Basket - Tiri liberi

Curry un fenomeno, ma il tiro bisogna allenarlo. E qui da noi...

Alla base del record di triple del numero 30 di Golden State c’è anche tanto rigore in allenamento, aspetto che alle nostre latitudini... latita

La notizia della scorsa settimana è stato il record assoluto di triple realizzate nella Nba da Steph Curry. Un fenomeno che si è costruito “in casa”, il numero 30 di Golden State. Sotto la spinta di un genitore inflessibile che lo ha portato di peso, si potrebbe dire, a giocare a basket e che l’ha seguito e consigliato sempre. Curry non ha il fisico di un LeBron James né la statura di un Kevin Durant, ma ha un potenziale di velocità di esecuzione del tiro, e parliamo anche da 8-9 metri, che ha rivoluzionato il basket. Con lui le conclusioni da tre in tutte le squadre sono aumentate in modo potenziale e se una volta le partite si giocavano sotto le plance, oggi si decidono soprattutto dalla lunga distanza. Ovviamente stiamo parlando dei migliori al mondo, non necessariamente solo statunitensi come un tempo, ma le doti di realizzatore sono fra le prime richieste a un giocatore. Perché aprono il campo, perché permettono un gioco efficace prima che le difese siano adeguate, perché permettono il dentro-fuori-dentro con maggior efficacia.

Può piacere o no, quello che viene ora definito da molti un tiro a segno, ma è indubbio che il basket del terzo millennio ha questa impronta. Il tiro da tre, soprattutto se scagliato da oltre gli otto metri, entra nella memoria collettiva così come un tempo erano le schiacciate. Non che oggi siano impopolari, anzi, perché tutti, sin dagli juniori, la prima cosa che cercano di arrivare a fare, sono le schiacciate. Ma non c’è nessuno che durante il riscaldamento non si metta a tirare da tre, perché è un’immagine di qualità. La schiacciata è potenza fisica, il tiro un insieme di tecnica, velocità e coordinazione che purtroppo oggi si insegna poco alle nostre latitudini. È sufficiente osservare con un occhio attento certi giocatori delle nostre squadre per vedere come tirano fuori equilibrio, come non sanno rilasciare la palla con la dolcezza e l’energia del polso, come sbagliano il timing nell’esecuzione. Se a ciò uniamo una scarsissima competenza nell’arresto e tiro o il tiro all’uscita da un blocco ben fatto (perché di solito non lo sono affatto), o ancora una posizione dei piedi completamente fuori asse corpo-canestro, abbiamo per risultato delle percentuali molto scarse. Con molte altre nazioni il confronto è imbarazzante e lo vediamo già ai tornei giovanili, per esempio a quelli pasquali della Sam, nei quali le scuole slave rappresentano un esempio incredibile. Perché sono giocatori dotati? No, perché sono giocatori che seguono insegnamenti mirati, hanno la capacità di applicarsi in maniera ottimale e costante, non frignano alla minima richiesta e hanno genitori che li stimolano e spingono a fare sempre meglio. Cose da noi decisamente rare: e si vede.