Una nuova grana per il proprietario Dan Snyder, dopo che l'ondata di proteste a favore dei diritti civili lo ha costretto a cambiare nome e logo della squadra
Non è un'estate tranquilla, quella di Dan Snyder e dei suoi Washington "per il momento" Redskins. Da una parte le incognite legate alla pandemia di Covid-19 e l'incertezza in merito allo svolgimento regolare della stagione Nfl (una cancellazione avrebbe pesanti ripercussioni finanziarie, per lo sport più ricco, ma anche più costoso al mondo); dall'altra i grattacapi che stanno toccando in particolare la franchigia della capitale federale. In primo luogo, la decisione di cambiare nome e logo, dopo decenni di controversie con le varie associazioni dei nativi americani. Il termine "pellerossa" è ritenuto un insulto e, nonostante sia stato scelto nel 1933 per onorare i nativi americani, non è mai stato accettato dalla comunità indiana che ha subito chiesto di cambiarlo. La pressione si è fatta più forte negli ultimi anni, dopo un discorso dell'allora presidente Barack Obama a favore del cambiamento del nome da parte di Washington, ma anche di tutte le istituzioni sportive che utilizzano nomi riconducibili a Nazioni indiane, ma soprattutto dopo lo scoppio della rivolta a favore dei diritti umani che ha fatto seguito all'uccisione di George Floyd. Alla fine, Snyder ha ceduto alle pressioni, per cui nel corso dei prossimi mesi (senza dubbio prima dell'inizio della stagione a settembre) i Washington Redskins assumeranno un'altra identità. In questi giorni si specula e si scommette sulle possibili scelte. Una tra le più gettonate sarebbe Washington Redtails, in onore del primo squadrone di piloti da caccia formatosi per prendere parte alla Seconda guerra mondiale, i Tuskegee Airmen, soprannominati appunto "Code rosse". L'associazione ha già fatto sapere che sarebbe felice di collaborare con la franchigia Nfl nel caso in cui venisse scelto il nome Redtails.
Ma quello del cambiamento di identità non è il grattacapo principale che in queste ore assilla Dan Snyder. Il Washington Post ha infatti dato notizia delle accuse portate da 15 donne, impiegate o ex impiegate dei Redskins, le quali accusano vari impiegati dell'organizzazione, tra cui membri molto vicini a Snyder, di molestie sessuali tra il 2006 e il 2019. La franchigia, pur rifiutandosi di commentare nello specifico, ha subito affermato che un'indagine è stata aperta e che qualsiasi comportamento contrario all'etica della società verrà sanzionato. Nel frattempo, Larry Michael, il commentatore delle partite per la radio dei Redskins, ha improvvisamente rassegnato le dimissioni, mentre Alex Santos, direttore del personale professionistico, è stato licenziato settimana scorsa. Emily Applegate, una delle 15 donne confidatesi con il Post, ha affermato che il presidente Bruce Allen doveva sapere cosa stava succedendo in quanto l'ha vista più volte piangere. Applegate ha pure affermato di essere scettica sul fatto che Snyder non sapesse nulla. Né il proprietario, né il presidente sono comunque stati formalmente accusati di molestie. A Snyder, invece, è stato contestato il fatto di aver creato un ambiente di lavoro inadeguato e "tossico" che è servito da esempio ai suoi subordinati. La National Football League ha aperto un'inchiesta per capire se sussistono gli estremi per infliggere alla franchigia una punizione.
Le rivelazioni del Washington Post rischiano di creare un vero e proprio scandalo attorno a una franchigia che già si trova nell'occhio del ciclone. Il cambio di nome e logo, insomma, sta davvero diventando l'ultimo dei problemi per Dan Snyder.