Da Eugene Enrico Cariboni torna sul pasticcio della 4 x 100 e su un Mondiale che ha offerto molto. Anche alla Svizzera: ‘Abbiamo un fenomeno per le mani’
Cala il sipario sui Mondiali di Eugene, con gli echi ormai sopiti di quel pasticciaccio della staffetta 4 x 100 rossocrociata, che puntava a brillare agli occhi del mondo intero e invece s’è dovuta accontentare del penultimo posto davanti soltanto alle italiane. In una finale in cui il quartetto tedesco dal livello piuttosto simile a quello delle elvetiche (sommando i primati personali, infatti, la media delle quattro rossocrociate è di oltre due decimi migliore delle germaniche) ha saputo invece conquistarsi la medaglia di bronzo, correndo in 42’’03, contro il 42’’81 della nostra Ajla Del Ponte, di Géraldine Frey, Mujinga Kambundji e Salomé Kora. «Senz’altro i cambi non sono stati precisi, in particolare l’ultimo, lungo, tra Salomé Kora e Ajla – dice da Eugene Enrico ‘Chico’ Cariboni, grande appassionato di atletica prima ancora che allenatore e direttore sportivo del Galà dei Castelli –. Ora, io non so chi abbia sbagliato né cosa decideranno di fare, ma senz’altro apporteranno dei correttivi in vista dei Campionati europei di Monaco di Baviera. Quel che so, tuttavia, è che bisogna restare tranquilli. Abbiamo visto, ad esempio, ciò che è successo agli americani, grandi favoriti, che si sono dovuti arrendere ai canadesi. Quindi ci sta: nelle staffette si può anche sbagliare. Bisogna prendere le cose con serenità, e tutto tornerà come prima. Compresa Ajla, che sta trovando la via d’uscita dopo l’infortunio: bisogna soltanto far sì che abbia tranquillità, bisogna lasciarla lavorare, perché l’anno scorso ha saputo dimostrare di avere grande talento».
Vale per lei come per l’altro ticinese Ricky Petrucciani. «Il discorso è lo stesso. Anche lui deve soltanto restare tranquillo e trovare una buona gara, e rimanere positivo pensando all’Europeo di Monaco. Perché davvero tutto può cambiare, e in pochissimo tempo».
I Campionati del mondo in Oregon, tuttavia, alla Svizzera hanno regalato anche qualche bella soddisfazione. A cominciare, naturalmente, dall’eccezionale risultato da cui tutto era partito, quello storico balzo sul podio di Simon Ehammer. «Quella è la nona medaglia di tutti i tempi per la Svizzera a un Mondiale – ricorda Cariboni –. Ed è senz’altro un risultato fuori dal comune, perché un decatleta che va a conquistare il podio in una gara singola è una cosa che non capita quasi mai. Insomma, abbiamo un fenomeno per le mani, che cercherà senz’altro di festeggiare il bis agli Europei fra un paio di settimane. Riguardo agli altri rossocrociati, oltre alla citata finale della 4 x 100 abbiamo festeggiato quella della 4 x 400 al femminile, senza contare l’eccezionale Mujinga Kambundji e le sue due finali, ma pure sua sorella Ditaji che è andata forte».
Naturalmente, questi non saranno gli unici ricordi che rimarranno nella memoria degli appassionati d’atletica. «Direi che è stato un Mondiale molto bello, disputato su una pista molto veloce e con ottime condizioni. Ed è stato pure molto avvincente sul finale, con i due record del mondo nell’ultima giornata. Da parte di un Armand Duplantis che non si ferma più, e arriverà ancora ad altezze maggiori, per non parlare poi di quello dei 100 ostacoli femminili, che è una sorpresa, perché il 12’’12 è un tempo più che eccezionale da parte di Tobi Amusan». Anzi: la nigeriana in finale è riuscita a scendere addirittura a 12’’06, ma quello che sarebbe stato il suo secondo primato mondiale in poche ore non ha potuto essere convalidato, poiché il vento a favore era superiore ai due metri al secondo consentiti (2,5 m/s).
Quello della venticinquenne africana, tuttavia, non è stato l’unico ‘tempone’. «Il 50’’68 di Sydney McLaughlin nei 400 ostacoli ha portato la disciplina su un nuovo pianeta – aggiunge Cariboni –, perché stiamo parlando di un miglioramento incredibile per questa disciplina. Se devo invece pensare a una gara che mi ha deluso, direi che sono i cento metri al maschile: mi aspettavo un po’ di più, ma dopo la defezione di Marcell Jacobs ha perso un po’ di interesse. Sempre buoni tempi, con la tripletta statunitense, ma comunque un po’ al di sotto delle aspettative. Ben altra cosa, restando alla velocità, sono stati i 100 e i 200 femminili con i risultati fantastici delle giamaicane, e i 200 al maschile, una delle gare più belle».
Un’altra grande, grandissima impresa arriva dalle gare di fondo. «Quella di Jakob Ingebrigtsen un’impresa senz’altro lo è, in mezzo a tutti quegli atleti africani: tralasciando logicamente Mo Farah, era dal 1983 che un europeo non riusciva più a battere quegli specialisti fenomenali degli altopiani». C.S.