Sono 6’000, fra Usi e Supsi, ma è difficile incontrarli per strada o ritrovarli nei luoghi a loro dedicati. Anche perché questi luoghi quasi non esistono
Lugano ha due università, con circa 8’000 studenti in totale (4’100 Usi e 3’900 Supsi, sparsi nelle varie sedi). Togliendo gli 800 iscritti all’Accademia di architettura di Mendrisio e i 1’200 che frequentano le sedi Supsi di Mendrisio e del Locarnese, ne restano circa 6’000: non pochi, per una città di 68’000 abitanti. Eppure è difficile incontrarli per strada, vederli in gruppo fuori dagli edifici accademici, ritrovarli nei classici ristoranti per studenti, a prezzo basso (e servizio altrettanto ribassato...), o in altri luoghi di ritrovo: semplicemente perché questi luoghi non esistono a Lugano. O sono davvero pochi.
CHIARA MICCI/GARBANI
La voglia di stare insieme non manca
«A Basilea, dove ho frequentato il bachelor, c’era una vita molto organizzata, fuori dall’università – racconta Chiara Burlini, copresidente della Smusi (l’associazione che riunisce gli studenti della Facoltà di scienze biomediche dell’Usi) –. Basilea è una città notoriamente accogliente per gli studenti, dove ci sono tanti posti in cui andare, quando si esce, nei momenti liberi. A Lugano, invece, mancano le iniziative per i ragazzi, fuori dall’Usi (un’università che, di per sé, funziona molto bene). Ci incontriamo, ma organizziamo tutto da noi».
Aggiunge Beatrice Granaroli, dottoranda in filosofia a Lugano: «Arrivando da una città universitaria italiana, Pisa, non ho trovato la stessa "comunità sociale" anche in Ticino. A Pisa c’è tanto associazionismo studentesco e sono numerose le occasioni di incontro post-lezioni. Ma anche, più semplicemente, i ragazzi si riversano in piazza dei Cavalieri e basta una chitarra, e quattro chiacchiere, per far passare una serata. A Lugano tutto questo non c’è: manca uno spazio aggregativo ed è difficile crearsi il proprio "giro". Sono pochissimi, poi, i locali per studenti a prezzi abbordabili, che non chiudano troppo presto (l’Oops, il Kulma e altri due o tre. Stanno sulle dita di una mano...). Quella che funziona benissimo è, invece, l’attività sportiva: molti corsi ben realizzati dal Servizio Sport dell’Usi, e un’ottima palestra all’interno del Campus Est. Lì ho "svoltato"».
Se i ragazzi che frequentano le università di Lugano appaiono poco in città, le ragioni non sono solo organizzative e culturali. «Molti nostri studenti risiedono in Ticino e qui hanno le loro famiglie – dice Tatiana Cataldo, responsabile del Servizio carriera, esperienza e orientamento Supsi – e anche per questo sono meno visibili. Nei momenti liberi probabilmente continuano a uscire con il gruppo di amici di sempre (ad esempio, con quelli dei tempi delle scuole superiori), che non sono necessariamente studenti universitari, ma persone che lavorano, con ritmi di vita molto diversi. Anche il periodo-Covid e la didattica a distanza hanno un po’ cambiato le abitudini e rarefatto lo spirito di gruppo, di comunità, che noi, però, vogliamo di nuovo rafforzare. Non dimentichiamo, infine, che la presenza universitaria a Lugano, per quanto riguarda Supsi e Usi, è comunque "recente": poco più di 25 anni (un periodo brevissimo, rispetto a quello degli atenei storici)». Anche molti studenti dell’Usi, in verità, tendono a tornare dalle loro famiglie molto spesso, perché abitano nella vicina Italia, e dunque "spariscono" da Lugano. Durante il fine settimana lasciano la città anche i ragazzi che frequentano il Master in medicina (originari per la maggior parte della Svizzera tedesca), e appena possono prendono il treno per Zurigo o Basilea.
Comunque sia, il tema è acceso da tempo: Lugano va considerata a pieno titolo una città universitaria, o – più semplicemente – una città con due università? La differenza non risiede soltanto nelle parole: città universitaria significa un luogo pensato e strutturato per accogliere i ragazzi anche al di fuori di aule e biblioteche, con alloggi a prezzo ribassato, occasioni di svago, aree in cui ritrovarsi e creare una comunità studentesca, al di là degli esami da preparare. Allargando il concetto, una città universitaria è un luogo che ama i suoi ragazzi-allievi, anche se a volte la loro esuberanza può creare qualche disturbo o problema.
«Affinché Lugano diventi una città veramente universitaria ci vuole tempo – dice Albino Zgraggen, ex segretario generale dell’Usi, dal 1999 al 2019 –. Occorrono anni per cambiare la mentalità; e quella svizzera, in ogni caso, non è quella mediterranea, più aperta alla socialità. Il Municipio ha comunque lavorato sempre per promuovere l’università e per radicarla, attraverso la Fondazione per le facoltà di Lugano dell’Università della Svizzera italiana, proprietaria di quasi tutti gli immobili dell’Usi a Lugano. Il Consiglio di Fondazione ha nove membri, di cui ben quattro sono municipali».
Conferma Roberto Badaracco, vicesindaco di Lugano e capodicastero Cultura Sport ed Eventi: «Lugano ha impiegato molto tempo prima di poter avere una propria università, rispetto ad altre città svizzere. Questo fatto non va dimenticato. Occorrono anni e spesso decenni prima di permeare totalmente una realtà territoriale dal profilo economico e sociale con un proprio ateneo.
Poter essere sede universitaria rappresenta per la città un valore aggiunto enorme, che si irradia su tutto il cantone e ci sta portando dei vantaggi concreti».
CHIARA MICCI/GARBANI
‘Divertiti, ma piano’
Gli studenti iscritti all’Usi provengono per due terzi dall’estero, principalmente dall’Italia (come dicevamo), ma anche da molti altri Paesi europei ed extraeuropei. Chi arriva da lontano ha preso, inevitabilmente, residenza a Lugano, come pure una parte degli italiani, tranne gli insubrici e i milanesi. Insomma, una parte non piccola abita in città. A Lugano mancano ancora, però, residenze "pensate" per gli studenti. Quelle gestite direttamente dall’Usi permettono di accogliere solo 200 ragazzi. Dal canto suo, la Supsi non ha alloggi ad hoc. Dunque, chi studia in città deve necessariamente ricorrere agli appartamenti normali, non certo a buon mercato, fra la diffidenza, spesso, dei proprietari.
Recentemente la Città ha chiesto alla Fondazione per le facoltà di Lugano di realizzare una nuova residenza universitaria, nell’ambito del progetto Matrix, vincitore del concorso per la riqualificazione dell’area dell’ex Macello, con un progetto degli architetti Durisch-Nolli.
Per poter avviare realmente il cantiere, però, occorreranno ancora diverse decisioni comunali.
La vita sociale degli studenti cambia fortemente all’arrivo della stagione calda (dalla fine di maggio alla fine di agosto), con Lugano Marittima, l’apprezzatissimo allestimento di bar e altri locali di intrattenimento alla foce del Cassarate, fino a notte fonda. Ma non sarebbe possibile pensare a qualcosa di simile anche durante l’inverno, in locali (naturalmente) al chiuso? «Abbiamo già un centro quale il Foce – risponde Roberto Badaracco – che propone tutto l’anno eventi di musica, teatro, cinema, incontri, ballo rivolti a un pubblico eterogeneo e con un prezzo davvero competitivo, agevolazioni per studenti. Il progetto Random al Foce dà spazio ai giovani stessi per organizzare le serate, diverse delle quali sono gestite da studenti di Usi e Supsi. Il nostro Dicastero sta collaborando anche con l’associazione Idra per l’interessante e apprezzata iniziativa di Tour Vagabonde La Straordinaria».
Resta però, a volte, la sensazione che una parte della cittadinanza (la stessa che aveva votato contro la creazione del Centro Universitario della Svizzera italiana, nel 1986) continui a mantenere una sorta di diffidenza nei confronti dell’università e di tutto quello che le gravita attorno (l’università, da queste persone, viene intesa come un luogo astratto, costoso e inutile...). È una sensazione percepita anche da chi governa la città? «Non credo sussista questo genere di ostilità – risponde Badaracco –. Nessun luganese immaginerebbe oggi una città senza università, attorno alla quale si sono poi sviluppati istituti ed enti votati all’eccellenza. L’Usi e la Supsi in questi anni hanno dato un notevole impulso al mondo del lavoro. E questo, in un cantone come il nostro, è un fattore decisivo».
Una rubrica a cura di Ticino Scienza per