C'è chi lotta contro la criminalità e chi per sopravvivere: ed entrambi hanno vinto. Una rubrica di buone notizie per non perdersi nella negatività
In latino c’è un vecchio proverbio che dice: ‘Nulla nova, bona nova’. In inglese suona più ammiccante: ‘No news, good news’, mentre in italiano ci arrangiamo con un modesto ‘nessuna nuova, buona nuova’. Il detto sta a significare che l'assenza di informazioni, su una data persona o un fatto specifico, è già di per sé una buona notizia.
Ma le ‘buone nuove’, per esistere, non necessitano forzatamente di una controparte negativa. Ci sono e sono attorno a noi, anche se molto spesso giornali, radio e tv – ce ne rendiamo conto – si soffermano su ciò che nel mondo non va: guerre, crisi, scandali, tragedie e misfatti.
Per non "affogare in questo mare di negatività", laRegione ha deciso di creare una rubrica interamente dedicata a fatti di cronaca – vicini e lontani – positivi. Perché in un mondo guasto serve ogni tanto ricordare, e raccontare, qualcosa di buono.
A volte bisogna toccare il fondo prima di rialzarsi. Ne è un esempio East Palo Alto che, dall'essere una delle cittadine più violente d'America, è oggi uno dei luoghi più sicuri in cui vivere.
La città californiana nel 2023 ha infatti registrato zero morti violente. Un dato sorprendente se si pensa che, solo tre decenni prima, East Palo Alto era il luogo col maggior numero di omicidi pro-capite del Paese. Questo triste primato le valse, nel 1992, il soprannome di ‘capitale degli omicidi’. In quell'anno infatti ci furono 42 delitti – legati perlopiù alla droga e alle guerriglie fra bande – su una popolazione che allora contava 25mila abitanti (a titolo di paragone, a Lugano vivono circa 68mila persone).
A determinare il cambio di rotta, un mix di più fattori, come testimoniato dalle diverse interviste – fatte a poliziotti, cittadini, autorità statali e religiose – realizzate dal Los Angeles Times.
L'esplosione di criminalità nei primi anni 90 portò le autorità locali e federali a intervenire, aumentando il numero di agenti presenti sul territorio e portando avanti una campagna per cercare di ricostituire la fiducia dei residenti verso le autorità. Compito non facile negli Stati Uniti, dove polizia fa spesso rima con violenza, corruzione e discriminazione razziale.
Oltre al fattore sicurezza, ci fu un boom dello sviluppo. I pochi chilometri che separano East Palo Alto dalla Silicon Valley e la costruzione di grandi centri commerciali, hanno contribuito a portare maggiori opportunità economiche e posti di lavoro per la popolazione. Ma anche la ricostruzione di un sano tessuto sociale ha giocato un ruolo significativo. Organizzazioni religiose e no-profit istituirono programmi di doposcuola e iniziative di sensibilizzazione per togliere i giovani dalla strada. Rimaste senza più linfa vitale e attrattività, per le bande non c’è stato altro da fare che arrendersi. Insomma per combattere la criminalità non basta la semplice repressione, bisogna giocare di squadra.
Capo Verde è finalmente libera. Lo Stato insulare, che conta circa 600mila abitanti, è infatti il quarto stato africano ad aver completamente debellato la malaria. A certificarlo, l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms).
La malaria è una malattia particolarmente contagiosa trasmessa all'uomo attraverso la puntura di alcune zanzare; nonché il più grande ‘killer’ del continente africano. Nel 2022, sempre stando ai dati diffusi dall'Oms, 580mila persone solo in Africa sono morte a causa della malattia, un dato questo pari al 95% dei decessi globali.
Negli anni passati l’infezione ha causato non pochi problemi a Capo Verde: fino agli anni Cinquanta, essa era presente in tutte e dieci le isole che compongono l'arcipelago. L'impiego di pesticidi permise di eliminarla temporaneamente due volte, nel 1967 e nel 1983. A partire dalla fine degli anni Ottanta, grazie anche al rafforzamento dei sistemi sanitari e favorendo servizi diagnostici gratuiti per viaggiatori e migranti (con l’obiettivo di arginare l’ondata di casi importati dall’Africa continentale) solo due isole rimasero particolarmente esposte al rischio di contagio, ma in entrambe non sono stati riscontrati casi dal 2017.
L'Oms considera eliminata la malaria da un determinato Stato quando questo è in grado di dimostrare che la catena di trasmissione della malattia è stata interrotta, ovvero non avvengono nuovi contagi per un lasso di tempo di almeno tre anni.
Il primo stato africano a eliminare la malattia fu l’isola di Mauritius, nel 1973, seguita dal Marocco (2010) e dall’Algeria (2019).
Si chiamano Najin e Fatu, sono madre e figlia e... sono gli ultimi esemplari di rinoceronti bianchi settentrionali rimasti al mondo. E quando il destino per questa sottospecie sembrava oramai segnato, un barlume di speranza arriva grazie alla scienza.
A renderlo noto il team internazionale di BioRescue che, in collaborazione con l'Università di Padova, è riuscito a ottenere la prima gravidanza al mondo in un rinoceronte grazie al trasferimento di embrioni. Il gruppo di ricerca, composto da scienziati, genetisti, veterinari e conservazionisti ha lavorato duramente per sviluppare una strategia di ripristino di una sottospecie ‘funzionalmente’ estinta dopo la morte, avvenuta nel 2018, dell'ultimo esemplare maschio ancora in vita.
L'operazione è stata complessa ed è stata possibile grazie al coinvolgimento di un'altra sottospecie ‘cugina’: i rinoceronti bianchi meridionali. L‘embrione di rinoceronte è stato concepito in vitro partendo dagli spermatozoi (conservate in azoto liquido ci sono ancora 12 cellule vive) e dagli ovociti di due esemplari di rinoceronte bianco meridionale. Gli ovuli fecondati sono poi stati impiantati in una madre surrogata, Curra, anch'essa un rinoceronte bianco meridionale, presso la Ol Pejeta Conservancy in Kenya il 24 settembre 2023.
Il team di BioRescue ha monitorato l'animale. La gestazione è stata confermata dopo 70 giorni, con un embrione maschile ben sviluppato di 6,4 centimetri di lunghezza. Il ’cucciolo’ però non vedrà mai la luce perché Curra è morta, a causa di un’infezione batterica non correlata.
Una storia con un finale, per il momento, dolce-amaro, ma che rappresenta un importante passo avanti e una pietra miliare per questo tipo di procedure, poiché significa che la tecnica funziona, che è possibile replicarla anche con i preziosissimi embrioni di rinoceronte bianco settentrionale. E per il prossimo tentativo è già fissata una data in agenda: giugno 2024.