Anche chi in campo europeo eccelle, come Clivaz, da noi è incline a dimostrare il suo potere. E per tecnici e giocatori, adeguarsi diventa un'impresa
Torniamo a parlare di arbitraggi, viste le ultime partite che hanno coinvolto le nostre squadre. Quello che è apparso chiaro a tutti, e non solo a noi ticinesi, è che in campo si va a spanne, con un occhio al risultato e il conseguente adeguamento delle fischiate. Lo si è visto molto bene sabato a Ginevra: un primo tempo arbitrato molto bene da Clivaz, Novakovic e Pillet, durante il quale è stato concesso poco o nulla al gioco sporco dei ginevrini, mani addosso, blocchi in movimento e spinte. Poi, con Massagno avanti di 11 a inizio del terzo quarto, ecco montare in cattedra soprattutto (e il solito, direi) Clivaz. Lui è certamente il miglior arbitro in Svizzera e le sue direzioni in gare europee lo dimostrano. Nelle gare da me viste, non ho mai notato atteggiamenti strafottenti e provocatori come fa nel nostro campionato, il suo arbitraggio è lineare e concreto. E, anche se un giocatore o un coach si lamenta in maniera civile, non elargisce fatti tecnici a vanvera: come fa troppo spesso in Svizzera. Se a fine gara, un giocatore di Ginevra ha commentato “MVP du match, Clivaz”, qualche significato deve pure averlo. La Spinelli ne ha fatto le spese, al netto dei passaggi a vuoto e dei tiri liberi sbagliati, ma gli errori sul campo dei giocatori non sono certamente volontari, mentre decidere se fischiare un secondo prima o uno dopo, se tollerare quello che prima non si era tollerato e se dare falli tecnici per ogni banalità verbale, la volontà c’è tutta. Non spetta agli arbitri aiutare chi è in difficoltà, loro sono pagati, e profumatamente, per tenere in equilibrio l’applicazione delle regole per 40 minuti, sia che le squadre siano punto a punto, sia che una abbia 20 punti di vantaggio sull’altra. E, lo abbiamo visto spesso, come il cambio consapevole di metro a favore della più debole, abbia riaperto più volte partite già finite. Anche perché chi arbitra con Clivaz ne è succube e si adegua al suo metro, pur di non andare contro a chi decide dentro e fuori il campo.
Questo esempio non è solo di netta marca “clivaziana”, altri arbitri del Gotha seguono le sue orme perché è un modo per dimostrare il loro potere sul campo, come abbiamo visto fare da Mikaelides e compagni in recenti gare. Poi, l’abbiamo già sottolineato, certi giocatori dovrebbe evitare qualsiasi atteggiamento negativo a ogni fischiata. Ce ne sono alcuni che sono ovviamente nel mirino degli arbitri per la loro cattiva abitudine a lamentarsi per ogni fischio fatto contro di loro o per un fallo subito e non fischiato. È giusto difendersi, ma si sa che ogni volta che si discute si genera nell’arbitro la voglia dell' “adesso ti faccio vedere io” e le cose peggiorano.
Quello che ci auguriamo sempre e da sempre, è che le partite e i trofei siano i giocatori a deciderli e non gli umori ondivaghi di chi dirige. Soprattutto, acquisire linearità nel giudicare dal primo all’ultimo minuto, consentendo a giocatori e allenatori di adeguarsi al metro iniziale e poter giocare senza sentirsi penalizzati dai cambi di metro. Altrimenti, anche da questo punto di vista l’insieme del nostro basket non potrà mai migliorare.