Ci vorrebbe una ribellione delle coscienze, ma una rivoluzione è possibile quando a condizioni oggettive favorevoli si aggiungono condizioni soggettive
Loro ci hanno provato, dopo il 1945, a cancellare la barbarie e l’efferatezza del tempo e a cercare la pace perpetua in Europa e nel mondo. Qualche suggerimento lo aveva anticipato Immanuel Kant centocinquant’anni prima: una Federazione di liberi Stati, un governo mondiale per dirimere le contese, una Costituzione repubblicana che impedisse a uno di decidere per tutti. Il filosofo tedesco sapeva che gli uomini sono poco inclini alla collaborazione e alla fratellanza fra i popoli: occorre quindi un sistema giuridico internazionale per perseguire una pace duratura. Il progetto politico del secondo dopoguerra inseguì il sogno della pace perpetua con accordi, convenzioni, organizzazioni multilaterali, osservanza del diritto internazionale e dei diritti umani. Non tutto filò liscio ma funzionò e un’intera generazione, almeno in Europa, visse e raggiunse la vecchiaia senza conoscere la guerra. Ora stiamo andando indietro: i nostri padri hanno fatto grandi sforzi per evitare che ritornasse il peggio ma il peggio è ritornato.
L’Onu (1945), che evoca il sogno di Kant di un governo mondiale per la pace e la sicurezza, appare impotente a frenare gli egoismi e le smodate ambizioni di alcuni Paesi; la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (1948) è carta straccia perché certi diritti valgono per noi ma non per tutti; la Convenzione di Ginevra sui rifugiati (1951) è pure carta straccia, la Convenzione sulla discriminazione razziale (1965) è altra carta straccia. Anche il sogno di un’Europa di popoli che camminano tutti insieme vacilla e trionfa la tracotanza sovranista.
E le guerre in corso hanno rotto qualsiasi vincolo etico: il massacro di civili inermi è la norma, ovunque. Fervono le discussioni per verificare se Israele, dopo gli orribili scempi di Hamas, stia compiendo un genocidio oppure no: di sicuro è un massacro e un crimine contro l’umanità. Di sicuro da Hamas a Putin a Netanyahu la strage di persone inermi non è più un deplorevole effetto secondario: è semplicemente uno strumento della guerra totale.
Oggi stiamo precipitando verso il peggio e la politica – regolata da personaggi ottusi e di flagrante mediocrità – non è in grado di rimediare. Gli osservatori avveduti ci dicono che la catastrofe è imminente. Ma neppure i disastri climatici e ambientali riescono a scuoterci dal torpore. Noam Chomsky, grande intellettuale, ci indicava il nostro destino nel titolo di un suo libro del 2019: ‘Internationalism or Extinction’. Le tre minacce: quella atomica, la catastrofe ambientale e il sovvertimento della democrazia. Oggi gli ingredienti ci sono tutti: la terza guerra mondiale, seppure a pezzi, è cominciata e la minaccia nucleare incombe; la catastrofe ambientale è in atto; la democrazia liberale è minacciata dalle autocrazie che trovano emuli ovunque.
Purtroppo non mi pare di aver visto diffuse proteste in nome della Pace per tutti, della Giustizia sociale per tutti, dei Diritti uguali per tutti. Ho visto giovani scendere nelle piazze pro o contro qualcuno e non per qualcosa: ho visto proteste che dividono e poche che uniscono. Ci vorrebbe una ribellione delle coscienze, una sorta di nuovo ’68: un movimento globale dal basso in grado di scuotere il presente e preparare una rivoluzione delle coscienze che cambi il volto della politica e dei politici e restituisca la dignità del bene comune. Ma c’è un problema: una rivoluzione è possibile quando a condizioni oggettive favorevoli si aggiungono condizioni soggettive, ossia la consapevolezza e la coscienza che un mutamento sia necessario per ripristinare i valori della civica convivenza. Le condizioni oggettive sono tutte lì, da vedere (diseguaglianze crescenti, violazioni quotidiane dei diritti umani, il pianeta al collasso). Ma mancano le condizioni soggettive (un movimento globale che dal basso, con gli strumenti della democrazia, costringa un riorientamento della politica).
Riprendo Noam Chomsky. Non lascia alternative: Internationalism or Extinction. Il quesito è posto, ma non c’è dubbio dove ci stanno conducendo i leader nani della politica contemporanea.