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Israele o Palestina? Non chiederti con chi, ma come

La tifoseria in stile ultrà riduce anche la geopolitica in risse da bar. Davvero c'era bisogno di andare nelle piazze a celebrare il 7 ottobre?

In sintesi:
  • Sia chiaro, mostrare un’appartenenza o una vicinanza resta sacrosanto. Ma scegliere i giusti tempi e i giusti modi per farlo dovrebbe esserlo altrettanto
  • Non è questione di stare con l’uno o con l’altro, ma di farlo – almeno noi – con umanità
Manifestanti pro-Palestina bruciano una bandiera israeliana
(Keystone)
11 ottobre 2024
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Scegliere da che parte stare sarà anche facile (per alcuni fin troppo facile), ma è come starci che fa la differenza. Ne abbiamo avuto l’ennesima riprova lo scorso 7 ottobre, primo anniversario della mattanza di Hamas in Israele che ha poi dato il via alla spropositata e cieca rappresaglia voluta da Netanyahu e dall’ala dura – e molto poco pura – che gestisce armi e potere nello Stato ebraico.

Quel giorno, e nel weekend che l’ha preceduto, si sono tenute manifestazioni in tutto il mondo a sostegno della Palestina, alcune eccessive o addirittura sfociate in atti di violenza. E se nel mondo islamico e in una cultura omogenea a quella in cui sono cresciuti gli abitanti (e i miliziani) di Gaza questa cosa è talmente inevitabile da diventare anche comprensibile all’occhio di un osservatore esterno, lo è decisamente meno vedere scene simili in Occidente. E no, non è questione di stare con Israele o con i palestinesi, di sensi di colpa per la Shoah o di empatia nei confronti di un popolo prigioniero nella sua stessa terra. Non è nemmeno questione di equidistanza, ma di civiltà, di amor proprio, di pericoloso allontanamento dalla “legge morale in me”, per dirla alla Kant.


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Scontri con la polizia in Germania

Scegliere il 7 ottobre – giorno in cui sono stati stuprati, rapiti o uccisi centinaia di giovani con la sola colpa di partecipare a un festival musicale nel posto sbagliato al momento sbagliato – per mostrare il proprio appoggio alla causa palestinese è stata una mancanza di rispetto verso sé stessi e la propria bussola morale ben più che verso Israele, di cui uno può anche pensare che sia il Male 365 giorni l’anno, 7 ottobre compreso. Ma magari esternarlo negli altri 364 sarebbe più giusto nei confronti di chi la vita l’ha persa, ricordandosi che Hamas quel giorno ha compiuto un atto barbaro e – a conti fatti – scellerato anche verso il suo stesso popolo.

Israele, con la sua protervia, il suo comportamento sprezzante, anche nei luoghi della diplomazia (dall’Assemblea Onu in giù), le sue ingiustificabili giustificazioni (“Sì, in questo o quel bombardamento abbiamo ucciso 5, 10, 50 civili, ma abbiamo neutralizzato un uomo di Hamas”) ci dà continuamente un motivo per scendere in piazza a contestarlo. Farlo il 7 ottobre, nell’unico giorno in cui avrebbe buoni argomenti per sentirsi dalla parte della ragione dentro un anno passato a spostarsi, bomba dopo bomba, sempre più da quella del torto, non è l’ennesimo atto di disumanità gratuita?


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Un arresto a Londra

Nell’Occidente ormai non solo secolarizzato, ma post-ideologico, dove – oltre la religione – ormai anche le dottrine politiche e sociali sono state masticate e digerite per poi tirare lo sciacquone, prendiamo in prestito ideologie lontane e inapplicabili (e – viene da aggiungere – per fortuna inapplicate a queste latitudini) facendole nostre trasformando la geopolitica in rissa tra bande.

Sia chiaro, mostrare un’appartenenza o una vicinanza resta sacrosanto. Ma scegliere i giusti tempi e i giusti modi per farlo dovrebbe esserlo altrettanto. Invece siamo finiti in questo gorgo ultrà in cui l’avversario – che sia la Juventus, il Torino o uno Stato sovrano – va sempre schernito, denigrato, offeso, calpestato e possibilmente umiliato. È così che gli striscioni che ironizzano o inneggiano alle morti dell’Heysel o di Superga sono usciti dagli stadi per entrare dappertutto.

A comportarci così, esponendo e vellicando i nostri istinti più bassi, nutrendo insensibilità e rancori, non solo non otterremo miglioramenti nei bersagli dei nostri risentimenti (per quanto magari facciano di tutto per meritarseli), ma peggioriamo noi. Ne vale la pena?


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Berlino sabato scorso