CICLISMO

Il Covid incombe sul Tour de Suisse

A Novazzano il russo Aleksandr Vlasov vince in volata una tappa segnata purtroppo dal ritorno del virus

17 giugno 2022
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Festa rovinata per i tifosi di Gino Mäder, numerosissimi nel Mendrisiotto, che non hanno potuto vedere all’opera il loro beniamino, fatto fuori – più che dagli avversari sulla strada – da ciò che in Messico è conosciuto come la vendetta di Montezuma e che alle nostre latitudini, più prosaicamente, è definito come disfatta intestinale. L’elvetico della Bahrain non è l’unico a gettare la spugna, da Ambrì infatti non hanno preso il via nemmeno Adam Yates (Ineos) e l’intera Jumbo-Visma, tutti vittime del Covid, che purtroppo si è riaffacciato prepotentemente nel mondo del ciclismo a due settimane dall’inizio del Tour de France. Speriamo, per quella data, che il focolaio venga estinto.

«Defezioni che non ci volevano, ci privano di alcuni grandi corridori», mi diceva nel primo pomeriggio Andrea Bellati, tracciatore di una tappa tecnica, spettacolare e impegnativa specie nel circuito conclusivo di 26 km che i corridori hanno percorso tre volte. «Dispiace soprattutto per Mäder, era da gennaio che speravamo di vederlo protagonista sulle nostre strade. Ma abbiamo comunque grande fiducia in Marc Hirschi: anche le sue caratteristiche sono perfette per questo tracciato».

L’azione di Dillier

Tuttavia Bellati non è stato un buon profeta, visto che Hirschi si è staccato nel finale e ha accumulato quasi un minuto di ritardo. A vincere è stato invece il russo Vlasov, uomo Bora capace in volata di bruciare l’americano Powless e il danese Fuglsang grazie soprattutto al lavoro svolto dal suo compagno Schachmann. Doppio affare per il russo: oltre alla tappa conquista anche la maglia di leader, sfilandola dalle spalle del gallese Williams. Il vero spettacolo della giornata l’ha però offerto Silvan Dillier, ripreso dal gruppo a Fontanella – fra Morbio Inferiore e Vacallo – quando al traguardo mancavano 14 km. Il 32enne di Baden se n’era andato via in fuga insieme a una manciata di compagni fin dalle prime battute della tappa, ma una volta giunto a Novazzano, dove iniziava il magnifico circuito finale, con lui era rimasto soltanto Kamp. Avevano tre minuti da difendere e se fossero rimasti uniti forse sarebbero anche riusciti a giungere in porto. Anche il danese, però, presto si è arreso e Dillier è rimasto da solo. Morde il manubrio, perde qualcosa nelle salite spaccagambe del Mendrisiotto ma poi torna a recuperare nelle discese, che affronta a rotta di collo. A un certo punto, però, deve arrendersi: il caldo è tropicale e dietro tirano tutti al massimo, anche perché Evenepoel – che punta alla generale – va in crisi, e il gruppo ne approfitta come fanno gli squali, e com’è giusto che accada.

Vince come detto il russo Aleksandr Vlasov, alfiere 26enne della Bora, che a livello tattico si dimostra impeccabile. «Attaccare prima, magari quando mancava 1 km al traguardo, non avrebbe avuto senso», ha detto in sala stampa. «La gente che avevo accanto era molto forte, sarebbe stato un rischio inutile. Avevo un compagno vicino a me – Schachmann – che lavorava benissimo, e dunque ho aspettato fino all’ultimo momento. Sapevo di essere in buona forma». Abbastanza per andare in Francia a vincere il Tour, gli domanda un collega. «Non ho l’ambizione di vincere – ha risposto –. Si tratta della mia prima Grande Boucle, sarei felicissimo se riuscissi a chiudere fra i primi cinque». Tenetelo d’occhio, sarà certo fra i protagonisti di un Tour che si prospetta assai interessante, sempre che il maledetto coronavirus non decida di metterci lo zampino troppo a fondo. «Abbiamo cercato di rispettare tutte le misure a nostra disposizione», ha detto Olivier Senn, direttore del Tour de Suisse. «Le abbiamo addirittura rinforzate rispetto agli standard usuali, ma purtroppo il virus è tornato a diffondersi. A essere risultati positivi al test non sono solo Yates e quattro uomini della Jumbo-Visma, ma anche qualche atleta di altre squadre». Si procederà dunque, purtroppo, navigando a vista. Pare di essere tornati indietro di qualche mese.

Vetrina

Spettacolare, impegnativo e paesaggisticamente strepitoso si è confermato il circuito conclusivo che univa Novazzano, Mendrisio, Castello, Morbio Superiore, Morbio Inferiore, Vacallo, Chiasso e Pedrinate; un periplo da percorrere tre volte fatto di salite brevi ma infernali, poca pianura e discese sconsigliate ai cardiopatici. «Ho disegnato questa tappa tenendo conto delle esigenze sportive ma anche delle necessità a livello di promozione turistica», ha ribadito Andrea Bellati. In effetti, i 30 milioni di telespettatori che seguono ogni giorno la quarta corsa a tappe più importante del mondo oggi si saranno rifatti gli occhi grazie a valli e montagne, laghi e laghetti, fiumi e vigneti. Questa zona viene descritta come la Toscana della Svizzera: ok per le vigne, ma se consideriamo le salite assai nervose e le discese da brivido, il paragone più che con la regione di Dante andrebbe piuttosto fatto col Trentino, che fra l’altro a livello di produzione vinicola non ha nulla da invidiare a nessuno.

«Il circuito conclusivo attorno a Novazzano pare una piccola Amstel», diceva qualche giorno fa Ivan Santaromita. «Di più, direi una piccola Liegi», rilanciava giusto prima della tappa Antonio Ferretti. «In effetti, mi sono ispirato di più alla Liegi – confermava Andrea Bellati –. Ho sempre adorato l’ambiente fantastico che contraddistingue quella gara, col percorso disseminato di buvette, e ho voluto ricreare quell’atmosfera. Scendendo velocissimi da Ambrì, siamo riusciti a prevedere un massacrante circuito finale da percorrere ben tre volte pur riuscendo a rimanere sotto i 200 km, limite posto dagli organizzatori».

La corsa procede – sperando senza troppi ritiri causati dal Covid – con la frazione da Locarno a Moosalp, 180 km e oltre 4mila metri di dislivello. Al comando c’è Vlasov, che in una classifica ancora molto corta vanta 6 secondi su Fuglsang (2°) e 16 su Stefan Küng, che è quinto ed è il migliore degli svizzeri.