logoBol

Da detenuti a liutai, da barche dei migranti a violini

Della serie: a volte ritornano. C'è chi ci mette 150 anni, chi altri 600, oppure ancora chi lo fa attraverso una metamorfosi. Le buone notizie di oggi

Come è profondo il mare

Della serie: a volte ritornano. C'è chi ci mette 150 anni, chi altri 600, oppure ancora chi lo fa attraverso una metamorfosi. Le buone notizie di oggi

15 febbraio 2024
|

Possono dei centenari salvare il mondo, o quanto meno mitigare il cambiamento climatico? A quanto pare sì. Il loro nome scientifico è ‘Aldabrachelys gigantea’, sono una delle specie di tartarughe più grandi sulla Terra e dopo 600 anni sono tornate a ripopolare il Madagascar, svolgendo un ruolo chiave all'interno dell'ecosistema insulare.

Tutto ciò è stato possibile grazie a un progetto, condotto da un team di biologi, il cui scopo era quello di reintrodurre tale specie sull'isola africana – un tempo areale dei loro antenati – per aiutare l'ambiente, impoverito dall'eccessivo sfruttamento dell'uomo, a rigenerarsi. Ma non solo: la presenza delle testuggini potrebbe essere utile anche nella prevenzione degli incendi.

Il primo gruppo di 12 tartarughe giganti di Aldabra, cinque maschi e sette femmine, è stato portato dalle Seychelles al Madagascar sei anni or sono con il benestare del governo malgascio. Un ritorno, come detto prima, che ha dovuto aspettare ben sei secoli. A decretare la fine degli ultimi esemplari sull'isola nel 1400 la caccia intensiva praticata dalle popolazioni locali ma anche dai marinai europei e arabi. L'essere umano però non è solo distruttivo e così, nel 2018, ad accogliere i mega-erbivori non più sciabole e frecce, ma le amorevoli cure di un gruppo di ricercatori e guardiani della riserva di Anjajavy – la loro nuova casa – situata nel nord-ovest del Madagascar.

Fonte: Dennis Hansen, Università di ZurigoDal collo in giù è tutto carapace

Gli esemplari si sono saputi adattare facilmente al nuovo habitat tanto che hanno iniziato a riprodursi da soli: due piccoli sono nati l’anno successivo al reinsediamento e nei cinque anni seguenti si sono schiuse ben 152 uova.

Ma quali sono i benefici che apportano al territorio? Molteplici, come spiegato dai biologi stessi, sulla rivista scientifica Plants People Planet: "Le tartarughe si nutrono di vari alberi e disperdono i semi nel loro sterco, un processo noto come germinazione dipendente dalla megafauna. Ciò ha contribuito a favorire la crescita di foreste, boschi, arbusti e praterie irregolari. Un probabile aumento della copertura arborea, aiuterà a ridurre gli impatti dei cambiamenti climatici".

E poi c’è il fattore di prevenzione degli incendi. Ogni anno in Madagascar foreste e praterie vengono date alle fiamme per creare terreni da coltivare o pascoli per il bestiame. "Le tartarughe limitano l'espansione degli incendi nutrendosi di erba e foglie secche. Senza combustibile organico il fuoco non può propagarsi", spiegano i ricercatori.

I ricercatori stimano che, allevandole in modo naturale e facendole accoppiare, sull'isola torneranno a ‘pascolare’ libere 500 tartarughe giganti entro il 2030 e duemila entro il 2040. Insomma: chi va piano, va sano e va lontano.

Fonte testo: Plants People Planet/ Fonte stato di conservazione: WikipediaLa scheda

Sos: c’è un gatto da salvare

Ogni anno, nel nostro Paese, si stima che fra i 10 e i 20mila animali domestici, come cani, gatti e non solo, non facciano più ritorno a casa. Di alcuni le tracce spariscono per sempre – forse sottratti o rimasti uccisi da una macchina oppure da un altro animale – per altri, fortunatamente, si può raccontare una storia a lieto fine.

Il fatto è avvenuto venerdì a Iseo, quartiere del Comune di Bioggio. L'animale si era infilato dentro a un serbatoio di ritenzione delle acque piovane collegato a un lungo tubo di scarico interrato. La pendenza della canalizzazione mista alla viscosità delle pareti non hanno però permesso al micio di risalire, restando bloccato a ben 33 metri di profondità.

Allarmati dal fatto che l'animale non avesse fatto ritorno in serata, i proprietari iniziano le ricerche. Lo trovano, grazie anche ai miagolii, e cercano in tutti i modi di tirarlo fuori, ma senza successo. Il giorno seguente chiamano la Spab che giunge sul posto con quattro volontari. Una volta individuato il punto esatto dove si trova il micio, il gruppo inizia a scavare per dissotterrare il serbatoio e alla fine riesce a salvare Cooki, che ora è di nuovo libero di girare nei prati.

Il tesoro trafugato torna a casa

Cinque gioielli d'oro, una sedia ornamentale e una curiosa frusta a coda di elefante: questi sono i preziosi tesori che il museo Fowler, situato all'interno dell'Università della California di Los Angeles, dovrà restituire definitivamente alla comunità ashanti e al suo regnante, Otumfuo Osei Tuti II. Il fatto rappresenta l'ultima grande vittoria nella lotta contro l'arte depredata, portata avanti negli anni da diversi Stati africani.

Il popolo ashanti (o asante) appartiene al gruppo etnico degli akan e vive principalmente nell’omonima regione del Ghana. L'impero ashanti prosperò e si espanse a tutta l'area dell'attuale nazione africana – esercitando la propria influenza politica, culturale ed economica – fino a quando, nell'Ottocento, gli europei (inglesi in particolare) entrarono in contatto con la popolazione locale, scatenando così conflitti e guerre.

La cerimonia di riconsegna – tenutasi giovedì 8 febbraio a Kumasi, la città-capoluogo dell’area ashanti, nel sud del Ghana – è stata particolarmente significativa in quanto coincideva con due avvenimenti importanti: il giubileo d'argento del re Ashanti, che si insediò nel 1999, e il centocinquantesimo anniversario della guerra contro l'Impero britannico, che cominciò nel 1874.

"Il loro ritorno simboleggia un momento cruciale di riconciliazione e orgoglio per il nostro regno"

Agyeman Duah, consigliere del re ashanti

Durante la celebrazione, il re ha espresso la speranza che la restituzione dei manufatti possa unire il suo popolo. Il suo consigliere, Ivor Agyeman Duah, ha invece voluto sottolineare il significato culturale e storico del gesto: "Questi manufatti restituiti non sono semplici oggetti, sono simboli sacri della nostra storia, che incarnano la resilienza e la ricchezza della cultura asante. Il loro ritorno simboleggia un momento cruciale di riconciliazione e orgoglio per il nostro regno". L'evento ha visto la partecipazione di un folto pubblico, tra cui capi tradizionali, politici, diplomatici e membri del clero, tutti vestiti di rosso e nero, a simboleggiare il lutto.

Il re Otumfuo Osei Tuti II accoglie i tesori e saluta i sudditi durante la cerimonia di riconsegnaUna festa storica

A differenza di altri enti, il museo Fowler non ha posto condizioni per la restituzione, lasciando al governo ghanese e al regno ashanti la facoltà di decidere come e dove utilizzare le opere in futuro. Tale riconsegna segue di poco gli annunci del British Museum e del Victoria and Albert Museum di Londra, che hanno concesso in prestito per sei anni alcuni oggetti ashanti in oro e argento al regno storico.

Dopo decenni di resistenza da parte dei governi e dei musei occidentali, gli sforzi dei Paesi africani per rimpatriare i manufatti rubati stanno dando i loro frutti. Un primo grande passo, anche se la strada da percorrere è ancora lunga.

I cinque oggetti saccheggiati e ora tornati a casa/KeystoneUn prezioso patrimonio

L'Orchestra del Mare, la sinfonia degli ultimi

Sono stati i pezzi che tenevano insieme i barconi utilizzati per i "viaggi della speranza" nel Canale di Sicilia e ora sono diventati strumenti musicali che hanno suonato in uno dei grandi "templi" della musica italiana e non solo.

La barca della speranza/Fondazione Casa dello spirito e delle artiCome è profondo il mare

Il 12 febbraio scorso infatti, al teatro della Scala di Milano c'è stata la prima dell'Orchestra del Mare, un ensemble composto da strumenti realizzati con legno recuperato dalle barche dei migranti di Lampedusa. Il materiale è stato poi modellato, cesellato e sgrossato per realizzare violini, viole e violoncelli. E a crearli non dei tradizionali liutai ma i detenuti del penitenziario di Opera, ovvero il più grande carcere italiano alla periferia di Milano.

Il progetto Metamorfosi è stato lanciato dalla Fondazione Casa dello Spirito e delle Arti e si concentra sulla trasformazione: ciò che la società rigetta diventa qualcosa di valore. Il legno marcio, testimone muto della tragedia nel Mediterraneo viene mutato in strumenti pregiati; mentre i carcerati diventano artigiani. Ogni strumento richiede 400 ore di lavoro, dallo smontaggio delle barche al prodotto finito.

L'Orchestra del Mare rappresenta una testimonianza tangibile del potere della musica nel superare le barriere e nel promuovere l'inclusione, la solidarietà, l'inserimento di coloro – migranti e detenuti – che per la società rappresentano i reietti. La musica, ancora una volta, si fa ponte che collega mondi diversi e si offre, attraverso le dolci note di una sinfonia, di dar voce a chi voce non ne ha.

Se ti sei perso le buone notizie della settimana scorsa, puoi leggerle qui.