Fulvio Castelletti, responsabile tecnico élite all’Actg, traccia il bilancio di un Europeo in chiaroscuro: ‘In campo femminile bisogna aspettare il 2028’
Dev’essere davvero dura vedere il podio svanire davanti agli occhi. A Noè Seifert, ad Andrin Frey e al resto della Svizzera al maschile è successo per ben tre volte in un solo weekend, a un Europeo di Monaco che ha rivelato al mondo intero le qualità di un gruppo di ragazzi che, dopo le defezioni degli infortunati Christian Baumann, Eddy Yusof e Benjamin Gischard e il pensionamento di Pablo Brägger, si è visto catapultare improvvisamente sulla ribalta internazionale. Fulvio Castelletti, responsabile tecnico del settore élite dell’Associazione ticinese di ginnastica non vuol però sentir parlare di nazionale B. «Dobbiamo partire dal presupposto che non lo è – spiega –. Di quei cinque campioni di Tokyo sono rimasti Baumann, Yusof e Gischard, e tutti e tre sono passati sotto i ferri: quindi bisognerà vedere come saranno in grado di riprendere. Io conto moltissimo soprattutto su Baumann e Gischard, ma quando stai fermo un intero anno mentre gli altri lavorano duramente... Se riusciremo a ritrovare due o tre senatori che hanno fatto grande la nostra ginnastica tanto meglio, però adesso non possiamo parlare di Svizzera B: semmai diciamo che questa è una nazionale ringiovanita, come succede un po’ ovunque, e da noi questo è quanto di meglio ci sia. Assieme, appunto, ai tre nomi prima citati, i quali dovranno però dimostrare di essere validi quanto lo erano prima, per poter togliere il posto a questi giovani. Infatti, dopo esser passato sotto i ferri, in uno sport duro come la ginnastica quando risali alla sbarra o agli anelli devi vedere se il fisico risponde come prima. Questo è un punto che i tre dovranno chiarire».
Di sicuro, Seifert e compagni hanno subito risposto presente: se fosse proprio stata l’assenza di Baumann, Yusof e Gischard ad aver dato una spinta determinante a un gruppo di ragazzi che, magari, adesso sarebbe ancora nella loro ombra?
Esattamente, proprio così. Un Noè Seifert, ad esempio, il livello dei ginnasti citati ce l’aveva già prima. Solo che, appunto, ne aveva solo il livello: quindi la scelta definitiva è caduta su altri, anche per questioni di esperienza, di continuità, di sicurezza. Adesso, però, tutte queste assenze sono servite da sprone a tutto l’ambiente. Per questi ragazzi così come per quelli della squadra juniores, arrivata quarta a Monaco: quei talenti non spuntano dal nulla, ci sono già.
È la dimostrazione del grande lavoro che si fa in Svizzera nella ginnastica maschile?
Già dal settore giovanile, ma soprattutto dagli juniores si lavora con una certa continuità. Quindi non bisogna fasciarsi la testa pensando al fatto che magari tre o quattro senatori che hanno fatto grande la nostra ginnastica possano improvvisamente venire a mancare: magari non si arriverà subito ai medesimi livelli, ma c’è un ricambio che è pronto. L’hanno dimostrato a Monaco, dove questi ragazzi sono andati a mille. Seifert in particolare si è sentito caricato di una responsabilità immensa, e ha risposto presente alla grande.
Pur se domenica dev’essere è passato attraverso un po’ tutti gli stati d’animo, con quel verdetto dei giudici che sembrava non arrivare mai e che poi l’ha buttato giù dal podio per un decimo di punto.
No, non è stato facile per lui ma non lo è stato neppure per la delegazione rossocrociata, che ha fatto un incetta incredibile di quarti posti (o quinti, ndr). Tuttavia, come dice bene il presidente nazionale Fabio Corti, bisogna vedere il bicchiere mezzo pieno: è chiaro, le medaglie di legno non fanno piacere a nessuno, ma sono pur sempre quarti posti ottenuti da una squadra arrivata all’Europeo modificata nella misura del cento per cento! Pensiamo invece all’Italia, che pur se non era presente alle Olimpiadi poteva contare su elementi rodati come Cingolani e Bertolini, oppure alla Turchia o all’Inghilterra che hanno portato a Monaco la squadra dei Giochi quasi al completo. La Svizzera, invece, con un gruppo del tutto nuovo ha subito portato dei giovani a ridosso del podio: meglio di così era impossibile sperare.
Del resto, è emblematico che, a caldo, anziché mostrarsi deluso dopo aver visto sfumare il podio, Seifert abbia semplicemente detto ‘peccato, non è andata come volevo; ciò mi darà la motivazione per la prossima volta’.
Diciamo che la delusione arriva dal fatto che quando sali sull’attrezzo e sai che in precedenza eri terzo, un pensierino alla medaglia non puoi non farlo. Lui è stato gentile, ha ammesso che gli sarà da stimolo per la prossima volta, ma io da tecnico mi dico che se avesse preso un 14 o 14.05 nessuno, ma proprio nessuno, avrebbe potuto parlare d’ingiustizia. Ma è chiaro, quando tutto si gioca sui decimi, è sufficiente che un giudice sia un po’ più votato a vedere questo o quello ed ecco che esce un 13.90, e da un 13.90 al 14 ci sono dieci centesimi, di cui hanno invece potuto beneficiare il lituano e lo spagnolo. Al di là della delusione per essere arrivato tanto vicino alla medaglia, Seifert ha la consapevolezza di aver fatto il suo, dimostrando di esserci in quella che era la sua prima finale di tale caratura.
A Monaco, però, in gara non c’erano solo gli uomini. Delle ragazze s’è parlato meno visti i risultati, ma in quel caso i presupposti erano ben altri...
Sarei ipocrita se in quel caso non parlassi di grossa delusione. Mitigata in parte dall’assenza della numero uno, la nostra Lena Bickel, che un paio di settimane prima degli Europei si era infortunata a un piede mentre in allenamento stava effettuando un doppio avvitamento al suolo (strappo di un legamento, ndr). Speriamo che possa recuperare in tempo per i Mondiali di Liverpool (a fine ottobre, ndr), perché la ticinese tra le nostre atlete è l’unica che sa di potersi presentare al via sapendo di fare una figura decorosa.
Significa che poi c’è il vuoto?
Apro una parentesi personale: dal Duemila commento la ginnastica alla tv e non ho mai visto quattro ginnaste cadere dieci volte a un solo attrezzo. E non so quante volte una cosa simile sia potuta accadere nella storia della ginnastica. Psicologicamente è stato qualcosa di terribile, e chi più ne ha pagato il prezzo è stato il nuovo team di allenatori statunitensi, che sta facendo un bel lavoro d’assieme. Se in passato – anche giustamente, vista la gloria e i risultati – si era puntato sulle Ariella Käslin, sulle Giulia Steingruber e un pochettino anche su Ilaria Käslin, ma mai sulla squadra, ora si sta cercando di forgiare un gruppo. E un gruppo non si crea dall’oggi al domani. Direi che dei nomi delle ragazze presenti a Monaco, la metà andrà a sparire. Il vero obiettivo sono le giovani della squadra juniores, arrivate ottave: lì davvero c’è talento, perché a livello femminile si sta puntando decisamente al 2028 (l’anno dei Giochi di Los Angeles, ndr). Prima sarebbe utopico pensare che si possa trasformare in talento ciò che talento non è. Insomma, c’è senz’altro delusione ripensando a Monaco, ma la consapevolezza è che per i risultati bisognerà aspettare.