Il 20enne ticinese giovedì parte alla volta della North Carolina State University, ‘scelta di vita della quale non mi sono pentito un solo istante’
Giusto il tempo di “sbarcare” dall’isola d’Elba, dove ha trascorso qualche giorno di assoluto relax con la famiglia, che Noè Ponti è stato immediatamente “richiamato all’ordine”: anche al mare ha pagato (volentieri e con la consueta disponibilità) lo scotto alla popolarità, attraverso foto e sorrisi. Del resto, se il Ticino è piccolo, non è che il mondo sia poi così vasto, quando uno sportivo si vede premiato in mondovisione, per poi finire sulle copertine e nelle aperture del telegiornali. Tornato a casa, è ripartito l’iter delle celebrazioni e dei ricevimenti che già lo avevano assorbito prima di riuscire a staccare per qualche giorno. Sabato sera, il “red carpet” al Film Festival. Oggi è il giorno del ricevimento in Comune, nella sua Gambarogno (post aggregazione si chiama così, ma per la precisione Noè è di Quartino), abbracciato per l’ennesima volta dalla popolazione della sua regione che lo ha portato in trionfo, oltre che dalle autorità comunali, pronte a rendergli gli onori che merita per aver così ben rappresentato il Gambarogno sulla ribalta mondiale. Domani sarà la volta del Municipio di Locarno, prima di una capatina a Tenero, ospite d'onore del Centro sportivo e della Nuoto Sport Locarno che sono stati la sua casa per molti anni.
In fondo sono piacevoli, questi impegni, giacché riportano tutti indietro, a quel clamoroso 31 luglio segnato da una medaglia di bronzo di portata storica, la cui eco ancora si avverte, un po’ in lontananza, ma sempre chiara. Il ricordo di quei 100 farfalla, del resto, è impresso nel cuore, e lì è destinato a restare per sempre. E chi se la può scordare, la prima medaglia olimpica della carriera, foss’anche la prima di tante? Impossibile, per Noè, togliersi quei Giochi di dosso. Sono un tatuaggio indelebile, un segno distintivo con il quale continuare a fare i conti. «È impegnativo passare da zero a cento in tempi così rapidi - ammette il 20enne ticinese -. Se prima qualcuno già mi conosceva, oggi la popolarità è esplosa e sono al centro di interviste, eventi, ricevimenti. È aumentato esponenzialmente il numero di chi mi segue sui social. In fondo, ritengo che sia giusto così, a me questa fama fa piacere. Mi permette di cavalcare l’onda che ho generato a Tokyo».
Non si tratta di montarsi la testa o di perdere il contatto con la realtà, bensì di lasciarsi trasportare con grande naturalezza dal moto di empatia suscitato, davvero senza precedenti. «Mi fermano, mi riconoscono. Mi adorano (ride, ndr). Il motivo? Probabilmente proprio perché io sono io, sono me stesso. Non mi sono mai montato la testa, né lo farò mai. Semmai, è l’autostima a essermi propria, una qualità che metto al servizio delle mie ambizioni e degli obiettivi che mi prefiggo».
Tra questi, oltre ai risultati sportivi che un atleta d’élite deve perseguire, c’è il percorso accademico che presuppone il trasferimento a Raleigh, sede della North Carolina State University, il college (indirizzo economico) che Noè - corteggiatissimo - ha scelto sfogliando i petali della rosa delle tantissime proposte che gli erano giunte. Il meglio, sia per quanto riguarda gli studi, sia per la pratica sportiva che lo vedrà quale numero uno di una rinomata e titolata squadra di nuoto.
Una scelta che a qualcuno ha fatto un po’ storcere il naso. A questo punto, forse il caso di fare un po’ di chiarezza, a scanso di equivoci e interpretazioni errate: l'indirizzo per il quale Noè ha optato, di concerto con la famiglia e dopo attenta valutazione, è la classica scelta di vita che non riguarda solo lo sport. In ballo c'è anche il futuro professionale di un ventenne che - giustamente - ha messo sul piatto la sua attività di nuotatore di altissimo livello e la prospettiva di una laurea che in futuro gli possa garantire un ingresso anche nel mondo del lavoro, a fianco del nuoto, oppure quando non sarà più l’acqua ad accoglierlo quotidianamente. Errato quindi credere che partendo per gli Stati Uniti faccia un salto nel vuoto o debba pentirsi per quanto lascia qui in Ticino. Al netto dell'ottimo lavoro svolto per due anni dal suo allenatore Massimo Meloni, senza dubbio artefice anch’egli di un risultato impensabile, ma straordinario e concreto. «Mai un secondo mi sono pentito di aver scelto di partite - conferma Noè con decisione -. L’avevo già detto più di un mese fa e continuo a ripeterlo nelle interviste: parto consapevole. Avrebbe potuto succedere qualsiasi cosa, ma io sarei rimasto convinto della scelta. Capisco che agli occhi del mio allenatore possa non essere quella giusta, se la si mette sul piano tecnico, di un lavoro iniziato due anni fa che verrà interrotto. Un piccolo ripensamento, del resto, prima delle Olimpiadi lo avevo avuto, proprio per una questione pratica, legata al lavoro in piscina, ma è presto rientrato».
Anche perché, se c’è una scuola che primeggia a livello mondiale, parlando di nuoto, è proprio quella americana. Parigi 2024 è una scadenza fondamentale anche per i tuoi nuovi allenatori. «Agli americani alla fine l’unica cosa che interessa sono le Olimpiadi. Più che a noi europei. Per loro le Olimpiadi sono LA gara. Tutte le altre competizioni (Mondiali ed Europei) sono tappe importanti, sì, ma di passaggio. Avevo valutato tutte le opzioni, in Svizzera, non ce n’era una ideale per me. Qui non è facile conciliare studi accademici con lo sport ai massimi livelli, almeno per adesso. Forse, alla luce di alcuni recenti risultati di prestigio, si faranno valutazioni diverse. Non voglio criticare o attaccare nessuno, sia ben chiaro, scrivilo a chiare lettere. Ci sta che a Massimo dispiaccia che vada via. Forse lui qualche responsabilità ai nostri istituti accademici l’ha pure addossata, ma io non voglio dare la colpa a nessuno. Non ho niente contro nessuno. Non scopriamo certo adesso che sportivi svizzeri e ticinesi partono alla volta degli Stati Uniti, per unire lo sport agli studi».
Tornando a quel bronzo: una medaglia ha un peso specifico, declinato anche in responsabilità, non solo in grammi. Noè Ponti arrivava da un buon Europeo, buono ma non clamoroso, e alla gara successiva si è ritrovato con la medaglia olimpica al collo, sotto la luce abbagliante dei riflettori. Il prossimo grande appuntamento saranno i Mondiali in vasca corta ad Abu Dhabi (16-21 dicembre). Lì sì che i 450 grammi della medaglia un po’ si faranno sentire... «Sicuramente arrivo con un profilo più importante di prima. Tuttavia, per me l’obiettivo sarà sempre lo stesso di quest'anno, una semifinale, o una finale. Ottenere un buon piazzamento. Nei 100 farfalla la medaglia l’ho vinta io, ma eravamo tutti lì, molto vicini. Se fossi arrivato quinto, per intenderci, non sarebbe mica stato un fallimento. Lavorerò sodo per ripetere la stessa cosa in funzione di Parigi, per fare qualcosa di carino anche là. In Mondiali ed Europei cercherò di stare nelle prime posizioni, poi può succedere di tutto, a dipendenza del tipo di gara e del grado di forma. Alti e bassi fanno parte del nostro sport. Non è che il terzo posto di Tokyo mi metta al riparo da una brutta gara o sia una garanzia per il bronzo in eterno o per un metallo ancora più prezioso. Nemmeno Phelps è riuscito ad arrivare sempre primo. A Londra, per esempio, fu “solo” ottavo, nei 400 misti».
Del tutto legittimo, però, alzare un po’ l’asticella. Anche questo fa parte dello sport. «Gli obiettivi forse sono più ambiziosi rispetto a prima, però senza esagerare. Non mi arrabbierò, se resterò giù da un podio. In vasca corta è ancora tutt’altra dimensione, rispetto alla “lunga”. In vasca corta è un altro sport. Non ci faccio gare da molto tempo. Chissà, forse sono diventato anche molto più forte di prima, ma non potrò dirlo fino ai Mondiali».
In perfetto stile americano, per Noè Ponti Mondiali ed Europei diventano solo delle tappe, per quanto prestigiose. «Là sono orientati all'olimpismo, ma tengono conto degli appuntamenti della stagione. Quelli principali saranno gli Europei e i Mondiali in vasca lunga. Di programmazione, però, non ho ancora parlato, lo farò al mio arrivo. Sanno quali scadenze mi sono prefissato. Non dimentichiamo che mi presento con una medaglia al collo (sorride, ndr)».
La piscina ti è mancata? «No. Quando sono in vacanza non mi manca mai. Ci sono atleti che dopo le Olimpiadi staccano per un mese e mezzo, anche i più forti. Si arriva a un punto in cui una pausa diventa un’esigenza. Anche se è lunga, nulla è compromesso. Forse si impiega più tempo a riprendere, ma ci sono nove mesi per preparare il prossimo grande obiettivo, i Mondiali in vasca lunga di Fukuoka».