Il Municipo di Bellinzona potrebbe prossimamente impugnare il giudizio di primo grado che ha assolto il consigliere comunale dall'accusa di ingiuria
“I parenti degli ospiti deceduti hanno il diritto di elaborare il lutto e non di dover venire a conoscenza che il Municipio usa in modo abusivo i soldi pubblici per azioni temerarie d’intimidazioni di stampo mafioso”. Da Palazzo civico nell’autunno 2021 avrebbero potuto diramare un comunicato stampa per stigmatizzare questa frase pronunciata da Matteo Pronzini in Consiglio comunale. Frase oggettivamente infelice sebbene pronunciata nel contesto dell’acceso dibattito politico innescatosi attorno alla delicata questione della diffusione del coronavirus alla casa anziani di Sementina durante la prima ondata pandemica. Al di là della discutibile decisione di Mario Branda e colleghi di ricorrere contro i servizi della Rsi incentrati sulla gestione del Covid nella casa di riposo (ricorsi tutti respinti), risulta infatti di pessimo gusto affermare, durante una seduta di legislativo, che i membri di un esecutivo svolgano “azioni temerarie d’intimidazioni di stampo mafioso”. Questa volta Matteo Pronzini, da sempre al banco dell’opposizione e non estraneo a interventi pungenti e provocatori, è andato oltre colpendo troppo forte. Comprensibile la reazione che ha innescato nei municipali, ai quali sarebbe però bastata una nota di qualche riga, totalmente giustificata e che avremmo pubblicato sul nostro giornale, per deplorare tali parole. Durissime sì, ma che pure si commentano da sole e che non crediamo possano essere state prese alla lettera dal cittadino comune.
Invece gli allora membri del Municipio hanno iniziato a perdere la partita nel momento in cui, di fronte alla più potente delle provocazioni, hanno deciso che al consigliere comunale bisognasse dare una lezione. Lo hanno querelato, portandolo nell’aula della Pretura penale di Bellinzona, dove al termine di un intenso dibattimento – all’immagine dei toni decisi utilizzati dagli avvocati difensori Luca Allidi (per Pronzini) e Andrea Bersani (in rappresentanza del Municipio) – la giudice Elettra Orsetta Bernasconi Matti ha prosciolto l’esponente Mps dall’accusa di ingiuria. Lo ha fatto stabilendo che l’affermazione in questione, poiché pronunciata nell’ambito di un dibattito politico, non configura un reato penale dato che non lede l’onore dei municipali in quanto persone.
Sul valore delle parole di Pronzini, pur con il lodevole intento di manifestare vicinanza ai parenti delle vittime decedute, ci siamo già espressi. Lo ha fatto peraltro anche la giudice, invitandolo a ponderare meglio le sue parole in futuro. Ciò che stride, a tre anni dai fatti, è ora la dimensione dell’ostinazione nella quale sembra essersi calato il Municipio. Il quale chiedendo le motivazioni scritte della sentenza e inoltrando l’annuncio di Appello, potrebbe prossimamente impugnare il giudizio di primo grado. Ricorso che finirebbe per riconvocare tutti davanti alla Corte di appello e revisione penale per un processo di secondo grado. La sconfitta del 17 ottobre sembra insomma essere andata di traverso alle autorità turrite. A giusta ragione? Considerato il chiaro verdetto della Pretura penale, l’atteggiamento di Branda e dei suoi sei colleghi di allora appare ingiustificato poiché motivato da una questione più personale che di principio e di interesse pubblico. Un’insistenza che a quel punto davvero sfuggirebbe alla comprensione del cittadino comune.