Swiss Boxing si è affidato all’allenatore ticinese (premio Atgs al merito sportivo nel 2007) per un rimpasto tecnico
I capelli - dice lui pensando agli anni che passano - si sono diradati, e sono diventati grigi. Già, il tempo scorre inesorabile per tutti. L’ultimo scatto d’archivio che avevamo di lui lo ritraeva commosso, in lacrime, per l’annuncio dell’addio al pugilato agonistico di uno dei suoi pupilli, quello più titolato e vincente, Roberto Belge. Era il novembre del 2012, e Federico Beresini quel giorno chiudeva una delle tante parentesi della sua carriera in ambito pugilistico, quella accompagnata dal maggiore clamore mediatico, proprio in virtù dei tanti successi internazionali del popolare ‘Ruby’.
Beresini, però, alla boxe ha dedicato parte della vita prima di Belge (nel 2007 fu insignito del premio al Merito sportivo da parte dell'associazione giornalisti sportivi ticinesi), e continua a farlo ora che sono ormai trascorsi otto anni da quell’ondata di emotività. A inizio aprile è stato nominato allenatore nazionale da Swiss Boxing (la federazione pugilistica nazionale), ruolo che riveste in stretta collaborazione con Cristina Nigg, responsabile del settore agonistico. Un ritorno, in realtà, per un tecnico che con la federazione svizzera aveva già lavorato con grande profitto e buoni risultati dal 2011 al 2016. «Dal primo aprile di quest’anno - conferma Federico Beresini, responsabile del servizio antidroga in seno alla Comunale di Locarno ormai prossimo al pensionamento - sono tornato in seno a Swiss Boxing, come allenatore nazionale, con competenze estese che vanno dalle categorie juniores agli élite (ragazze e ragazzi). Sono stato contattato dai responsabili della federazione perché avevamo già lavorato molto assieme, con risultati sempre lusinghieri. A suo tempo prendemmo strade diverse perché fui io a decidere di lasciare la federazione. Ora, alla luce della scarsità di risultati e a seguito di un paio di dimissioni, vi è l’esigenza di rinnovare le strutture. Mi hanno chiesto la disponibilità a collaborare con Cristina, ex campionessa del mondo, e ho accettato. Stiamo ripartendo da zero, abbiamo reimpostato un po’ tutto a livello tecnico. Focalizzerò la mia attenzione sulle categorie juniores, per poi portare tra gli élite i ragazzi con il potenziale adatto».
Il percorso di Beresini nel mondo del pugilato è stato lungo e ricco di esperienze diverse, tutte piuttosto fortunate. Ai suoi pupilli lo legano ricordi piacevoli e un rapporto che nel tempo è proseguito. «Ho mantenuto un buon rapporto con tutti i miei ex pugili. Ho avuto il privilegio di lavorare con ragazzi che nella sport e nella vita hanno avuto modo di fare conquiste importanti. Nella mia palestra ho sempre imposto delle regole comportamentali e preteso un’etica che trova sfogo anche fuori dal ring, nella vita civile. Aiutato, in questo, dalla mia professione. Noi allenatori operiamo in un contesto che dobbiamo sforzarci di impostare su regole precise e sulla buona educazione, per fare crescere i ragazzi con determinati valori, utili sia allo sport sia alla vita fuori dalla palestra. Ecco perché ho sempre privilegiato il contatto continuo con i genitori e vigilato sull'andamento scolastico dei loro figli. Chi non mostra il giusto impegno a scuola, nella mia palestra non trova posto, è questa la mia filosofia. Ripensando ai ragazzi che ho allenato, Giuseppe Canneto ha una ditta di forniture alberghiere, Ricardo Silva, tuttora in attività, è capo reparto in ambito infermieristico, Ruby Belge ha una palestra ed è molto richiesto come consulente e preparatore. Andrjia Petric fu il secondo miglior apprendista elettrotecnico di tutto il Ticino. Sono belle soddisfazioni, per me. Non tutto è sempre filato tutto liscio sul piano della disciplina, questo è vero, ma qualche elemento di disturbo c’è sempre, in qualsivoglia contesto sociale o struttura sportiva. Non siamo degli assistenti sociali, ma come allenatori di pugilato possiamo dare ai giovani la palestra come alternativa a un altro tipo di vita. È uno degli scopi che un allenatore si prefigge».
In veste di tecnico federale, deve però anche cercare di forgiare un campione, per quanto possibile. Una missione difficile che a Beresini è riuscita, in più di un’occasione. Partendo da Giuseppe Ferrazzo, classe 1969, ultimo combattimento nell’ormai lontano 2001. «Cominciai - spiega, scavando nei ricordi - rilevando la direzione di Ti-Boxing (l’allora federazione ticinese, ndr) rilevandola da Werner Nussbaumer. A quei tempi assunsi la direzione della palestra di Giovanni Laus, ad Ascona, che ho poi guidato fino alla fine del 2010, inizio del 2011. Sotto l’egida di Ti-Boxing ho lavorato con Ferrazzo. Verso la fine degli Anni ‘90 quando si è interrotta l’attività di Ti-Boxing, ho cominciato ad allenare ragazzi della mia scuderia: Giuseppe Canneto, il primo pugile portato a certi livelli, con il quale abbiamo preso parte ai Mondiali a Cuba nel 2002. Con lui, che ho accompagnato in carriera da quando aveva 12 anni, abbiamo ottenuto un argento in un torneo di livello europeo: fu il primo vero grande trionfo internazionale di un pugile svizzero. Poi, sulla scena sono arrivati anche Roberto Belge, con il quale ho vinto tre campionati svizzeri da dilettante, uno da professionista e tre Mondiali, nonché l’Europeo a Bolton, Ricardo Silva, con il quale ho disputato un centinaio di incontri, dai suoi 10 ai 20 anni, vincendo tutto a livello svizzero. Ho conquistato il titolo svizzero con Andrjia Petric, ma anche con Michael Congiu e diversi altri ragazzi nelle categorie juniores, con cui ho vinto altri svariati titoli nazionali».
L’avventura in seno al Boxe Club Ascona si concluse nel 2011. «Passai il testimone a Marco Franscella (tuttora attivo alla guida del Bca, ndr) perché fui nominato sport manager e allenatore nazionale. Fu un periodo di sei anni contrassegnato da buoni risultati. Il più prestigioso fu la medaglia di bronzo agli Europei Under 22 con Davide Faraci (doppia nazionalità, oggi ‘pro’ in possesso della licenza italiana, ndr) a Kaliningrado, in Russia. Con Faraci ho lavorato ancora recentemente per qualche stage prima dei titoli italiani per i quali ha combattuto e vinto, alla fine dello scorso anno. Con la selezione elvetica abbiamo vinto diversi tornei e due bronzi ai Mondiali universitari».
Un periodo fortunato al quale fece seguito un quadriennio da ‘freelance’. «Dopo la Nazionale, tra il 2016 e 2019, ho svolto l’attività di indipendente, a disposizione degli atleti che decidevano di fare capo a me. Come il già citato Faraci».
Il resto, è storia di adesso, del nuovo incarico in seno a Swiss Boxing. «È stato intavolato un discorso molto articolato con Swiss Olympic, per un progetto professionistico che prevede la mia assunzione con un incarico al cinquanta per cento che diventerà presto la mia unica occupazione, visto che sarò al beneficio della pensione tra pochi mesi».
Come anticipato, è in atto un rimpasto tecnico. «Bisogna ricominciare dalle selezioni. Molti degli atleti dei quadri nazionali (l'unico ticinese è il 28enne Tiago Pugno, ndr), non più giovanissimi, stanno pensando di passare al professionismo. Bisogna valutare bene quali progetti abbiano, prima di muoversi, ma si tratterà comunque di ricominciare quasi da zero. La nuova selezione verrà fatta con i Campionati svizzeri di fine novembre, sempre ammesso che possano essere disputati. Qualche giovane interessante in giro c’è, segnatamente ad Ascona. Ragazzi che già orbitano in ambito giovanile. Ripartiremo da lì».
Il professionismo è una via? «Perché no. Le strutture in Ticino ci sono. Ci sono alti e bassi, ma nel complesso i club sono sani. Qualche possibilità per i ragazzi c’è. Swiss Boxing, però, tratta con i dilettanti. Il professionismo presuppone un altro tipo di carriera che non è di mia competenza. Come federazione, siamo affiliati all’Aiba, la federazione internazionale. Per fare un paragone, è come la Fifa per il calcio. È la massima istanza che però non prevede tutte le molteplici sigle della boxe professionistica».
La fotografia del basket ticinese: c’è un certo fermento, al netto di qualche professionista che ha già avuto modo di illustrarsi (Marzio Franscella, il già citato Ricardo Silva…)? «Il movimento c’è, perché le palestre sono piene. L’interesse verso la disciplina esiste, ma è da sviluppare. Bisogna lavorare sulla carriera dei pugili, ma anche su quella degli allenatori. Ci sono ancora molti margini per quanto riguarda la competenza a livello internazionale dei tecnici. In questo ambito, il livello va alzato».
È noto che in Ticino la rivalità tra i club è storicamente piuttosto accesa. «Un fenomeno abbastanza diffuso un po’ a tutti i livelli, nel pugilato. Da parte mia, ho contattato i tre club attivi (Ascona, Locarno e Riazzino,ndr): tutti hanno manifestato la volontà di collaborare. L’unione fa la forza. Stiamo valutando anche la creazione di una federazione ticinese di pugilato che non potrà che portare dei benefici all’intero movimento. Ogni sport ha una federazione cantonale, la boxe no. È uno sport minore, bisogna unire le forze, anche per una questione di sponsor, in un momento storico per nulla semplice. Bisogna seminare, per poi raccogliere. Light-contact e fitness boxing sono entrate in orbita Gioventù e Sport. Qualche sovvenzione farebbe comodo, anche perché non tutti quelli che frequentano la palestra di pugilato ci vanno per la boxe. Tanti si accontentano di fare ginnastica, o un po’ di movimento».