IL COMMENTO

Le cose come stanno (nel bene e nel male)

Il drastico calo delle entrate pubblicitarie costringe l'editore de laRegione ad attuare un piano di ristrutturazione, ma le convinzioni restano salde

In sintesi:
  • Ci si ritrova confrontati con dei conti che non riescono più a sopportare l’attuale volume delle uscite
  • Nessuno va fiero di questa misura, anzi
  • Non intendiamo venir meno agli impegni assunti con i nostri lettori
Una via la intravediamo
(Ti-Press)
27 febbraio 2025
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Essere notizia non è una bella sensazione. Non oggi, almeno. Abituati a raccontare ciò che succede fuori, stavolta invece ci tocca parlare di noi, delle nostre difficoltà, di come intendiamo affrontarle.

Le cose stanno così: nel 2024 si è verificato un drastico calo degli introiti pubblicitari qui a laRegione. Una diminuzione riguardante soprattutto il mercato nazionale, che è andata ad aggravare una tendenza generale in atto da tempo, quel declino costante delle entrate che negli ultimi anni ha penalizzato la sostenibilità dei mass media sul nostro territorio (e non solo). In questo frangente ci si ritrova confrontati con dei conti che non riescono più a sopportare l’attuale volume delle uscite. Stiamo purtroppo parlando di uno squilibrio strutturale, che costringe l’editore del nostro giornale a mettere in atto un piano di ristrutturazione che tocca gli effettivi della redazione per complessive 5,50 unità. Un intervento doloroso, mirato però a ridare stabilità alla testata e a salvaguardare il suo futuro.

Nessuno va fiero di questa misura, anzi. Una misura che colpisce in primis alcuni colleghi e colleghe, le loro famiglie e di fatto l’intero corpo redazionale. Per meglio definire i contorni della ristrutturazione e per cercare di attenuare, nel limite del possibile, gli effetti negativi derivanti da questa spiacevole situazione, è stata aperta una finestra di dialogo con il personale e con i rappresentanti sindacali. Va detto però che se si è giunti a questa decisione è perché non ci sono altre scelte: laRegione non ha un mecenate o una fondazione nell’ombra disposti, per motivi ideologici (ideologie che in verità riguardano interessi economici ben concreti), a “coprire il buco”. Qui da sempre camminiamo con le nostre gambe – e scriviamo con le nostre penne –. Nel bene e nel male.

Forse vale la pena mettere un po’ le mani avanti: ci si è pronunciati spesso su queste colonne contro le politiche di austerità, proprio perché il cliché del “buon padre di famiglia” nella gestione delle finanze pubbliche, così come la visione aziendalista dello Stato, sono – lo ribadiamo – soltanto delle menzogne tese a legittimare le ambizioni di disimpegno contributivo e conseguente accumulazione di ricchezza e potere di un ristretto gruppo di famiglie in Ticino. Le logiche dalle quali laRegione non riesce a sfuggire sono invece quelle generali che determinano le sorti di una qualsiasi Pmi, e di una piccola testata in particolare: come noto, oggi il mercato (in questo caso pubblicitario, ma inteso anche in senso lato) riconosce all’informazione professionale tradizionale un valore minore rispetto al passato. È un dato di fatto, in Svizzera e pure all’estero. Questo comporta la necessità per tutti gli attori del panorama mediatico, pubblici o privati che siano, di provare ad adeguarsi e allo stesso tempo di reinventarsi.

Come lo faremo qui? In un momento in cui i principi democratici nei quali crediamo profondamente sono sotto attacco, in Ticino e nel mondo, non intendiamo venir meno all’impegno assunto con i nostri lettori di integrità e coraggio giornalistico: bisognerà di sicuro essere in grado di stabilire in maniera più netta, ogni giorno, quali sono le nostre priorità. Ma una via la intravediamo.

Pur nello sconforto dettato da una scelta difficile, le idee e le convinzioni restano salde: non siamo infatti disposti a rinunciare al nostro sguardo critico sull’attualità, non smetteremo di raccontare e di dare voce a questo territorio, alla nostra Regione. Che nessuno si preoccupi troppo o si illuda, insomma: abbiamo ancora parecchio da dire.