Raggiri anche a sei cifre, nuova ondata di colpi con nuove tecniche per agganciare le vittime e recuperare il bottino
‘Ciao, mi riconosci, hai capito chi sono?’ è il nuovo approccio dell’organizzazione criminale rom – basata in Polonia, ma con tentacoli in Italia, Germania e Svizzera – che attraverso telefonate mirate, spacciandosi per nipoti in difficoltà, cerca di agganciare pensionati e scucire ingenti somme. La truffa del falso nipote, dopo qualche anno di calma, ha ripreso di mira il Ticino (due fermi a gennaio) rinnovandosi nel modus operandi. «Vediamo un ritorno di queste truffe. Quando si dedicano ad una zona, come il Ticino, la passano a tappeto, fanno anche 40 telefonate al giorno, poi si concentrano su chi riescono ad agganciare. Chiamano dalla Polonia, usano schede prepagate, non rintracciabili. Anni fa fingevano di essere un nipote, ora spingono la vittima a fare il nome di un parente o di un conoscente. Poi entra in scena un complice che arriva dall’Italia per ritirare i soldi. Ora la novità è usare tassisti per farsi portare i soldi in Italia», spiega Angelo Fieni, caposezione reati contro il patrimonio della Polizia cantonale. La cifra più alta che hanno ‘sfilato’ ad una vittima in Ticino è stata di alcune centinaia di migliaia di franchi. Una somma enorme.
Tanta prevenzione fatta, diversi processi conclusi. Eppure c’è ancora chi ci casca. Una coppia di giovani pensionati di Olivone stava per consegnare 20mila franchi ad una ‘improbabile’ nipote per l’acquisto di una vettura a Lugano. Soldi che avrebbe ritirato il garagista (vedi sotto) ad Olivone. «Eravamo convinti fosse nostra nipote, sta in Italia e non riuscivamo a raggiungerla per la conferma. Sono ottimi attori, ci saremmo cascati, se non fosse intervenuto nostro figlio», dice il marito, un uomo di 67 anni.
Anche la polizia conferma che sono abili attori, capaci di sedurre le vittime, entrando in empatia a tal punto da accecarle e farle naufragare nelle loro stesse ondate di genuina generosità. «Sono professionisti scaltri, riescono a farsi raccontare dalla vittima ciò che serve per truffarla. Creano confusione e ‘stordiscono’ la vittima con telefonate a raffica, ogni 10 minuti, su più telefoni. Non lasciano il tempo di pensare razionalmente e dunque reagire. Quando la vittima si convince di aiutare un parente in difficoltà fa di tutto per assecondare i truffatori», spiega il commissario. In diversi ci sono cascati in Ticino: «Il bottino viene diviso tra chi sta in Polonia e chi ritira i soldi, il 2012 è stato un anno particolarmente proficuo con truffe che hanno ‘fruttato’ un bottino di poco inferiore al milione di franchi», precisa.
Che dire dei tassisti? «Stiamo valutando quali sono le responsabilità, chi accetta di ritirare un pacco e portarlo Oltreconfine deve porsi anche qualche domanda sul contenuto. Se è provento di un reato, il rischio per il tassista è quello di diventare complice».
Le cifre ufficiali rischiano di non dare l’ampiezza del fenomeno perché tra chi è stato raggirato, spesso anziani, c’è anche chi tace per vergogna: «Stimiamo che solo il 10-15% segnali alla polizia di essere stato contattato o di essere vittima di una truffa del falso nipote», precisa. Le vittime non vengono scelte a caso. «Le identificano in base ai nomi sugli elenchi telefonici, più sono antichi, come Adelaide o Geltrude, più fanno pensare ad anziani da raggirare». E spesso ci azzeccano. «Più paesi hanno chiesto aiuto alla Polonia con rogatorie, ma non si arriva da nessuna parte, sono organizzazioni molto potenti».
Dovevano andare a Biasca, il marito stava aspettando la moglie in giardino, quando squilla il telefono di casa. Risponde la signora Adelaide (nome cambiato dalla redazione). «Era una donna, continuava a ripetere: ‘Non mi riconosci? Sai chi sono vero?’. Ho pensato subito a Carla, la moglie di un lontano cugino, che vive in Italia e non sentivo da tempo. Appena dissi il nome rispose: ‘Vedi che ti ricordi di me, ho bisogno del tuo aiuto, è urgente’. Era agitata per un’auto che stava ritirando a Lugano, la banca era chiusa, aveva bisogno di contanti, mi chiedeva di anticiparle 20mila franchi, sarebbe passato più tardi il garagista a prenderli», ci racconta la signora Adelaide.
La coppia di giovani pensionati di Olivone mai averebbe pensato di finire nella rete di una truffa del falso nipote. «Ho sempre pensato che a cascarci sono i creduloni, ma devo ricredermi: questi truffatori sono abilissimi», precisa il marito.
Per la signora Adelaide la storia diventa credibile quando la ‘falsa’ nipote dice una cosa apparentemente banale: ‘Zia ti ho portato due bottiglie di vino’. Infatti i parenti in Italia hanno vigneti.
Adelaide si sente presa alla sprovvista, sotto pressione, nella sua testa inizia a formulare ipotesi: forse la nipote ha avuto problemi col marito, forse è scappata, ha bisogno di aiuto. Prende tempo, dice che deve parlarne col marito. «Va bene, ti richiamo tra 10 minuti».
E così succede. Alla seconda telefonata risponde il marito: «Pensavo davvero di parlare con la nipote di mia moglie. Le dissi che non avevo 20mila franchi in casa, dovevo parlarne con mio figlio e con la banca», dice. Di colpo tutto cambia. «Si è messa a piangere, mi ha fatto giurare di non dire niente a nessuno, soprattutto a mio figlio». Dalla gentilezza all’insistenza si passa alla rabbia. «Ha chiuso la telefonata dicendomi ‘se è così mi arrangio da sola’». La coppia ci resta male, cerca i parenti in Italia per capire come mai Carla è in difficoltà, ma nessuno risponde. Sarà il figlio a metterli in guardia sulla truffa del falso nipote. Ma Adelaide ancora non ci crede: «Ero veramente convinta fosse mia nipote, solo quando ho raggiunto i familiari in Italia ho capito che era una truffa». A quel momento, era lo scorso anno, i due segnalano i fatti in polizia.