TECNOLOGIA

La realtà della realtà virtuale

La tecnologia può essere utile per affrontare problemi della tradizione filosofica. E farci capire che i mondi virtuali non sono illusioni prive di valore

Qualcosa è reale se fa la differenza nel mondo. Ma gli oggetti digitali e quelli virtuali possono fare la differenza nel mondo?
(depositphotos)

L’annuncio del nuovo prodotto di Apple – il visore per la realtà mista (che unisce elementi creati digitalmente ad altri del mondo fisico) Vision Pro – ha riportato d’attualità il tema della realtà virtuale. Inclusi i timori di un futuro, ormai prossimo, nel quale trascorreremo sempre più tempo in questi mondi illusori trascurando la “vera realtà”.

Si tratta di una preoccupazione comprensibile che tuttavia nasce da un malinteso: l’idea, errata, che la realtà virtuale sia una finzione. Un pregiudizio del quale è necessario liberarci, secondo il filosofo David Chalmers, autore del libro Più realtà, da poco tradotto in italiano da Raffaello Cortina Editore, docente di Philosophy and Neural Science presso il Center for Mind, Brain and Consciousness della New York University e professore invitato all’Istituto di studi filosofici della Facoltà di Teologia di Lugano affiliata all’Università della Svizzera italiana.

Professor Chalmers, che cosa è la ‘tecnofilosofia’, il settore di ricerca nel quale si inserisce il suo lavoro?

Per me si tratta di un’interazione reciproca fra tecnologia e filosofia. In un primo momento usiamo la filosofia per pensare alla tecnologia, ad esempio all’intelligenza artificiale o, appunto, alla realtà virtuale. Che cosa sono queste tecnologie? Che impatto avranno sulla nostra vita? Qual è il loro significato? Ma fare tecnofilosofia significa anche il contrario, cioè usare la tecnologia per pensare alla filosofia, rivedere alla luce dei progressi tecnologici alcune delle domande della tradizione filosofica. Credo ad esempio che pensare alla realtà virtuale possa aiutarci a ragionare sulla natura della realtà o che guardare alle menti artificiali possa aiutarci a ragionare sulla mente umana. L’aspetto davvero importante della tecnofilosofia è che il ragionamento vada nelle due direzioni.

Qual è il suo rapporto con la tecnologia?

Ne faccio un grande uso: sono sempre online e sono stato tra i primi ad avere un iPhone in Australia perché l’ho preso, un anno prima degli altri, negli Stati Uniti. L’unica cosa che faccio poco è giocare ai videogiochi il che è interessante, perché i videogiochi sono molto importanti per i mondi virtuali. Lavoro con l’intelligenza artificiale, programmo da quando avevo 10 anni anche se non più con la frequenza di un tempo.

Esperienze nella realtà virtuale?

Uso ogni tanto il visore, ma non molto. Durante la pandemia mi incontravo regolarmente, nella realtà virtuale, con un gruppo di persone sparse in tutto il mondo ed era fantastico. Ma da quando la pandemia ha allentato la presa sulle nostre vite, lo utilizzo molto meno spesso, forse una volta al mese.

La realtà virtuale come può essere di aiuto alla filosofia?

Prendiamo un problema classico della filosofia: come possiamo sapere di conoscere qualcosa del mondo esterno? Magari possiamo fare qualche progresso se riformuliamo la domanda chiedendoci come facciamo a sapere di non vivere all’interno di una realtà virtuale: analizzare questa tecnologia può aiutarci.

Dovremmo chiederci come facciamo a sapere di non vivere in una simulazione, come nella saga di Matrix?

Matrix è la versione aggiornata del genio maligno che secoli fa Cartesio ha immaginato potesse ingannarci facendoci credere che esiste un mondo esterno in realtà inesistente. C’è differenza tra chiedersi “come fai a sapere di non essere ingannato da un genio maligno” e “come fai a sapere di non essere in Matrix”? Io credo che cambino alcune cose. La prima è che questa è una tecnologia reale, non un esercizio di fantasia. Non ancora la tecnologia che vediamo in Matrix, ma abbiamo già dei visori molto avanzati e tra qualche anno avremo delle realtà virtuali indistinguibili dalla realtà fisica. Inoltre, credo che l’idea di vivere in una realtà virtuale ci possa indicare una metafisica per pensare a queste possibilità.

Perché, e qui arriviamo alla parte interessante del suo libro, la realtà virtuale è una simulazione ma non è un’illusione.

Penso che non sia necessariamente un’illusione. Penso che anche nella realtà virtuale si interagisca con oggetti reali – oggetti digitali e non fisici, ma comunque reali. A volte siamo vittime di un pregiudizio, quando diciamo che se qualcosa è digitale allora non è reale. Abbiamo anche questo modo di dire, “nella vita reale”, che incoraggia questo pregiudizio. Ma io credo che in realtà ci rendiamo perfettamente conto, oggi, che il digitale è reale, visto che passiamo molto tempo a interagire con oggetti digitali che sono reali.

In altre parole non abbiamo il digitale da una parte e il reale dall’altra, ma una realtà che è formata da digitale e fisico.

Possiamo metterla così, anche se la realtà digitale è in un certo senso parte della realtà fisica perché il mio computer esiste nel mondo fisico. Per cui potremmo dire che la realtà digitale è in qualche modo all’interno della realtà fisica. Quello che voglio dire è che uno smartphone è nel mondo fisico, ma un intero mondo digitale può esistere in uno smartphone.

Ma in che senso la realtà virtuale è, come si afferma nel libro, autentica realtà?

Certamente dipende da che cosa si intende per reale. La parola reale ha molti significati ma credo che il significato centrale di questa parola sia l’avere un qualche potere causale. Qualcosa è reale se fa la differenza nel mondo. E penso che gli oggetti digitali e gli oggetti virtuali possano fare la differenza nel mondo. Si influenzano a vicenda, influenzano altri attori. La blockchain, ad esempio, influenza le persone, fa la differenza ed è indipendente dalle nostre menti. Un mondo virtuale è lì anche prima che ci entriamo e va avanti anche quando ce ne allontaniamo.

Prendiamo un oggetto digitale relativamente semplice come una palla: ha tutte le proprietà della palla, una persona con un visore per la realtà virtuale la vedrebbe con tutte le proprietà di una palla reale. Sarebbe sbagliato dire che è una palla fisica, ma sarebbe anche sbagliato dire che è un’illusione: è reale perché esiste nella realtà digitale.

È autentica realtà perché è importante per noi?

Sì. Credo che un modo in cui si vede l’importanza della realtà virtuale sia chiederci se sia possibile condurre una vita significativa in un mondo virtuale. Oppure il tempo trascorso in un mondo virtuale è solo evasione? Certamente a volte si tratta di pura e semplice evasione: pensiamo a un videogioco. Ma non credo che debba per forza essere evasione e abbiamo sempre più esempi di mondi virtuali sociali. E dentro questi mondi possiamo costruire delle relazioni reali, delle comunità reali nelle quali essere coinvolti. Sono convinto che tutto questo possa essere altrettanto significativo dell’esistenza fisica. In futuro potremmo decidere di trascorrere sempre più tempo nei mondi virtuali o, al contrario, di preferire la realtà fisica: è una questione complessa, ma credo che in linea di principio l’intera gamma delle esperienze umane possa essere disponibile nella realtà virtuale. Dalle esperienze molto buone a quelle molto cattive.

Non necessariamente migliore della realtà fisica, ma neanche necessariamente peggiore.

Sì. È come con internet: è meglio o peggio della realtà analogica? Si stava meglio prima di internet? Per certi versi meglio, per altri peggio: ci sono aspetti negativi e aspetti positivi e penso che anche per la realtà virtuale sarà verosimilmente così.

Però, come si diceva, abbiamo un pregiudizio verso i mondi virtuali.

Sì, ma con questo non voglio dire che la realtà fisica non conti: ci sono molte cose speciali nel mondo biologico, la natura è meravigliosa. Non sto dicendo che dovremmo abbandonare la natura e certo non è la stessa cosa costruire simulazioni della natura nel mondo virtuale ma potrebbero essercene molte anche in quello virtuale. Forse avremo anche nuove forme di società, spazi illimitati, nuove forme di incarnazione. Per alcuni, ad esempio le persone con disabilità, i mondi virtuali potrebbero avere una qualità della vita superiore a quella dei mondi fisici.

Abbiamo parlato di una metafisica della realtà virtuale. Ma avremo bisogno anche di un’etica.

Sì, è vero. Non sono un esperto di etica, ma penso che ci siano molte domande rilevanti soprattutto adesso che la realtà virtuale sembra essere in gran parte controllata da società come Meta. In questi mondi virtuali saremo manipolati? Avremo della privacy? E la discussione non riguarda solo i creatori di questi mondi, ma anche gli utenti. Ci sono già stati esempi di persone che hanno aggredito altre persone all’interno di mondi virtuali, per questo Meta ha introdotto uno spazio personale di sicurezza. Ma per ragionare su tutto questo dobbiamo prima accettare che i mondi virtuali sono reali: solo così possiamo renderci conto che questi problemi etici sono autentici e che l’aggressione in un mondo virtuale è una cosa da prendere sul serio.

Come immagina il futuro?

Fare previsioni sullo sviluppo tecnologico è difficile, ma penso che per una decina di anni i progressi saranno lenti. Ci sarà uno sviluppo graduale e alla fine, in un decennio o due, probabilmente tutti noi avremo degli occhiali che potremo usare sia per aumentare il mondo fisico sia per entrare nei mondi virtuali. In seguito potremmo arrivare a delle lenti a contatto o alle interfacce cervello-computer da usare per interagire direttamente con i mondi virtuali. Potremmo anche arrivare a poter caricare il nostro cervello su computer: è un possibile punto di arrivo. Tra un centinaio di anni potremmo trovarci di fronte alla scelta se mantenere il nostro corpo e il nostro cervello biologici oppure se vivere con un corpo digitale in un mondo digitale: penso che entrambe le scelte siano ragionevoli.

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