Tecnologia

Formazione in digitale

Da San Paolo a ChatGPT, come le tecnologie hanno cambiato la trasmissione del sapere. Un nuovo stimolo per docenti, studenti e addetti ai lavori

La soluzione tecnologica migliore dipende dai contesti e dalle tradizioni disciplinari
(depositphotos)

Parlare di tecnologie digitali e scuola richiama subito alla mente la pandemia quando, nelle fasi più difficili, una parte importante della formazione avveniva online. È indubbio che la pandemia abbia portato a un’accelerazione nell’impiego del digitale anche nel settore della formazione e che alcune delle soluzioni continuino a venire utilizzate anche adesso che il Covid non rappresenta più un’emergenza sanitaria globale. Tuttavia la storia dell’eLearning e in generale il rapporto tra educazione e tecnologia non inizia con la pandemia. «Possiamo considerare le Lettere di San Paolo uno dei primi casi di formazione a distanza» ha osservato Stefano Tardini, docente della Facoltà di comunicazione, cultura e società dell’Università della Svizzera italiana dove è anche responsabile del servizio eLab (eLearning Lab). «L’esempio di San Paolo ci mostra come l’ambito educativo sia da sempre stato strettamente connesso con quello dello sviluppo delle tecnologie, anche quelle che oggi diamo per scontate come la scrittura o, qualche secolo dopo, la stampa».


Usi
Stefano Tardini, responsabile servizio e-lab

Che cosa si intende di preciso quando si parla di eLearning?

Possiamo rifarci alla definizione contenuta in un documento, elaborato già nel 2001, dell’Unione europea: “L’utilizzo delle nuove tecnologie multimediali e di Internet per migliorare la qualità dell’apprendimento agevolando l’accesso a risorse e servizi nonché gli scambi e la collaborazione a distanza”. Il punto centrale di questa definizione è l’idea di un miglioramento che riguarda sia la dimensione conoscitiva, sia quella relazionale.

Credo sia comunque utile distinguere due aspetti. Il primo riguarda l’impiego di tecnologie digitali in quello che potremmo definire “contesto formativo tradizionale”: nella nostra società, non a caso spesso chiamata “società dell’informazione”, gli strumenti digitali svolgono un ruolo molto importante ed è normale trovarli anche nei contesti formativi, sia in aula sia fuori dall’aula.

Da questo punto di vista ogni attività di formazione è in qualche modo una forma di eLearning.

Sì. C’è poi un’accezione più specifica che riguarda le scelte che come formatori siamo chiamati a fare, per esempio riguardo a quale sia lo strumento più adatto per l’attività da svolgere (a volte sarà una soluzione digitale come una presentazione in PowerPoint, altre volte una lavagna tradizionale col gessetto!) o alla modalità di erogazione della formazione. È l’eLearning vero e proprio, nel quale il digitale diventa il medium della formazione. Questo può avvenire in varie modalità: una lezione registrata, collegamenti video in diretta, attività comuni svolte online eccetera.

Come sempre in questi casi si parla di opportunità e di limiti. Iniziamo dalle prime.

Un’importante opportunità è sicuramente stata quella di non aver dovuto sospendere la formazione durante la pandemia e in particolare di aver potuto proseguire con le attività in sincrono. Questo è stato reso possibile dal fatto che l’Università della Svizzera italiana, come del resto molte altre istituzioni universitarie, è attiva sul fronte dell’eLearning da ben prima del Covid. Ad esempio – e arrivo così a un’altra opportunità – fin dall’inizio l’USI ha organizzato delle lezioni in remoto con altre università.

In generale, direi che la grande opportunità data dall’eLearning è quella di poter ragionare sul ruolo del docente il cui compito non è solo trasmettere conoscenza ma anche guidare gli studenti attraverso il giusto percorso formativo e ripensare le modalità di valutazione.

Per quanto riguarda i limiti?

Direi che hanno riguardato innanzitutto la dimensione sociale. La formazione non consiste solo nella trasmissione di nozioni ma ha anche una importante parte di relazioni – si parla spesso di apprendimento informale o curriculum nascosto – che, in un contesto in cui le lezioni avvengono integralmente a distanza, viene meno. Questo limite è stato particolarmente rilevante nelle fasi più acute della pandemia.

Ci sono studi sull’efficacia dell’eLearning e delle varie tecnologie?

Ne sono stati fatti diversi, e arrivano a conclusioni anche molto diverse fra di loro. Questo non perché siano ricerche realizzate male; semplicemente emerge chiaramente che non esistono ricette universali e che ogni valutazione va fatta tenendo conto del contesto in cui ci si trova e delle diverse tradizioni disciplinari.

Non è possibile stabilire se in generale un video registrato sia meglio di una lezione in sincrono e del resto è anche difficile valutare l’efficacia della formazione isolando fattori esterni. Ricordo ad esempio una ricerca fatta all’inizio degli anni Duemila con un corso per odontoiatri: non c’erano differenze significative tra chi aveva seguito una formazione in presenza e chi in remoto, ma si era visto che chi durante l’esame masticava un chewing-gum aveva risultati migliori…

Finora ci siamo soffermati sull’educazione superiore che coinvolge adulti o giovani adulti. Immagino che con allievi della scuola dell’obbligo il discorso cambi.

Sicuramente l’età è un aspetto importante e più si è giovani più quegli aspetti di socializzazione e di apprendimento informale sono importanti, quindi le soluzioni di eLearning mostrano i propri limiti e vanno adattate. Penso ad esempio alle modalità miste, chiamate anche “blended learning”, che alternano attività a distanza con la formazione in aula. Una soluzione interessante è la “flipped classroom”, classe rovesciata: la presentazione dei contenuti avviene a distanza, ad esempio con dei video registrati, riservando il momento in aula per chiarimenti, discussioni e approfondimenti. C’è anche la possibilità di una lezione sincrona con alcuni studenti in classe e altri a distanza, ma è una modalità che non mi piace particolarmente in quanto penalizza sia chi segue la lezione in aula sia chi la segue da casa.

Si era accennato alla valutazione delle competenze acquisite.

È un tema delicato: l’attendibilità delle prove svolte con strumenti digitali. Il problema è chiaramente esploso con la pandemia, quando ci siamo ritrovati con esami svolti interamente online – l’Usi ha adottato un approccio basato sulla fiducia, ma altre istituzioni hanno scelto sistemi più invasivi ad esempio con la webcam sempre accesa durante l’esame –, ma in realtà era presente anche prima. E adesso con la diffusione di ChatGPT e di altri strumenti di intelligenza artificiale generativa si ripresenta sotto altra forma.

Penso che l’unica strategia realmente efficace sia ripensare le modalità di valutazione con esami che siano il meno nozionistici possibile.

L’eLearning presenta un problema di disparità socioeconomica?

L’eLearning può introdurre elementi di disuguaglianza come qualsiasi processo di digitalizzazione: il cosiddetto digital divide può riguardare sicuramente anche la formazione. Tuttavia, anche in questo caso dipende molto dai contesti: per esempio, uno studente che è iscritto a un’università svizzera tendenzialmente sarà equipaggiato per svolgere attività in eLearning (gli strumenti necessari per le attività di formazione a distanza sono bene o male gli stessi che troviamo in aula: ormai sempre meno studenti prendono appunti con carta e penna ma quasi tutti usano il computer). In altri contesti (scuole di grado inferiore, altri contesti culturali, politici o economici) queste disparità possono essere molto più marcate, in termini di possibilità di accesso alle risorse per motivi tecnici o politici, di capacità di utilizzarli adeguatamente, e così via. Per quanto riguarda studenti universitari in Svizzera, direi di no. Discorso diverso per corsi online aperti a chiunque: in questi casi bisognerebbe tenere conto delle diverse risorse, ad esempio a livello di connessione a Internet, nella varie regioni del mondo.

Quali le sfide per il futuro dell’eLearning?

Penso che le intelligenze artificiali generative come ChatGPT siano al momento la tecnologia con il maggiore impatto sulla formazione. Possono davvero cambiare tutto, spingendo come detto a ripensare la formazione universitaria in quanto tale, gli esami, le attività di valutazione e anche a rivedere il ruolo del docente, sempre più chiamato non solo a trasmettere conoscenza ma anche a guidare gli studenti nelle loro scelte formative.

Fino a non molto tempo fa si guardava con un certo interesse alle tecnologie immersive come la realtà virtuale e la realtà aumentata. Come sempre, molto dipenderà dai contesti e dalle tradizioni disciplinari, ma in questo momento non vedo grandi opportunità per queste tecnologie nella formazione – funzionano molto bene per i videogiochi, non a scuola –, finora queste tecnologie non hanno ancora trovato ampia diffusione in ambito formativo.

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