La 23enne di Cadro è pronta al rientro (oggi a Ruka) dopo due anni di assenza dalla Coppa del mondo in seguito al terzo grave infortunio delle sua carriera
Domani attorno alle 15 (ora svizzera) Nicole Gasparini guarderà dall’alto al basso le gobbe della pista di Ruka, in Finlandia. E avrà già vinto. Sì perché se presentarsi al cancelletto di partenza di una gara di Coppa del mondo rappresenta un successo per qualsiasi giovane freestyler, figuriamoci per la 23enne di Cadro. Che di prove del circuito mondiale ne ha già affrontate undici, ma nessuna di queste negli ultimi 22 mesi, passati tra riabilitazione, fisioterapia e allenamenti per tornare quella di prima. Anzi, «più forte di prima», mette subito in chiaro “Niki”.
Più forte della ragazza che nel febbraio 2019, quando si apprestava a vivere il suo primo Mondiale da protagonista (a Deer Valley, nello Utah), si era vista crollare il mondo addosso per colpa di un atterraggio non perfetto in allenamento che le aveva procurato lo strappo dei legamenti crociati del ginocchio sinistro. Un colpo durissimo per una ragazza allora solo 21enne ma che già nelle annate 2014/2015 e 2016/2017 era stata costretta a saltare l’intera stagione (rassegna iridata compresa) a causa di due gravi infortuni al ginocchio, prima al destro e poi al sinistro. «Il primo passo è stato quello di decidere come procedere, perché a prescindere dal prosieguo dell’attività agonistica, dovevo “aggiustare” il mio ginocchio – ci racconta dalla Finlandia l’atleta della selezione rossocrociata, oltre che di TiSki –. Avendo già utilizzato i miei due tendini delle cosce per ricostruire i legamenti del ginocchio in occasione dei precedenti infortuni, assieme ai medici abbiamo deciso di prelevare quanto necessario da un “donatore” (un cadavere, ndr), anche per non andare a indebolire ulteriormente altre parti del mio corpo. Mi sono dovuta sottoporre a due interventi, il primo per chiudere i buchi nell’osso riasalenti all’operazione precedente e il secondo, tre mesi dopo, per ricostruire i legamenti».
E poi è iniziata la lunga riabilitazione, un percorso imprescindibile che purtroppo la ticinese conosceva già bene, ma che forse anche per questo ha deciso di affrontare in maniera differente rispetto alle due precedenti esperienze… «Sentivo il bisogno di provare a fare qualcosa di diverso e ho scelto di staccarmi dal comfort di casa e svolgere la riabilitazione a Winterthur, presso un struttura specializzata (il centro di MedBase Win4, ndr) nella quale praticamente nessuno mi conosceva a parte l’amica Camilla Gendotti, osteopata della squadra svizzera di moguls che mi ha pure ospitato in quei mesi e che era con me negli Stati Uniti quando mi sono fatta male. Ho preso questa decisione anche perché dovevo capire se tornare a sciare era davvero quello che desideravo e non volevo farmi influenzare da nessuno. Anzi a dire il vero dentro di me avevo già deciso di riprovarci, ma ci tenevo a farlo meglio, non valeva la pena tornare a un livello inferiore o anche uguale a prima, volevo darmi la possibilità di tornare più forte e sentivo che a Winterthur avrei trovato le condizioni giuste per farlo. Inoltre essendoci già passata, sapevo che durante un percorso di riabilitazione sono tanti i momenti difficili nei quali sei più fragile e anche più influenzabile, per cui ho voluto isolarmi in modo da avere la certezza di essere solo io a prendere le decisioni sul mio futuro. Ciò non toglie che come sempre il supporto della mia famiglia e degli amici, che paradossalmente sentivo più spesso di quando ero in Ticino, è stato importante».
Un percorso a ostacoli affrontato come detto non una, non due, ma ben tre volte, spinta dalla forza di un sogno che il dolore (non solo fisico) ancora non è riuscito a spezzare… «Devo ammettere che durante la riabilitazione ho avuto diversi dubbi, ci sono stati giorni in cui ho fatto più fatica e mi sono chiesta se ne valesse davvero la pena, però poi mi ricordavo perché ero arrivata fino a lì, ossia per realizzare il mio sogno più grande, partecipare alle Olimpiadi e questo mi ha aiutato ad andare avanti durante questa riabilitazione come in quelle passate».
Quella di domani sarà come detto la prima gara di Nicole da quasi due anni, con la sua ultima apparizione in Coppa del mondo che risale al 28esimo posto conquistato nella località canadese di Mont Tremblant il 26 gennaio 2019... «Un po’ di tensione, in particolare alla prima gara, c’è sempre anche se non si rientra da un infortunio, però devo dire che dopo due anni lontano dalle competizioni, il desiderio di tornare in pista supera di gran lunga la paura. Ho proprio voglia di godermela e di divertirmi senza mettermi troppa pressione. Ho svolto una bella preparazione estiva e mi sento bene, anche se purtroppo a causa delle restrizioni legate al Covid ho potuto passare meno tempo con gli sci ai piedi rispetto agli anni passati, e questo allenamento tra le gobbe e sui salti un po’ mi manca. A maggior ragione so che devo sfruttare ogni giorno in cui ho la possibilità di sciare per mettere chilometri nelle gambe e affinare i meccanismi. Di conseguenza non mi sono ancora posta obiettivi a livello di risultati, in questo momento il mio scopo principale è ritrovare il feeling di gara e con la pista, in modo da fare nuovamente il pieno di fiducia».
Poi, eventualmente, si potrà anche pensare a chiudere il conto in sospeso con i Campionati del mondo, la cui partecipazione le è sempre stata negata dagli infortuni. Una rassegna iridata in programma a metà febbraio nella prefettura cinese di Zhangjiakou (dove nel 2022 dovrebbero svolgersi le competizioni olimpiche) comunque a forte rischio a causa evidentemente della delicata situazione sanitaria mondiale e delle restrizioni (in particolare la quarantena obbligatoria di 14 giorni in entrata nel Paese) imposte dalla Cina… «Per qualificarmi devo ottenere due piazzamenti nelle migliori 24. Chiaramente sarebbe bello riuscire finalmente a partecipare a un Mondiale, ma partire con l’obiettivo di centrare la qualifica mi metterebbe solo addosso un’inutile agitazione che sarebbe controproducente. In questi anni ho imparato che l’importante è rimanere sereni e apprezzare quello che si fa, poi tutto, risultati compresi, arriva di conseguenza. Nella stagione 2018/2019 era successo così, ero tranquilla ed era arrivata la qualificazione».
Nicole Gasparini non è l’unica ticinese pronta a lanciarsi nella nuova Coppa del mondo, con lei c’è anche il 25enne di Tenero Marco Tadé, tre le promesse più grandi dello sport rossocrociato ma a sua volta frenato da più infortuni (ha comunque già in bacheca un bronzo ai Mondiali 2017), l’ultimo dei quali nel 2018 a pochi giorni dalle Olimpiadi di Pyeongchang… «Io e Marco ci siamo sempre un po’ alternati con gli infortuni e in pratica questa è la prima stagione che ci apprestiamo a vivere assieme, pur conoscendoci dal 2006. Il percorso simile in ogni caso ci ha avvicinato, sappiamo cosa significa e ci supportiamo, è bello poter iniziare questa stagione insieme e sono certa che arriveremo entrambi in fondo».
Una selezione quella rossocrociata di moguls che come ormai da tradizione è praticamente un feudo ticinese, con Nicole e Marco unici due atleti di Cdm e uno staff quasi interamente di casa nostra. Salutato lo storico allenatore Andrea Rinaldi (passato all’importante ruolo di direttore di gara della Fis, quindi comunque presente sulle piste della Coppa del mondo), la guida tecnica è affidata a Giacomo Matiz (ex atleta della nazionale italiana che per anni si è allenato con quella svizzera), mentre della parte acrobatica si occupa Juan Domeniconi. C'è poi la già citata Camilla Gendotti in qualità di fisioterapista… «Quando ho frequentato il primo corso di freestyle alla scuola Eyfa (European Youth Freestyle Academy, ndr) di Andrea Rinaldi, Giacomo era un atleta 20enne e fungeva da aiuto allenatore. In seguito siamo stati anche compagni di squadra, di conseguenza si è creato un bel rapporto ed è fantastico averlo ora come tecnico, mi conosce bene e sa capirmi. Ma è lo stesso anche con Juan e Camilla, più che un team il nostro è una piccola famiglia e questo aiuta molto, soprattutto nei momenti difficili».
Chi invece non fa più parte (perlomeno non fisicamente) dell’affiatato gruppo è Deborah Scanzio, ritiratasi nel marzo 2018 dopo poco meno di una ventina d’anni passati sulle gobbe di mezzo mondo… «Ma mi è sempre vicina, siamo persino diventate compagne di scuola in quanto quest’anno ci siamo iscritte entrambe al Bachelor di Leisure (termine che raggruppa i settori dell’intrattenimento e del turismo, ndr) Management della Supsi, per cui ci sentiamo quasi più di prima e ho la fortuna di poter continuare a contare su di lei».
Già, però domani pomeriggio, quando guarderà dall’alto al basso le gobbe della pista di Ruka, Niki sarà sola con il suo sogno. O forse no.