L’emergenza pandemia acuisce i problemi del basket elvetico, in primis la scarsa attrattività di un campionato che fatica a portare tifosi nei palazzetti
Siamo di nuovo in emergenza pandemia, con gare che vengono rimandate e quarantene varie, il che non è certamente un bene per il nostro basket. I vuoti allontanano il pubblico, già di per sé molto scarso nelle medie elvetiche, tanto più che il prodotto basket non raggiunge certamente livelli di eccellenza. Mancano i personaggi che accendono gli stimoli, i giocatori che con le loro prodezze portano entusiasmo e spettacolo e allora la gente, non solo i tifosi, corrono a vedere le partite. C’è almeno un giocatore straniero che milita nel nostro campionato che ha queste caratteristiche? No. E allora bisogna trovare delle nuove vie per riportare la gente ad assistere alle sfide e ridare visibilità a questo sport che sta perdendo quota.
In un recente scambio di opinioni, Gaby Gisler, ex presidente della Lega, fatta sparire dalla nuova gestione di Swiss Basketball, mi diceva come il Comitato della Lnba si fosse battuto su alcuni punti essenziali perché il basket potesse avere un impatto più costante sul pubblico. Il doppio turno venerdì e domenica, limitato comunque a due o tre volte per girone, aveva avuto un maggiore impatto sui tifosi. Ma, soprattutto, l’incremento del numero di turni, 3 o 4 a dipendenza del numero di squadre che compongono la serie A, poteva dare maggiore interesse e maggiori stimoli alle società e, conseguentemente, anche all’interesse dei media e del pubblico.
Il tutto, va sottolineato, con un preciso indirizzo delle società verso il professionismo totale, offrendo ai tifosi una maggiore qualità tecnica e competizioni di buon livello. Scelte che avrebbero senza dubbio dato al nostro basket una maggiore qualità e una visibilità tale da suscitare maggiore interesse dei media e anche degli sponsor.
A oggi, possiamo verificare come queste idee siano via via naufragate per l’assenza di una progettualità globale, con non poche società che arrancano ai minimi economici tanto che, alla fine di ogni campionato, non si sa con quante squadre si comincerà la prossima stagione.
Non è certo colpa della pandemia se siamo in questa situazione. Però ora ci si può chiedere se non sia il caso di ridurre da tre a due turni la stagione regolare, perché oramai di regolare non c’è nulla. La preoccupazione che si arriverà a intasare le settimane con gare di recupero è reale, con conseguenti infortuni e squadre ulteriormente ridotte negli effettivi da vari problemi. Perché non va dimenticato che, a parte tre o forse quattro squadre, il professionismo totale è una grande utopia e le strutture societarie sono molto ridotte da una politica giovanile spesso deficitaria e non in grado di sopperire in maniera adeguata ai bisogni immediati della prima squadra. Un circolo vizioso dal quale sarà difficile uscirne.