Marco Tadé e Nicole Gasparini, ma anche i giovani Martino Conedera ed Enea Buzzi: saranno ben quattro i ticinesi al via domani a Ruka in Coppa del mondo!
Non capita tutti i giorni. Anzi, ci spingiamo oltre, quello che succederà domani a Ruka rappresenta probabilmente una prima per lo sport di casa nostra: ben quattro atleti ticinesi al via in una prova di Coppa del mondo! Sì perché agli ormai “habitué” del circuito mondiale di freestyle Marco Tadé e Nicole Gasparini, nella prova di moguls sulle nevi finlandesi che aprirà la Cdm si aggiungono anche il 19enne Martino Conedera e il 17enne Enea Buzzi, al loro esordio a questi livelli (Paolo Pascarella, classe 2004, fungerà invece da apripista).
«Effettivamente quest’anno la nostra squadra si è allargata ed è proprio una bella soddisfazione – ci spiega dalla Lapponia Giacomo Matiz, 35enne friulano a sua volta ex freestyler che dal 2015 ricopre il ruolo di allenatore capo della selezione rossocrociata di gobbe, coadiuvato per la parte acrobatica da Juan Domeniconi –. A Marco e Nicole si sono uniti Martino ed Enea, grazie ai punti Fis che hanno accumulato nella passata stagione in particolare ai Mondiali juniores e ai Campionati svizzeri, nonché ai posti a disposizione in Coppa del mondo che abbiamo come nazione. Assieme al resto dello staff abbiamo quindi ritenuto che era una possibilità da sfruttare e abbiamo così deciso di portarli in partenza già qui a Ruka, dando loro l’occasione di iniziare ad accumulare esperienza vivendo in prima persona la Cdm. Sia in pista sia fuori, perché la differenza non sta tanto nella gara ma in tutto ciò che le sta attorno, per cui a prescindere da come andrà la gara, per loro sarà importante poter respirare l’aria del circuito mondiale e capire cosa significa prendervi parte, nella speranza che possa diventare il loro pane quotidiano nei prossimi anni».
Nell’immediato invece, Matiz ci spiega come «Martino ed Enea avranno la possibilità di disputare tutte le gare di Coppa del mondo del mese di dicembre, quindi dopo Ruka anche Idre Fjall (sulle nevi svedesi sono previsti un moguls e un dual l’11 e 12) e Alpe d’Huez (stesso programma ma il 17 e 18). Se poi dovessero andare davvero bene, non è escluso che possano rimanere in Cdm anche in seguito, ma l’obiettivo principale della loro stagione a livello di risultati rimane la Coppa Europa. Anche perché essendo un anno olimpico, la concorrenza è molto alta, basti pensare che alla gara maschile di sabato dovrebbero partecipare oltre 75 atleti».
Conosciamo quindi un po’ meglio le due “new entry” del team rossocrociato, ormai da anni (dai tempi di Andrea Rinaldi quale responsabile e Deborah Scanzio atleta di punta) una sorta di feudo rossoblù, anche a livello di staff… «Martino è del 2002 ed è un ragazzo serio e intelligente, anche troppo come gli diciamo sempre, in quanto è molto riflessivo. Ha la fortuna che la parte acrobatica gli viene in maniera molto naturale – tanto che in Coppa Europa è uno di quelli che porta i salti più difficili e anche qui saranno di tutto rispetto –, mentre fa un pelino di fatica in più nella tecnica. La base è comunque molto buona, anche perché avendo praticato lo sci alpino da bambino, ha una bella consapevolezza con gli sci ai piedi. Negli ultimi anni è cresciuto molto in altezza e in generale il suo corpo sta diventando quello di un uomo, aspetto questo molto delicato in uno sport che racchiude anche una parte acrobatica, di conseguenza deve lavorare per trovare il giusto equilibrio, ma è sulla buona strada. Inoltre quest’anno ha finito la formazione a Tenero e sta affrontando l’anno passerella, per cui ha un po’ più di tempo da dedicare allo sport».
Riguardo invece a Buzzi, Matiz sottolinea come «è due anni più giovane di Martino, del 2004, e soprattutto è un po’ più “matto”. Gli viene tutto molto facile senza pensarci e in pista è un po’ un “cane sciolto”, viene giù a tutta senza freni e senza mezze misure. Come si vede in particolare nei dual poi non molla mai, anche se sembra mezzo morto, trova il modo per risorgere e anche nel singolo vuole sempre andare al massimo, anche a costo di concedere qualcosa dal punto di vista stilistico. Fisicamente è più piccolino e questo è un vantaggio, ma pure lui sta crescendo molto e si sta adattando».
Una crescita personale, ma anche di squadra… «L’allargamento del team è una cosa bella per gli atleti ma anche per noi, che a ogni gara abbiamo più “cartucce” da sparare per le gare ma anche solo perché rende più dinamico il lavoro. Ogni atleta ha le proprie caratteristiche e i propri bisogni, per non parlare del carattere. Una diversità che rappresenta indubbiamente un valore aggiunto come squadra, perché permette anche ai ragazzi di confrontarsi tra loro, di aiutarsi, consigliarsi e aprirsi. In sostanza di crescere non solo come atleti, ma anche come persone».
A differenza dei giovani compagni di squadra, Marco Tadé e Nicole Gasparini di esperienza ne hanno già accumulata molta sulle gobbe di tutto il mondo e per entrambi la stagione alle porte potrebbe essere quella della verità. Troppo spesso frenati dagli infortuni, il 26enne (ha compiuto gli anni ieri) di Tenero e la 24enne di Cadro stanno inseguendo il loro miglior livello, che per il medagliato di bronzo ai Mondiali del 2017 significa lottare con i migliori e ambire a un’Olimpiade da protagonista, mentre proprio la qualificazione alla rassegna del prossimo febbraio a Pechino sarebbe già una vittoria per Nicole… «Marco ha lavorato molto bene questa estate e sta bene, anche se si porta sempre dietro qualche acciacco fisico che a volte lo frena forse più a livello mentale. Nelle scorse settimane ci siamo allenati tra Svezia e Finlandia e spesso abbiamo dovuto concedergli delle giornate di riposo completo per gestire il suo corpo. Ha lavorato molto sui salti, mettendo a posto due figure sulle quali negli ultimi anni si era esercitato poco – stiamo parlando di salti difficili, tipo il “double full” e il “cork 1000 con grab” – e che avrà la possibilità di portarli in gara da qui ai Giochi. Questo gli permetterà anche di avere qualche opzione in più dal punto di vista tattico, nel senso di valutare man mano cosa inserire nelle sue manche in base anche all’effettivo bisogno. Spero che per Marco questa si riveli la stagione della conferma e della continuità, in quanto l’anno scorso anche a causa di un infortunio a una costola prima dei Mondiali, non aveva potuto disputare molte gare. Iniziare bene sarebbe importante, ma non bisogna nemmeno mettere troppa pressione in questo esordio, in quanto ci sarà tempo per affinare i meccanismi e soprattutto conosciamo le qualità di Marco e sappiamo che ha i numeri per stare con i migliori».
Una (relativa) tranquillità data anche dal fatto che Tadé ha già in tasca il biglietto per Pechino grazie in particolare al secondo posto centrato proprio nella prova di apertura della Coppa del mondo a Ruka un anno fa. Diverso invece il discorso per Gasparini, tornata a gareggiare sempre in Finlandia un anno fa dopo circa due anni di stop a causa dell’ennesimo (il terzo per lei) grave infortunio a un ginocchio patito nel febbraio 2019… «Finalmente Nicole ha potuto affrontare una passata stagione senza grossi problemi fisici e questo potrebbe darle un po’ di tranquillità in più in vista di quella nuova, anche se inevitabilmente ha ancora delle difficoltà e delle paure legate al suo vissuto. Per lei iniziare in maniera positiva sarà più importante che per Marco, dovrà trovare le giuste sensazioni che le permettano di esprimersi al meglio e perché no provare a qualificarsi per i Giochi. Per riuscirci ha bisogno di finire due volte tra le migliori 16 in Coppa del mondo, decisamente una sfida impegnativa considerando anche che il livello in campo femminile si è alzato molto negli ultimi anni, ma non impossibile. Ha le carte in regola per provarci, ma la prima a crederci – già in allenamento – deve essere lei».
Matiz sa bene di cosa parla, visto che prima di diventare allenatore aveva difeso i colori della sua nazione sulle gobbe di mezzo mondo, disputando 79 gare di Cdm (miglior piazzamento un ottavo posto nel 2012 in Cina) e partecipando a 5 Mondiali tra il 2007 e il 2015, nonché ai Giochi olimpici del 2014 a Sochi (21esimo nel moguls), dove era diventato famoso per quel “viva la frice” (espressione friulana che non necessita di traduzione) esclamato in mondovisione. Tralasciando quest’ultimo dettaglio, «essere stato a mia volta un atleta è sicuramente un vantaggio, su tanti aspetti capisco più facilmente i ragazzi. Con Marco ho addirittura gareggiato visto che ci siamo incrociati nei miei ultimi e nei suoi primi anni sul circuito (tra il 2011 e il 2015, ndr), per cui mi ha conosciuto anche come atleta prima che da allenatore e questo ci ha permesso di costruire un rapporto particolare. Con Nicole è ancora diverso, perché la conosco praticamente da quando aveva nove anni e nel frattempo ne sono passati quindici, per cui la conosco fin troppo bene. Scherzi a parte, mi sento quasi un papà per lei e questo se in alcune situazioni nel rapporto allenatore-atleta potrebbe essere uno svantaggio, in realtà in un team piccolo come il nostro è fondamentale. Anzi, pensando che anche con Juan (Domeniconi, ndr) ci conosciamo da una vita visto che è stato pure mio allenatore, direi che è proprio la nostra forza».