Ai Giochi olimpici giovanili di Buenos Aires la 16enne momò in forza all'Us Ascona gareggia nel lungo: ‘Se sono felice, la misura arriva’
Quanto Emma Piffaretti si potesse profilare in ambito nazionale prima e internazionale poi, come logica conseguenza dei suoi enormi progressi nella velocità e nel salto in lungo, lo si è capito lo scorso autunno, con il suo inserimento nei quadri “Swiss Starters Future” che Swiss Athletics seleziona con l’obiettivo, negli anni a venire, di una partecipazione a un Europeo o a un Mondiale U18 o U20. Tre i giovani classe 2002 selezionati, tra i quali, appunto la portacolori dell’Us Ascona, nata e cresciuta tecnicamente nella Sfg Chiasso. Più o meno un anno dopo, Emma alle spalle ha gli Europei U18 di Györ, dove ha stabilito il nuovo personale nel lungo con l’ottimo 6m25 valsole la medaglia d’argento e il record ticinese giovanile. A inizio settembre a Frauenfeld si è aggiudicata il doppio titolo svizzero U18 nel lungo e nei 200, ritoccando il record giovanile ticinese, vecchio di 21 anni, con 24’’22. Lo scorso fine settimana a due giorni dalla sua partenza, ha fatto suo il doppio titolo ticinese allo stadio del Lido di Locarno (100 e lungo). Ma è quello che Emma Piffaretti ha davanti a catalizzare l’attenzione della promettente atleta momò, partita lunedì alla volta di Buenos Aires, per rispondere alla convocazione di Swiss Olympic per i Giochi olimpici della Gioventù (6-18 ottobre), dove disputerà il concorso del salto in lungo e avrà il privilegio di difendere i colori rossocrociati nella kermesse a cinque cerchi giovanile. Inevitabile un po’ di ansia, alla vigilia di una scadenza tanto importante. «In una competizione come quella cui prenderò parte – spiega Emma – si ha voglia di dare il meglio di sé. La tensione crescerà, a ridosso della gara, ma sono sensazioni che rientrano nella normalità». Il primo squillo internazionale degli Europei è giunto lo scorso 6 luglio a Györ, con l’argento nel lungo agli Europei giovanili, con tanto di personale (6m25). Ne sono seguite settimane molto intense, focalizzate sugli imminenti Giochi. «Dopo l’Ungheria, sono tornata in Ticino per il Galà dei Castelli. Poi ho ripreso gli allenamenti. Ho fatto molta preparazione per i 200, già a partire da un campo d’allenamento a St. Moritz, poi a Montréal (Canada), dove ho soggiornato allenandomi alla McGill University. Siccome agli Svizzeri di inizio settembre correvo i 200 non ho fatto una vera e propria vacanza. Archiviati gli Svizzeri, ho continuato ad allenare anche la rincorsa e le altre fasi del salto in lungo. In questi giorni ho insistito in modo particolare sull’allenamento per i 100, con sprint su brevi distanze, e per gli ostacoli. Agli Europei li avevo fatti, ma poi li avevo un po’ accantonati. Ostacoli e lungo sono legati. Se si va bene in una disciplina, è più facile andare bene anche nell’altra, perché il principio che le regge è il medesimo».
Buenos Aires, però, farà solo il lungo... «È in quella disciplina che mi sono qualificata e Swiss Olympic ha confermato la mia partecipazione. La gara, contrariamente a quanto siamo abituati nei campionati di atletica, non sarà divisa in batterie di qualificazione e finale, bensì prevede due gare distinte, la media delle quali darà poi vita al risultato finale. Una sorta di prova in due manche, per intenderci. Una regola introdotta dagli organizzatori per evitare che un atleta si sorbisca il viaggio fino in Argentina e venga poi subito eliminato in batteria». Obiettivo tecnico? Ritoccare il limite? «Dare il meglio di me e avvicinare il personale. Ciò che più conta è essere contenta di ciò che faccio. Se lo sono, il risultato poi arriva». Reduce dai due titoli cantonali (100 e lungo) conquistati a Locarno, Emma Piffaretti sul proprio profilo Instagram ha scritto “Ritrovando le sensazioni in previsione di Buenos Aires”. Quali sono queste sensazioni, inevitabilmente molto speciali? «I Ticinesi sono stata l’ultima gara prima del grande appuntamento rappresentato dai Giochi olimpici giovanili. Per me era importante ritrovare determinate sensazioni in una gara come i 100 che non facevo da un po’, e che ho fatto per lavorare sulla velocità e per capire a che punto sono. Più che ritrovare le sensazioni, volevo riprovarle». Con quale esito? «Diciamo che sono piuttosto soddisfatta. Abbiamo lavorato più sulle sensazioni che sulle misure. Quelle, poi, arrivano. Basta poco, per fare la differenza. Stiamo analizzando le prestazioni, parte per parte. Sono fiduciosa, in tal senso. E sono contenta del mio stato di forma».
Sedici anni, e una carriera promettente, ma ancora tutta da scoprire. Così come da scoprire c’è la magica atmosfera di un’Olimpiade. In formato giovanile, ma pur sempre un grande evento. «Sono felice di poter fare questa esperienza – commenta Emma –, ma non so ancora bene cosa aspettarmi. Mi immagino qualcosa di molto grande. Proverò emozioni molto forti, questo è certo. A 16 anni ho ancora tutto da vivere. Prendo tutto questo come un’esperienza formativa che mi sarà utile per quanto andrò a vivere più avanti. Una medaglia o un buon piazzamento possono regalare soddisfazioni enormi, ma io a Buenos Aires voglio soprattutto iniziare a riempire il mio bagaglio d’esperienza». Nelle scorse settimane. in occasione di un raduno organizzato da Swiss Olympic (ritiro materiale e altre attività), Emma ha incontrato gli altri due ticinesi partiti alla volta dell’Argentina, Noè Ponti (nuoto) e Jason Solari (tiro). «Ho avuto modo di parlare un po’ con loro. Con Noè ho condiviso il viaggio di ritorno a casa. A Buenos Aires ci ritroveremo di sicuro, non fosse che per la cerimonia d’apertura e di chiusura. Swiss Olympic si è anche augurata che ciascun atleta possa seguire e sostenere le gare dei connazionali, in nome del concetto di gruppo. È giusto che ciascuno pensi alla propria disciplina, ma è altresì importante che si sostengano anche i compagni. Ai miei occhi, l’Olimpiade è anche questo». Mamma Elisabeth e papà Mattia sono abituati alle assenze della figlia, impegnata saltuariamente in gare, raduni e campi d’allenamento. Tuttavia, saperla in questa nuova dimensione, genera giocoforza sentimenti speciali. «Penso che siano un po’ tesi, sì, ma anche molto orgogliosi. Hanno fatto un lavoro enorme per farmi arrivare fino a questo punto. Forse a qualcuno sfugge quanto lavoro ci sia dietro questi traguardi, anche da parte dei genitori. Si sono fatti in otto, non in quattro, per sostenermi. Lo fanno per amore. A volte si fatica a riconoscerlo, ma stavolta in modo particolare desidero che sia chiaro quanto io sia loro grata».