Educazione

Quando la scuola... esce dall’aula!

Una riflessione sullo sviluppo dell’outdoor education nell’ambito della scuola ticinese relativa alla dimensione di Studio d’ambiente

Anche oltre il banco, tanta ricchezza
(Supsi)

A molti di noi sarà capitato d’imbattersi in classi di allieve e allievi impegnati in un’uscita didattica sul territorio. La “passeggiata” non costituisce solo un momento ricreativo, ma rappresenta una preziosa occasione di apprendimento. Negli ultimi anni la scuola all’aperto ha trovato nuovo vigore, rinnovando una tradizione radicata. Basti pensare alla risoluzione dipartimentale del 1974 che riconosceva la legittimità delle “scuole montane”. La terminologia cambia nel tempo e oggi si parla di outdoor education, outdoor learning o outdoor teaching, principi secondo cui tutte le materie scolastiche possono essere insegnate fuori dall’aula, valorizzando gli ambienti naturali e antropici. Si tratta di fare esperienza nel e con il territorio, scoprendo e indagando la realtà circostante.

L’esperienza diretta è uno dei capisaldi della dimensione Ambiente, una materia della scuola dell’obbligo che permette di sviluppare, in un approccio sistemico, gli strumenti dell’analisi scientifica, geografica e storica. Proprio in relazione alla dimensione Ambiente, Gabriele Piffaretti, didatta della storia, Manuela Varini, didatta delle scienze naturali, e Luana Monti, didatta della geografia, spiegano in che modo l’approccio disciplinare, nel contesto dell’educazione all’aperto, contribuisce a far dialogare le materie tra loro, permettendo la progressiva costruzione di una visione sistemica, volta alla capacità di saper cogliere collegamenti e costruire relazioni.

Un patrimonio da scoprire, storie da raccontare

Gabriele Piffaretti spiega che l’educazione all’aperto è il contesto ideale per proporre alle classi percorsi di educazione al patrimonio. Un concetto evoluto nel tempo e non più limitato alla sfera materiale, come i monumenti o le opere d’arte. Oggi vi si includono anche gli aspetti immateriali e culturali scaturiti dall’interazione dell’essere umano con l’ambiente. Scoprire i resti di un vecchio mulino o percorrere le vie del nucleo consente di esplorare fonti variegate, sviluppando la biografia culturale del territorio in cui viviamo. Quando i bambini e le bambine condividono le varie scoperte, queste diventano patrimonio comune, promuovendo quei valori irrinunciabili per la formazione dell’identità individuale e collettiva. Le leggende, di cui il nostro territorio è ricchissimo, costituiscono ad esempio un’occasione per parlare della vita comunitaria e del rispetto reciproco. Le ricette della nostra tradizione ci educano invece alla stagionalità dei prodotti e alla biodiversità. Si affinano così gli strumenti della ricerca storica, interrogando le fonti e costruendo interpretazioni attendibili. Il bambino e la bambina sono artefici della propria conoscenza, sviluppano una coscienza del proprio passato per agire consapevolmente nel proprio presente e futuro: non solo in aula, quindi, ma anche camminando nel bosco o parlando con gli ospiti di una casa per anziani. Un’esperienza partecipativa che responsabilizza quindi alla necessità di conservare e preservare il patrimonio, affinché sia trasmesso alle generazioni future.


Ass. Mulino Medeglia
Resti di mulino

Imparare a conoscere e salvaguardare la biodiversità

Manuela Varini sottolinea come questo sia pertinente anche per la didattica delle scienze naturali. Lo studio di Ambiente prevede connessioni che esplorino le relazioni tra essere umano, natura e società. L’intersezione di queste ultime corrisponde, infatti, all’ambito del patrimonio. Tramite l’outdoor education si possono facilmente trovare spunti, che permettano l’approfondimento di queste relazioni nel contesto di un percorso didattico, che preveda il passaggio dal punto di vista locale a quello globale. Questo è possibile se si è disposti a lasciarsi cogliere di sorpresa. Così, un incontro con uno scoiattolo che si arrampica su di un albero, con un biacco, meglio conosciuto come ‘scorzone’, con una cinciallegra su una mangiatoia, una libellula, che ha appena effettuato la metamorfosi, o con un’ape selvatica su un fiore, si sviluppa in una preziosa occasione per analizzare tematiche facilmente ricollegabili a contesti più ampi, in maniera interdisciplinare. Per esplorare la natura, non è infatti necessario andare lontano. Molti tesori sono racchiusi appena fuori dall’aula, anche in un ambiente urbano, dove si trovano una vegetazione e una fauna caratteristici e adattati a questo particolare tipo di habitat. Fare scuola all’aperto significa anche promuovere una maggiore conoscenza della biodiversità delle nostre zone. Questo è il primo passo per poterla rispettare e salvaguardare.


Manuela Varini
Libellula dopo la metamorfosi

‘Ah sei geografa? Allora sai dove si trova...’

Luana Monti sottolinea come la geografia non dice “cosa si trova dove”, ma studia i territori, le società, gli aspetti economici e la loro evoluzione nel tempo, e ancora: analizza e risponde a domande di estrema attualità riguardanti aspetti socio-territoriali e ambientali. Il geografo è in grado di valutare e analizzare criticamente una situazione territoriale in modo sistemico. Anche in aula è possibile leggere, interpretare, esplorare, analizzare il territorio e il mondo che ci circonda. Ma è questa la prospettiva migliore per apprendere? Peter Higgins, esperto internazionale di Outdoor Environmental & Sustainability Education, chiede provocatoriamente: "Why indoors?”. Non è forse l’uscita il modo migliore per conoscere la geografia?

Le attività all’aperto sono fondamentali per entrare in contatto diretto con la natura, la terra, i sensi e lo spazio in cui ci muoviamo. Gli approcci pedagogici che aiutano a leggere il territorio come patrimonio sono molteplici. Secondo il metodo Outdoor Journeys, ad esempio, si parte alla scoperta dei dintorni della scuola o del quartiere intraprendendo un viaggio che inizia con una serie di domande individuali e spontanee, per passare poi alla ricerca delle risposte e concludere con la condivisione delle scoperte. Questo metodo consente di mettere in luce la situazione socioculturale e le trasformazioni del paesaggio. Considerare il territorio come patrimonio significa quindi valorizzare la ricchezza e la diversità di ogni luogo, promuovendo politiche e pratiche che ne garantiscano la fruizione coerentemente con quanto promosso dall’educazione allo sviluppo sostenibile.

Conclusioni condivise da Alessio Carmine, responsabile della formazione in Studio d’ambiente presso il Dipartimento formazione e apprendimento / Alta scuola pedagogica che ricorda come il nostro territorio offra infatti straordinarie occasioni didattiche per promuovere l’esplorazione, la conservazione e la promozione del patrimonio locale.


Luana Monti
Un’esperienza didattica immersi nel paesaggio. Giornico e le sue “sette chiese”

In collaborazione con il Dipartimento formazione e apprendimento/Alta Scuola Pedagogica

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