
Passo a trovare Marco Franscella – presidente e anima del club – per fare due chiacchiere sulla riunione pugilistica che andrà in scena domani sera presso le palestre comunali del Borgo.
«Permettimi subito di ringraziare i nostri sponsor», tiene giustamente a dirmi, «senza i quali non avremmo certo potuto offrire a curiosi e appassionati l’entrata gratis».
Lo spettacolo sarà garantito, a partire dalle 18.50, da quattordici incontri fra pugili dilettanti provenienti, oltre che dal Canton Ticino, dalla vicina Italia. «Per quanto riguarda la nostra regione, abbiamo invitato atleti di Riazzino e Lugano, società con le quali c’è un’ottima collaborazione. Direttamente dai quadri dello Swiss Team provengono invece Ana Maria Milisic e Anna Jenni, pugili di grande forza ed esperienza. Ma è ovvio che la nostra attenzione sarà rivolta soprattutto ai quattro boxeur del nostro club, che domani avranno la possibilità di salire sul ring a misurarsi contro buoni avversari».
Parliamo del giovanissimo Leonardo Nesa (classe 2010), al suo secondo match, della promettentissima Noemi Iuva (16 anni da compiere, 7 incontri vinti su 7, campionessa svizzera), di Marvin Guerini (2002, già 27 combattimenti sostenuti) e di Marco Monteiro, ventiduenne che il ring lo ha già calcato ben 36 volte.
Chiedo a Marco Franscella se è possibile interrompere brevemente l’allenamento per conoscere un po’ meglio questi ragazzi.
Il primo a scendere dal ring è il più giovane, Leonardo Nesa: «Ho da poco compiuto 13 anni, ma faccio boxe già da due anni. A consigliarmi questo sport è stato Marco Franscella, conoscente di mio padre. Prima ho praticato anche altre discipline, ma tutte per poco tempo. Mi alleno un’ora e mezza tutte le sere tranne il venerdì, perché a fine settimana di solito arrivo ‘morto’ e non ce la faccio quasi mai. Ogni tanto, come oggi, ho un po’ male alle gambe, ma allenarmi mi piace sempre. All’inizio era un po’ noioso, perché dovevo imparare a portare tutti i tipi di colpi. Ma poi, quando ormai potevo esercitarmi con gli altri ragazzi, è diventato più bello. Sabato spero di vincere, anche se non conosco il mio avversario, il mio allenatore me ne ha parlato solo un pochino».
«Non sarà un incontro facile», spiega Danijel Jakupovic, che questi ragazzi li allena con grande passione e provata competenza da tre anni. Nato a Zagabria e poi emigrato in Italia per via della guerra che dilaniò la Jugoslavia, è infine arrivato in Ticino quando il devastante terremoto nelle Marche lo costrinse a partire di nuovo. Dopo oltre 100 incontri da dilettante – era un superwelter – è sceso dal ring nel 2012 e, 4 anni più tardi, è diventato allenatore. Già laureato in ingegneria dell’informazione – ma appassionato di insegnamento – sta compiendo un ulteriore percorso per diventare docente di scuola elementare. «Questi ragazzi sono bravi innanzitutto fuori dalla palestra, tutti si applicano a scuola, nessuno crea problemi, ognuno segue le nostre direttive».
A questo proposito, è chiarissima la posizione del presidente Franscella. «Abbiamo regole ben definite, dalle quali non ci discosteremo mai: chi non le accetta è invitato ad andarsene e a non più metter piede in palestra».
«I ragazzi vengono qui per crescere», riprende Jakupovic, «e per conoscere meglio sé stessi, il combattimento assume quasi un’importanza minore rispetto ad altri aspetti. Siamo come una famiglia, per certi versi, e i nuovi entrati vengono assorbiti da questa bella atmosfera».
Noemi, fra gli atleti del Bc Ascona, è quella che domani sera avrà più pressione addosso, anche perché a bordo-ring a vederla ci sarà l’allenatore della nazionale. «Non conosco personalmente la mia avversaria di domani (Eveline Scianamé, ndr), ma so che ha vinto i Campionati italiani nella categoria superiore alla mia, quindi sarà probabilmente il mio match più impegnativo fra tutti quelli che ho disputato finora. L’asticella si è alzata parecchio, mi impegnerò al massimo. Per raggiungere gli obiettivi che mi sono fissata ci vorrà costanza, impegno, e io ce la metterò tutta. Il pugilato mi è sempre piaciuto, anche perché i miei genitori lo praticavano da piccoli. Ho iniziato insieme a mio fratello, un paio d’anni fa».
Purtroppo, ancora oggi, vedere una ragazza che tira di boxe è qualcosa che fa stupire la gente: puoi confermarlo? «I miei amici e amiche in effetti, quando lo scoprono, si meravigliano, ma vedo che poi sono felici per me», dice Noemi Iuva, «e capiscono che è uno sport magnifico. In palestra non mi annoio mai, perché ogni cosa che fai è un’opportunità per imparare e per migliorarti. Infilare i guanti per la prima volta è stata un’emozione forte, perché stavo finalmente realizzando un desiderio che avevo fin da bambina. Mi succede di guardare in tv i match più importanti, ma non seguo nessun boxeur in particolare. Più spesso mi capita di vedere film sul nostro sport: ogni tanto sono esagerati, ma comunque ti coinvolgono, ti fanno sentire l’adrenalina. Poco fa ho visto ‘Creed’, davvero elettrizzante, e naturalmente mi è piaciuto ‘Rocky’. Al pubblico direi di venire numeroso domani sera in palestra: sarà una bella emozione, sia per noi atleti sia per chi starà fuori dal ring, non succede tutti i giorni di poter vedere la boxe dal vivo».
Vent’anni, apprendista muratore e una passione per il ring nata nel settembre di sei anni fa grazie a suo papà, che è un ex pugile: parliamo di Marvin Guerini. «Non mi sono mai pentito di aver infilato guanti e paradenti, è una passione che mi coinvolge totalmente. Il mio obiettivo è vincere qualche titolo svizzero e, nel futuro, magari provare a passare al professionismo. Fra i pesi leggeri – che è la mia categoria – apprezzo pugili come Lomachenko e Haney. A fine allenamento arrivo molto soddisfatto ma esausto, anche perché ho pure lavorato tutto il giorno. La boxe mi ha insegnato la disciplina e a comportarmi anche all’esterno della palestra, questo sport ti insegna una grande educazione. La gente, nel pugilato, vede solo violenza: in realtà è duro, non violento. Col tuo avversario infatti, quando scendi dal ring, parli e scherzi. I miei amici credono in me, vengono sempre a vedermi, conoscono le mie potenzialità e mi sostengono fino in fondo. Anche mia mamma mi sostiene, ma non riesce a vedermi combattere perché si preoccupa. Conciliare lavoro, studio, amici e boxe è possibile, se lo vuoi davvero, ma ovviamente serve molta costanza».
Marco Monteiro viene invece dalla kickboxing, che ha praticato per 8 mesi. «Ho fatto anche un paio di gare, erano andate piuttosto bene, ma poi ho perso un po’ di interesse, così sono andato a giocare a calcio nel Solduno. Però presto mi sono accorto che gli sport di squadra non fanno per me: ad esempio non sopportavo, quando succedeva, vedere i miei compagni impegnarsi molto meno di me. Passato alla boxe, dopo il primo allenamento mi dissero che nel giro di tre mesi avrei potuto partecipare ai Campionati svizzeri, e così è stato. Il nostro è uno sport molto duro, specie se vuoi salire di livello. In quel caso, la boxe deve essere quasi il tuo pensiero unico, a parte la scuola, ovviamente. Non puoi pensare di uscire a far serata come succedeva prima: non puoi tornare tardi, devi bandire l’alcol. A me però non pesa, perché ho una passione enorme. Semplicemente, scrivo in chat agli amici: stasera non ci sono perché domani ho allenamento. E quando esco con loro, non bevo, mi diverto lo stesso e vado a letto sapendo di aver fatto la scelta giusta».
Oltre al pugilato, cosa è importante nella tua vita? «Sono apprendista impiegato di commercio e voglio impegnarmi al massimo anche a scuola e sul lavoro, che sono le altre mie sfide».
«Fra noi compagni di palestra c’è molta solidarietà, ci facciamo forza a vicenda», continua Marco. «Purtroppo però la gente vede in noi solo aggressività, ma è un atteggiamento sbagliato, è una gran cavolata: la boxe ha una brutta fama, ma ingiustificata. Al contrario dei miei compagni, non amo troppo i film sulla boxe, perché sono trattati come film d’azione, calcano molto sulla violenza, quando invece potrebbero mettere in evidenza altri aspetti più positivi. Conosco bene l’avversario di domani sera (affronterà nel match clou Bruno Bernasconi sarmento, ndr), anche se ci affrontiamo per la prima volta. Siamo stati entrambi vicecampioni svizzeri, e abbiamo fatto anche un paio di sparring insieme. Con Danijel, il mio allenatore, c’è un rapporto bellissimo, di fiducia totale. Se lui un giorno dovesse per qualche motivo smettere con la boxe, smetterei anch’io. Mi fido ciecamente di lui, so che non mi farebbe rischiare neanche un centimetro oltre il dovuto».