Vittoria in solitaria sull’Alpe d’Huez per il giovane britannico. Lo sloveno attacca la maglia gialla che però reagisce e non molla un centimetro
I campioni veri si vedono non tanto nel giorno del trionfo, quanto nel momento della difficoltà. Tadej Pogacar, dominatore delle ultime due edizioni del Tour de France e bastonato mercoledì da Jonas Vingegaard, lo scalatore di una nazione senza montagne, capace di mandare in crisi lo sloveno e strappargli dalle spalle la maglia gialla, ha rialzato la testa sull’Alpe d’Huez e, come fanno i grandi, è passato al contrattacco. È servito a poco, perché il leader danese non ha perso un centimetro nelle due occasioni in cui lo sloveno ha aperto il gas, ma Pogacar ha dimostrato a tutti, in primis a sé stesso, che la Grande Boucle non è ancora finita e che di abdicare senza vendere cara la pelle non ne ha alcuna intenzione. Alla fine di un duello che ha coinvolto solo marginalmente anche Geraint Thomas, Enric Mas e Sepp Kuss, gli unici capaci di ricucire dopo gli scatti di Pogacar, lo sloveno ha messo tutti alle spalle in uno sprint che gli è valso il quinto posto, proprio davanti a Vingegaard. I due non si sono giocati la vittoria di tappa in quanto le prime posizioni sono andate agli ultimi superstiti della fuga di giornata di quella che è stata la tappa regina del TdF 2022, con Lautaret, Galibier, Télégraphe, Croix de Fer e Alpe d’Huez.
E se il duello tra Vingegaard e Pogacar ha fatto scintille, grandissima è stata la prova di forza di un altro giovanissimo talento del ciclismo mondiale: Thomas Pidcock. Il britannico di Leeds ha lasciato la compagnia del sudafricano Meintjes, del connazionale Froome (finalmente una giornata da protagonista anche per il keniano bianco su quelle strade che lo avevano visto tante volte dominatore) e dello statunitense Neilson Powless (statunitense sì, ma soprattutto primo nativo nordamericano a partecipare al Tour de France, lui che nelle vene ha il 25% di sangue Oneida, il minimo indispensabile per essere formalmente considerato un nativo), quando ancora mancavano più di 10 km all’Alpe. Un’azione temeraria, tutta in solitaria, senza lasciarsi scoraggiare da Meintjes e Froome che per molto tempo hanno pedalato con meno di 10" di ritardo. Una sorta di braccio di ferro a chi cedeva prima e alla fine hanno ceduto i due inseguitori, per cui Pidcock, dopo un titolo mondiale nel ciclocross e un oro olimpico nella mountain bike, ha colto il suo successo più prestigioso sulla strada e il suo nome andrà ad affiancare quello di tanti altri campioni su una delle 21 curve della salita.
La temuta tappa dell’Alpe d’Huez non ha stravolto la classifica generale. Romain Bardet, in definitiva, è stato l’uomo di classifica che più ci ha rimesso, perdendo 19" dalla maglia gialla e scivolando dalla seconda alla quarta posizione della generale. Hanno perso terreno anche Nairo Quintana (e una posizione in generale) e David Gaudu. Nonostante la nuova prova di forza di Vingegaard – molti pensavano che potesse avere problemi dopo il grande sforzo profuso mercoledì sul Col du Granon – la Grande Boucle è lungi dall’essere conclusa: la maglia gialla, Pogacar, Thomas e Bardet sono racchiusi in appena 2’35". Le prossime tre tappe non presenteranno dislivelli importanti, ma non saranno nemmeno terreno di caccia per velocisti. Dopo il giorno di riposo a Carcassonne (lunedì), le difficoltà altimetriche riprenderanno con il trittico dedicato ai Pirenei, tre tappe che non toccheranno però i passi più prestigiosi, pur comprendendo salite come Aubisque, Val Louron e Hautacam. Comunque, terreno utile per tornare alla carica della leadership di Vingegaard, senza scordare che il penultimo giorno sarà in programma l’unica cronometro di questo Tour, 40,7 km pianeggianti che potrebbero dire l’ultima parola sulla definitiva assegnazione della maglia gialla.